martedì 15 dicembre 2020

L’aviazione ha bombardato il 7 Bordighera

La prima pagina del rapporto della I^ Armata Francese in data 30 dicembre 1944. Fonte: Archivio francese SHAT (Service historique de l'armée de terre)

30 dicembre 1944 - I^ Armata Francese - Gruppo Alpino Sud - 1° Gruppo del Battaglione Alpino [...]

RAPPORTO SETTIMANALE

Ventimiglia (IM): posto di (ex) frontiera di Ponte San Luigi

1) Linea del fronte: immutata. Le posizioni americane riguardano la linea dal Monte Grammondo a Ponte San Luigi [n.d.r.: zona sulla frontiera in Frazione Grimaldi di Ventimiglia (IM)]. Il 1° Gruppo dei Battaglioni controlla la costa tra Ponte San Luigi e Cap Martin. 2) Schieramento delle truppe. P.C. 1° Gruppo Villa Mont Agel strada Gorbio [...] Schieramento delle unità americane: immutato. 3) Operazioni eseguite. A.P e pattuglie normali sulla costa. Incidenti da ricordare. Nella notte tra il 23 e il 24 ed in quella tra il 27 e il 28 colpi di arma da fuoco sparati da pattuglie dei vecchi quartieri del porto [di Mentone]. Il 28 dicembre il 22° Battaglione C.A. ha ripreso un prigioniero italiano che tentava di passare in Italia in barca. Era evaso da Villafranca (Caserma Rochambault) al mattino alle 6 in barca, si era fermato a Monaco per cercare da mangiare ed era subito ripartito. È stato obbligato ad accostare dal fuoco dei nostri mitraglieri che lo avevano scorto davanti a Mentone verso le 15. 4) Rapporti Americani. Servizio giornaliero abituale di pattuglia. Obiettivi: Ciotti, alture sopra Villatella, Sant'Antonio, Calvo [n.d.r.: località e/o Frazioni nel ponente del territorio comunale di Ventimiglia (IM)] evacuati. Tiri di disturbo dell’artiglieria americana. 5) Attività nemica. Tiri di disturbo su Roquebrune, Carnollès. Insignificanti. 6) Informazioni ottenute.

Rapporto francese del 26 gennaio 1945. Fonte: Archivio francese SHAT (Service historique de l'armée de terre)

26 gennaio 1945 - I^ Armata Francese - Gruppo Alpino Sud - 1° Gruppo dei Battaglioni [...]

RAPPORTO SETTIMANALE

Roquebrune - Cap Martin: Cap Martin

1) Linea del fronte: immutata. 2) Posizione delle truppe: immutata.. 3) OPERAZIONI ESEGUITE: 1)
Notte tra il 20 e il 21 gennaio: una pattuglia americana della compagnia C in avanscoperta ha fatto 14 prigionieri. Alle 21 una pattuglia americana di 9 uomini [...] sentono parlare all'interno di uno chalet [...] Nessuno risponde. Diventa d'obbligo sparare sulle porte e sulle finestre. Due tedeschi tentano di scappare ma vengono abbattuti (8 italiani e 6 tedeschi [...]) 7 nemici feriti, 1 americano ucciso. 2) Il 21 gennaio: alle 23 una barca condotta da due uomini si presenta all'entrata del porto di Mentone. Cielo coperto, mare agitato. La sentinella per due volte non ottiene risposta ai suoi appelli. Spara un colpo in aria. A quel punto la barca oscilla verso il largo, uno degli occupanti getta un pacchetto in mare. La vedetta fa fuoco da 18 metri. La barca affonda, 1 morto, 1 ferito che viene portato al Posto di Soccorso del Gruppo. Il ferito chiede di vedere il Capitano Jones (SR americano)  [...] l'incidente deriva senza dubbio da un errore degli agenti italiani che credevano di trovarsi ancora sulla costa occupata dal nemico [n.d.r.: quindi, in territorio italiano]. D'altra parte è urgente insistere ancora una volta sul fatto che il 1° Gruppo dei Battaglioni sia preavvertito circa l'arrivo di agenti, anche una o due notti prima. (2 notti prima di questo incidente gli americani avevano preavvisato che un arrivo avrebbe avuto luogo [...] ma, siccome nessun altro avviso era stato dato per la notte seguente, l'avvenimento era stato considerato concluso). 3) 23 gennaio: tre uomini appartenenti alla 1^ compagnia del 21° B.V.E. (1)Battaglione stanziato a Cap Martin sono saltati su una mina. 1 ferito grave, 2 feriti seri [...] Movimenti di truppe tedesche in Val Nervia [...]

Fonte: Archivio francese SHAT (Service historique de l'armée de terre)

[7 febbraio 1945] I^ Armata Francese - Gruppo Alpino Sud - Stato Maggiore - 2ème Bureau - Chiffre - TELEGRAMMA [...] Arrivato: 7/2/45 alle ore 18. Decifrato alle ore 19. Mittente: Comandante del G.B.I. Destinatario: Comandante del G.A.S. - 2me Bureau. Testo: 5 febbraio 1945. Un MAS italiano con due uomini a bordo. Catturato dagli americani a Cap Martin. Materiale preso in consegna dalla Marina [Inglese]. Stop. Manovra da Monaco a Mentone. Stop. 42 colpi nemici su Mentone. Stop. Artiglieria, Aviazione e Marina amiche in azione [...]

Fonte: Archivio francese SHAT (Service historique de l'armée de terre)

 

10 febbraio 1945 - I^ Armata Francese - Gruppo Alpino Sud - 1° Gruppo dei Battaglioni [...]

RAPPORTO SETTIMANALE

1) Linea del fronte: immutata. 2) Dispiegamento delle unità: immutato. 3) Operazioni eseguite: [...] Il 9 febbraio tiri di mortaio da 81 al limite della gittata. Obiettivi, castello Voronoff  [n.d.r.: sulla frontiera in Frazione Grimaldi di Ventimiglia (IM)] e sopra la caserma dei Carabinieri, 60 colpi. 4) Da Cap Martin 50 tiri di cannone da 75 sul castello Voronoff e Grimaldi - Reazione dell’artiglieria nemica: 2 ore, senza danni. Sminamento all'interno di Cap Martin e messa in opera di nuove mine sulla costa [...] Attività pressoché nulla del nemico [...] Attività giornaliera della marina. L’aviazione ha bombardato il 7 Bordighera. Non è ancora stata effettuata l'evacuazione totale di Mentone. 5) Operazioni in corso: Tiri di mortaio [...]

Cap Martin, Mont Agel, Mentone

stralci di documenti francesi (Archivio francese SHAT) rintracciati da  Giuseppe Mac Fiorucci in preparazione di Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia <Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>, 2007

Una vista da Bordighera (IM) fino alla Costa Azzurra

 
Una vista da Mentone fino a Bordighera

Una vista da Roquebrune - Cap Martin fino a Bordighera

(1) 25/8/44 - Terminato il suo rapporto sulla sconfitta subìta sul monte Grammondo, “Nettu” [Ernesto Corradi] ottiene da “Giulio”, commissario di divisione [Libero Remo Briganti], il permesso di partire per la Francia, ed io con lui [...] 8/9/1944 - Scendiamo per la seconda volta in città [Mentone]; “Nettu” è fermato dalle autorità francesi e trattenuto per alcuni giorni [...] 15/9/44 - Avevamo l’incarico di perlustrare le pendici del Monte Grammondo, dove alcune pattuglie tedesche appostate potevano ancora dirigere il tiro delle loro artiglierie sulle truppe alleate in movimento. Giorgio Lavagna (Tigre), Dall’Arroscia alla Provenza. Fazzoletti Garibaldini nella ResistenzaIsrecIm, ed. Cav. A. Dominici, Oneglia Imperia, 1982 

A settembre 1944 Giorgio Lavagna ed il suo gruppo vennero arruolati nella FSSF, First Special Service Force (chiamata anche The Devil’s Brigade, The Black Devils, The Black Devils’ Brigade, Freddie’s Freighters), reparto d’elite statunitense-canadese di commando, impiegato anche nella Operazione Dragoon nel sud della Francia, tuttavia sciolto nel dicembre 1944. A questa data, per non farsi internare, questi garibaldini furono costretti ad immatricolarsi nel 21/XV Bataillon Volontaires Etrangérs francese. Adriano Maini

domenica 13 dicembre 2020

Già notati svariate volte gruppi di ribelli armati

Dolceacqua (IM): Cappella dell'Addolorata

L'11 corrente, da certo Secondo BOSIO, residente in Ventimiglia, è stato catturato un colombo viaggiatore che portava un messaggio dei ribelli diretto alle autorità militari inglesi.
Si unisce copia del messaggio
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) del 28 maggio 1944, p. 21, così come da pubblicazione in Fondazione Luigi Micheletti.
 

Il Comando delle Brigate Nere ha una vasta rete di spionaggio che fornisce informazioni sui movimenti e sull'ubicazione delle formazioni partigiane.

Nel mese di giugno 1944 il predetto Comando ha a sua disposizione molte notizie sulla situazione numerica dei garibaldini e ne traccia un prospetto:

Rocchetta Nervina (IM)

«... Zona di Rocchetta Nervina
Già notati svariate volte gruppi di ribelli armati, in località Monte Forquin, al passo Mairige, a Monte Abellio; tutti provenienti dalla località Testa d'Alpe.

Airole (IM): uno scorcio di Val Roia

Zona di Airole
Notati gruppi di avvistamento a quota 677, quota 563 e presso il chilometro 10 della strada Ventimiglia-Airole.

Zona di Dolceacqua
Circa 70 ribelli armati trovansi nei pressi della Cappella dell'Addolorata, tra Dolceacqua e Monte Belgestro. Pare che altri gruppi di ribelli pure armati si trovino sulla cispluviale tra Roverino (Val Roja) e Camporosso (Val Nervia). Notati gruppi di avvistamento al chilometro 9 della strada Dolceacqua-Isolabona ed alla q. 370.

Isolabona (IM)

Zona di Isolabona
Notati gruppi di avvistamento e di sbandati presso il monte Morgi e presso la Cappella Marra a q. 577.

Pigna (IM): Corso De Sonnaz

Zona di Pigna e Castelvittorio
Accertata presenza di ribelli armati con armi automatiche e mortai e armamento individuale a Monte Gouta, Colle Venoso, Regione Grai, Margheria dei Boschi e monte Giardino. Il numero di questi è complessivamente di circa 800. Gruppi di avvistamento a monte Altomoro e Madonna di Campagna a q. 477, a Madonna Passoscio. Altri gruppi sparsi di circa 50 e 80 uomini armati sono stati visti a Buggio, Colle Prealba, a Monte Toraggio, a Monte Mera, a Monte Lega, con gruppi di avvistamento a quota 440, a Madonna del Carmine, a Madonna di Lausegno e nel paesetto di Orvegno, vicino a Monte Lega.

Apricale (IM): la strada provinciale

Zona di Apricale
Gruppi di sbandati notati, armati, a Monte Ruscarin, Monte Calvaria e a q. 300.

Vallebona (IM): alture di ponente

Zona di Vallebona e Seborga
Visti sostare diverse volte, presso il Passo del Bandito q. 703, gruppi di sbandati armati della forza di circa 20 - 30 elementi.    

Zona di Baiardo - Perinaldo e Ceriana
Accertata presenza di circa un centinaio di ribelli armati a Monte Mera; pure un centinaio a Monte Caggio, con gruppetti di avvistamento al chilometro 8 ed al chilometro 11 della strada Vallebona-Perinaldo. Sono stati visti transitare diverse volte, da San Romolo in direzione di monte Bignone, gruppi di 20 e 30 elementi di ribelli armati. Accertata presenza di due gruppi di circa 40 ribelli a Monte Ceppo e a Monte Cavanello, con gruppi di avvistamento al Passo di San Bernardo. Notati pure nuclei di ribelli armati a Baiardo nella villa Maiffret, nella galleria rifugio della villa e nella boscaglia adiacente. Accertata la presenza di un gruppo di circa 25 ribelli armati a Fascia d'Ubaga e a monte Merlo con gruppi di avvistamento a quota 536, quota 485, al chilometro 10 ed al chilometro 6 della strada Sanremo-Ceriana [...]».

Dagli incompleti dati in possesso del nemico, seppur non tutti attendibili e molti indubbiamente inesatti, si può valutare la possibilità di lotta della nostra Resistenza in quel periodo in cui l'entusiasmo saliva alle stelle ed in ogni valle risuonavano le canzoni partigiane.

Sul finire del mese di giugno del 1944, avviene un cruento combattimento sostenuto dal 16° distaccamento, che potrebbe anche essere ricordato come «La prima e l'ultima battaglia»; la battaglia cioè di un distaccamento appena costituito che si batte con grande coraggio, infligge gravi perdite ai Tedeschi e subisce, a sua volta, un rastrellamento tanto feroce, e giorni di martirio da non poter più essere ricomposto. I bravi giovani superstiti passano, quindi, a far parte di altri reparti. Noi, invece, il combattimento lo intitoliamo al nome della località presso cui si verificò e diciamo: «La battaglia di Sella Carpe».

Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

Pagina 33 del Notiziario GNR del 24 giugno 1944 cit. infra - Fonte: Fondazione Luigi Micheletti

Il 20 corrente, verso le ore 17,30, banditi armati irruppero in Castelvittorio e, dopo aver bloccato tutte le strade di accesso al paese, penetrarono nella casa comunale dove bruciarono i manifesti e le bollette esattoriali, asportando una macchina da scrivere. Successivamente si portarono nell'ufficio postale ove danneggiarono l'apparecchio telegrafico, rendendolo inservibile. Infine si presentarono in diversi negozi di commestibili, asportando complessivamente 15 quintali di generi alimentari. Nell'allontanarsi costrinsero certo Bruno Rebaudo a seguirli [...].
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 24 giugno 1944,
p. 33, così come da pubblicazione in Fondazione Luigi Micheletti

giovedì 3 dicembre 2020

La moglie e la figlia di Concetto Marchesi rifugiate nel ponente ligure

Apricale (IM)

Mentre Luciano Canfora ultimava e dava alle stampe il suo "Il sovversivo. Concetto Marchesi e il comunismo italiano" (Laterza, Roma-Bari, 2019), la più completa e ricca biografia storica di Concetto Marchesi ora premiata come vincitrice dell'Acqui Storia, io, con il più modesto saggio "Con la Resistenza. Intelligence e missioni alleate sulla costa ligure" (Edizioni Seb27, Torino, 2019), incrociavo la figura di Salvatore Marchesi, fratello di Concetto, partigiano fra Sanremo e Ventimiglia. Una casuale e fortuita colleganza di ricerca. Concetto Marchesi, latinista e antifascista, dopo il coraggioso appello agli studenti dell'Università di Padova del novembre-dicembre 1943, dopo l'espatrio e la presenza in Svizzera da fine '43 a fine '44, ritornò in ltalia per collaborare nell'ultima fase resistenziale. Fascisti e tedeschi posero una significativa taglia sulla sua cattura. Per garantire la sicurezza alla famiglia, alla moglie Ada Sabbadini e alla figlia Lidia, Concetto coinvolse il fratello Salvatore Marchesi (Salvamar), dottore in chimica, esponente della Resistenza ed antifascismo fra Sanremo e Bordighera, ispettore del Cnl [circondariale di Sanremo] e capo delle Sap di Bordighera.
Il fratello Salvatore riuscì, fra dicembre '44 e gennaio '45, a far ospitare in incognito Ada e Lidia dall'amico Beppe Porcheddu, nella propria villa di via Arziglia di Bordighera. In quel periodo, sempre nella villa vi erano nascosti due ufficiali inglesi collaboranti con i partigiani. Erano Michael Ross e George Bell. Uno di essi diventerà genero del Porcheddu
[...]
Il soggiorno di Ada e Lidia Marchesi presso la villa di Porcheddu durò fino al 24 gennaio 1945. Alcune segnalazioni e allarmi giunti dalla rete informativa consigliarono di mutare nascondiglio.
A Ventimiglia, fra il '43 e il '45, nei pressi della stazione ferroviaria e di fronte alla chiesa principale, vi era un albergo-­pensione gestito da Maria Pisano. L'albergo fu meta e passaggio di molte operazioni di espatrio clandestino di ebrei verso la Francia, di rifugio di antifascisti e resistenti, di incontro fra partigiani e missioni alleate. Maria Pisano era originaria di Apricale, località nell'entroterra ligure. Aveva sposato Giobatta Littardi di Pigna, altra località poco distante. La Pisano nascose nella propria casa di Apricale la signora Ada e la figlia Lidia Marchesi sotto il falso cognome di Mendelsoni, fino al mese di aprile 1945. Apricale era una località più sicura, non oggetto di rappresaglie tedesche e controlli fascisti. Vi era infatti un intreccio di rapporti famigliari che forse motivarono la maggior sicurezza. Enrico Littardi, figlio di Maria Pisano e di Giobatta Littardi, sposò Paola, figlia dei titolari di una nota vetreria artistica tedesca operante a Torino, la Vetreria Jorger-Faholaber. Proprio per questi rapporti con una vetreria tedesca, Apricale venne ritenuta oasi di non particolare osservazione nazi­fascista.
La ricostruzione di questa vicenda è stata possibile dopo ricerche in alcune testimonianze scritte di allora, grazie ai ricordi trasmessi oralmente ai parenti dei protagonisti. Preziose le ricerche di Marco Cassini, Gianpaolo Lanteri, Paolo Veziano, Giorgio Caudano e Silvano Pisano, attuale sindaco di Apricale.

Sergio Favretto, Il Piccolo, venerdì 16 ottobre 2020 

[Alcune pubblicazioni di Sergio Favretto: Con la Resistenza. Intelligence e missioni alleate sulla costa ligure, Seb27, Torino, 2019; Fenoglio verso il 25 aprile, Falsopiano, 2015; La Resistenza nel Valenzano. L’eccidio della Banda Lenti, Comune di Valenza, 2012; Resistenza e nuova coscienza civile. Fatti e protagonisti nel Monferrato casalese, Falsopiano, 2009; Giuseppe Brusasca: radicale antifascismo e servizio alle istituzioni, Atti convegno di studi a Casale Monferrato, maggio 2006; Casale Partigiana: fatti e personaggi della resistenza nel Casalese, Libertas Club, 1977 ]

 

Era una struttura privata e segretissima, una formidabile arma occulta della Resistenza. Operava fra Padova e la Svizzera, attraverso lo snodo fondamentale di Milano.
Era una raffinata, organizzata, capillare rete informativa coi tentacoli stesi fra il nemico, collegata ai servizi d’informazione elvetici, inglesi (Soe) e americani (Oss) fra Lugano e Berna, capace di alimentare tutti quegli aiuti di cui avevano estremo bisogno le formazioni partigiane che si stavano organizzando dopo l’8 settembre.
Una rete clandestina che portava curiosamente il nome delle sillabe iniziali di due straordinari personaggi della vita culturale e politica del tempo. I due fondatori: Ezio Franceschini e Concetto Marchesi.
Questo oggetto semisconosciuto della recente storia patria si chiamava “Gruppo Fra.Ma”.
La dirigevano con saggezza e prudenza, un cattolico e un comunista, il primo discepolo dell’altro sui banchi storici di quella Università di Padova dove, il secondo, Concetto Marchesi, il 1° dicembre 1943 prima di lasciarne la guida (era il rettore magnifico) lanciò agli studenti il famoso messaggio con cui li invitava a prendere il fucile e lottare per la libertà contro la tirannide.
[…] quello che sarebbe di lì a poco nato sotto la spinta di Ezio Franceschini quasi in modo occasionale sull’esperienza avviata da un cappuccino, padre Carlo Varischi, assistente alla Cattolica che a Milano aveva organizzato con successo un ufficio clandestino di falsificazione di documenti per l’espatrio di antifascisti ed ebrei.
Costretto alla fuga per non essere arrestato, Varisco affidò a Franceschini il servizio.
Fu il primo passo verso il “Gruppo Frama” che prese corpo mentre Marchesi a Padova viveva i suoi ultimi giorni da uomo libero, ricercato com’era dai nazifascisti (si era dimesso il 28 novembre), dopo l’appello pubblico rivolto agli studenti.
Franceschini non perse tempo: andò in Toscana, fra Lucca e Pisa, ad informare la moglie e la figlia di Marchesi perché si mettessero in salvo; organizzò la clandestinità di Marchesi a Padova sottraendolo al rischio dell’arresto dall’appartamentino di via Marsala 35 dove, per una disattenzione, aveva lasciato tracce utili ai suoi inseguitori (l’uomo non sapeva fra l’altro maneggiare un’arma, camuffarsi, stare tranquillo); studiò il trasferimento a Milano il 29 novembre (vedi la testimonianza di Paride Brunetti, comandante partigiano della brigata “Gramsci” nel Bellunese) dove soggiornò fino al 9 febbraio 1944 in un appartamento in viale Regina Elena 40 (ora Tunisia); favorì il passaggio in Svizzera (con il fratello Salvatore), su cui il Pci espresse il suo accordo pur affermando di non poter essere in grado di fornirgli un passaggio sicuro, che Franceschini da par suo trovò, consentendo al “maestro” (che non ne aveva molta voglia) di trovare ospitalità in Canton Ticino dal valico pedonale di Maslianico, presso Como, il 9 febbraio 1944, dopo un fallito tentativo due giorni prima. […]
Franco Giannantoni, Il Gruppo “FRAMA”. Il comunista Marchesi e il cattolico Franceschini: una rete nella Resistenza, Triangolo Rosso n. 1-2, gennaio-marzo 2008 - ANED

 

Nel gennaio 1945 la Signora Marchesi, moglie del capo comunista Concetto Marchesi, e la figlia sposata Mendelssohn con un ebreo americano, venivano ricoverate in casa mia coll’aiuto del dott. Marchesi, fratello di Concetto; esse sottostavano alla taglia di 1 milione, già applicata a Concetto Marchesi; fuggito questo in Svizzera le sue familiari rilevarono il funesto privilegio.
Esse restarono in casa mia 25 giorni mentre ivi albergavano pure i 2 ufficiali inglesi; la prudenza e infinite cautele oltre al volere degli ospiti stranieri ci obbligarono ad occultare la presenza di questi alle signore Marchesi: e ci riuscimmo.
Il 24 gennaio il dott. Marchesi precipitatosi in casa mia comunicò che i tedeschi dovevan partire entro 2 giorni, prelevando tutti i designati ostaggi di cui io risultai capolista.
Si impose una fuga generale; Marchesi collocò altrove cognata e nipote, noi ci rifugiammo nella villa di Kurt Hermann… nazista, naturalmente a sua insaputa: i 2 ufficiali inglesi, guidati da mio figlio pei monti, di notte, raggiunsero rifugi ignoti, mentre mio figlio scendeva la costa in attesa degli avvenimenti.
La notizia dataci risultò imprecisa, chè la fuga tedesca tardò ancora 3 mesi.
Ma i 2 inglesi dopo romanzesche avventure in montagna e sulla costa di Vallecrosia raggiunsero la Francia e si misero finalmente al sicuro.  

Giuseppe Porcheddu, manoscritto (documento IsrecIm) edito in Francesco Mocci (con il contributo di Dario Canavese di Ventimiglia), Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019

 

venerdì 20 novembre 2020

I patrioti martiri di Pigna (IM)

Il ponte vecchio di Latte, prossimo all'eccidio ricordato in questo articolo

Il 10 e l'11 marzo 1945 i tedeschi effettuano un rastrellamento nella zona di Buggio-Pigna- Castelvittorio (IM). Tutti i civili rastrellati vengono portati a Pigna dove un capitano delle SS e due fascisti di Ventimiglia (S. e A.) li esaminano.
Al termine dei controlli, i tedeschi trattengono quattordici giovani (tutti partigiani) in licenza invernale, che dovevano ritornare in montagna per raggiungere le rispettive formazioni. 
I trattenuti sono rinchiusi in una casa isolata, fuori dal paese, oltre il ponte sul Nervia. 
Nella notte, gli abitanti più vicini alla casa isolata sentono gli urli dei catturati sottoposti a torture inaudite.
Alcuni giorni dopo il rastrellamento i 14 giovani, legati e incatenati a due a due sotto scorta armata intraprendono la strada verso Ventimiglia (IM) dopo di che se ne perdono le tracce. 
Probabilmente, nella notte del 21 (?) vengono fucilati nel vallone di Latte [Frazione di Ventimiglia] e  i loro corpi coperti con poca terra.
Le salme recuperate subito dopo la Liberazione saranno pietosamente ricomposte. 
Da altre fonti risulta la data di questa fucilazione risulta essere quella del 28 marzo 1945. 
Risulta che la causa della cattura dei 14 partigiani è dovuta al precedente arresto del partigiano Luigi Albini, incaricato dal Comando della V^ Brigata di far rientrare nelle formazioni dalla licenza invernale i suddetti partigiani. 
I nazifascisti trovarono in tasca all'Albini l'elenco dei richiamati. Per questo motivo il capitano delle SS, sulla piazza di Pigna, scelse a colpo sicuro i giovani partigiani per farli fucilare (vedasi anche relazione di Giovanni Monaco Rebaudo, conservata nell'Archivio ISRECIM III 26).
Francesco Biga (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, 1998, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2005, Grafiche Amadeo
 
Alle prime luci dell’alba dell’11 marzo soldati tedeschi (plotone comando del 253° reggimento e 3° compagnia del I battaglione) con i calci dei loro fucili aprirono le porte delle case sia in paese sia in campagna, radunando tutti coloro che venivano sorpresi nei loro letti, indipendentemente dal loro sesso e dalla loro età.
Era l’inizio di un grande rastrellamento: chi venne fermato fu radunato e raggruppato in colonne che percorsero le mulattiere che portavano a Pigna.
La fortuna volle che nelle prime ore del mattino alcune persone si stessero recando dalle campagne in paese per presenziare ad un funerale per morte naturale di un anziano, circostanza che permise di dare l’allarme che salvò numerosi giovani in età di leva che riuscirono a sottrarsi al rastrellamento.
Coloro che incapparono nelle maglie del rastrellamento furono radunati alla Giaira, presso la rimessa delle corriere: ad un tavolino erano seduti dei civili e dei miliziani provenienti da Dolceacqua; si seppe poi che si trattava, tra gli altri, dei famigerati Stillo, Piccinini e Verardi.
I fermati passarono, ad uno ad uno, di fronte a questi sinistri individui, esibendo i propri documenti; i controlli venivano effettuati scorrendo un registro, alcuni vennero separati dalla maggioranza degli intimoriti civili.
Un’altra fortunata circostanza volle che proprio in quei momenti un aereo da ricognizione sorvolasse il cielo di Pigna, attirando l’attenzione dei soldati tedeschi incaricati della custodia di coloro che non avevano ancora passato il controllo: una mezza dozzina di questi riuscì a nascondersi nel vicino vallone di «Lavalle», risalirlo e raggiungere la salvezza <1.
I fermati furono tenuti qualche giorno nella costruzione che si trova al di là del ponte di San Pancrazio; successivamente vennero trasferiti verso valle, prima a Dolceacqua e poi verso Ventimiglia.
Si seppe in seguito che vennero portati nell’attuale casa di riposo di Latte e che il 19 marzo furono fucilati presso il cimitero della frazione ventimigliese dagli uomini del maggiore Hans Geiger (2° battaglione del 253° reggimento), già macchiatosi il 7 dicembre 1944 di un altro atroce delitto, la fucilazione a Grimaldi, presso l’hotel Vittoria, di cinque donne, quattro uomini e tre bambini per motivi la cui inchiesta e il relativo processo nuovamente istruiti nel 2000 non seppero chiarire.
Il maresciallo Ernst Schifferegger, sottoufficiale dell’ufficio di Sanremo della SD, altoatesino, precedentemente interprete presso la caserma di via Tasso a Roma alle dirette dipendenze del colonnello Kappler, nel corso dell’interrogatorio del 2 giugno 1947 condotto dal P.M. di Sanremo, dichiarò che l’11 marzo 1945 si recò a Pigna, insieme all’altro sottufficiale Schmitd e all’autista Fioravanti Martinoia, su incarico del maresciallo Joseph Reiter, comandante il reparto SD di Sanremo, e riferì le modalità con cui venne effettuata la cernita dei rastrellati.
«Terminato il rastrellamento, io, Schmidt e l’autista Martinoia, che ci accompagnò, ci recammo sul luogo dove erano convenuti circa 300 persone catturate nel corso dell’operazione. Sulla piazzetta di Pigna, in fila per tre, c’erano riuniti i rastrellati. Io e Schmitd, da una parte, e un ufficiale della 34^ Divisione unitamente ad un membro della brigata nera, del quale non so il nome, dall’altra, incominciammo la prima cernita. Si trattava di togliere via gli uomini superiori ai cinquant’anni che erano in numero assai notevole, e che furono messi da una parte. Nel frattempo venne da me un ufficiale della 34^ divisione dicendomi che in una stalla vicino si trovavano quattro giovani presi con le armi in pugno, e che, di conseguenza, non esistevano dubbi circa la loro appartenenza al movimento partigiano. Il medesimo mi disse che egli stesso aveva promesso la libertà in cambio di una collaborazione tendente ad identificare i partigiani compresi nel numero dei rastrellati. Pertanto, egli si era già accordato di fare passare, uno alla volta, tutti i fermati (eccetto coloro che superavano i cinquant’anni) attraverso la stalla. Mentre essi passavano, io di nuovo avrei controllato i documenti proprio nel posto dove si trovavano i quattro partigiani. Così facendo, si avrebbe effettuato un migliore accertamento e, nel contempo, il tempo che io impiegavo per controllare i documenti sarebbe stato sfruttato dai quattro delatori per indicare chi dei rastrellati era partigiano. Stabilite così le cose, si iniziò l’operazione. I quattro delatori, al passaggio di ognuno dei fermati, dicevano se egli era o meno un partigiano. La cosa avveniva apertamente, per cui coloro che non erano partigiani e che furono rilasciati debbono ricordare questo triste episodio. In tal modo, alla fine della sfilata, circa una ventina di persone si trovavano nel gruppo separato che distingueva i partigiani. Un altro gruppo, comprendente oltre una trentina di giovani, fu separato perché renitente alla leva e quindi destinati ad essere consegnati al comando provinciale. Infine, il rimanente fu messo da un’altra parte per essere poi rilasciato
Finito questo, diremmo così, spoglio, il soggetto e gli altri membri delle SS (così nel verbale!!), accompagnati dall’autista Martinoia, fecero ritorno a Sanremo, lasciando alla 34^ divisione l’incarico di decidere sulla sorte dei rastrellati.
Qualche giorno dopo, il soggetto seppe da un ufficiale della 34^ divisione recatosi alle SS per reclamare poiché le SS erano di poco aiuto col loro registro non aggiornato che i venti circa riconosciuti partigiani, con l’ausilio dei quattro che li identificarono, furono fucilati. Anche i quattro partigiani delatori subirono la stessa sorte.
Le dichiarazioni di Schiffereger circa la presenza di quattro delatori tra le vittime della fucilazione non fu mai provata e l’unica fonte risulta solamente da questo interrogatorio; è plausibile che il maresciallo dell’SD abbia rilasciato tale dichiarazione per infangare l’onore delle vittime che facevano parte di coloro che fino a pochissimi anni prima l’aveva visto come protagonista di una lotta senza quartiere.
Le quattordici vittime dell’eccidio di Latte sono: Luigi Albini, anni nato a Pigna, Luigi Borfiga “Paligo”, 32 anni nato a Pigna, Luigi Bordero, 26 anni nato a Pigna, Giuseppe Cavallero, 15 anni nato a Pigna, Aurelio Crovesi “Mario de Zidò”, 22 anni nato a Pigna, Giuseppe Di Federico, 27 anni residente a Pigna, Giobatta Giauna, 37 anni nato a Pigna, Antonio Pastor, 40 anni nato a Buggio, Maggiorino Peverello, 18 anni di Castel Vittorio, Primolino Rebaudo, 21 anni di Castel Vittorio, Eugenio Scarella “u Billu”, 21 anni nato a Pigna, Gianfranco Torta, 20 anni nato a Ventimiglia ma residente a Pigna, Alvaro Tarabella, 32 anni residente a Pigna, Pietro Verrando, 21 anni nato a Pigna.
 
La riesumazione, effettuata nei primi giorni dopo la Liberazione, delle salme dei patrioti trucidati a Latte: con la camicia bianca il futuro medico Giuseppe Renato Rebaudo, nativo di Pigna, destinato a diventare una figura di spicco in campo sanitario, culturale e sociale. Fonte: Osvaldo Contestabile, La Libera Repubblica di Pigna, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, 1985

 
Il 2 maggio 1945 un gruppo di giovani e i familiari delle vittime della rappresaglia nazista consumata a Latte scesero con alcuni carri per recuperare i resti, già in avanzato stato di decomposizione, dei loro compaesani [n.d.r.: la riesumazione venne compiuta sotto la direzione del dottor Diana, storico medico di Pigna, coadiuvato da Giuseppe Renato Rebaudo, in quel periodo ancora studente di medicina, ma futuro ufficiale sanitario in Ventimiglia, nonché autorevole figura di persona impegnata in diversi ambiti sociali]. La pietosa opera di ricomposizione dei corpi fu drammatica: i tedeschi, dopo l'eccidio, avevano fatto saltare la scarpata sotto il cimitero di Latte con il duplice intento di coprire parzialmente i corpi delle vittime, che in parte affioravano dalla terra smossa dall'esplosione, e di interrompere la strada che scendeva dal Grammondo per rendere più difficoltosa l'avanzata degli alleati. La disperazione delle madri e dei familiari delle vittime rese il recupero delle salme ancora più penoso.
 
[NOTA]
1) Episodio raccontato all’autore da Bernardo Rebaudo “Dino de Sciaravà”, uno dei protagonisti della fuga.

Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016
 
[n.d.r.: tra i lavori di  Giorgio Caudano: a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, ed. in pr., 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016]

sabato 7 novembre 2020

La Brigata partigiana Giustizia e Libertà Carlo Rosselli bloccata a lungo nel Nizzardo

Isola, Alpi Marittime, Francia - Fonte: Wikipedia

La guerra dei poveri [di Nuto Revelli] è infine più di una cronaca militare: è la storia di come l'Italia fallì la propria redenzione dal fascismo. Accanto all'evoluzione morale e umana del personaggio autobiografico, nel libro prende gradualmente piede un'accresciuta consapevolezza del ruolo della Resistenza nella strategia militare degli Alleati. Nell'entrata del 23 settembre 1944, dopo meno di un mese dal trasferimento in Francia, i partigiani della "Rosselli" conoscono questa nuova dimensione politica della Resistenza:
"La situazione della brigata è complessa ed estremamente incerta. Operativamente dipendiamo dal comando americano di Lantosque: logisticamente dal comando francese. Gli americani, gente pratica, guardano alla nostra formazione come ad un reparto che può dare un contributo operativo immediato. I francesi sopportano mal volentieri l'esistenza di un reparto autonomo italiano, in posizione di parità, fra le forze alleate: un reparto a cui è stato assegnato un tratto di fronte. Gli inglesi, dopo la scomparsa di Flight, non rinunciano a seguire la nostra brigata, anzi, tendono a controllarla: con prudenza però, senza interferire nei programmi francesi. Per la Rosselli questa è un'esperienza nuova, fra situazioni ed interessi che sovente minacciano l'esistenza stessa della formazione".
Solo pochi mesi prima sarebbe stato impossibile per l'autore del diario afferrare in modo semplice e lucido la complessità della situazione internazionale. L'incidente in moto del 24 settembre 1944, che allontanò Nuto dalla zona d'azione partigiana, fornì invece l'occasione per spingersi ancora più addentro al retroscena politico, in una fase in cui il partigianato si trasformava radicalmente: «una brigata che porta il nome di Carlo Rosselli, deve avere un preciso orientamento ideologico, e una visione non limitata al momento, ma spinta al poi, ai problemi del domani, al profondo rinnovamento della vita del nostro paese».
Gianluca Cinelli, Gli scrittori partigiani del Cuneese
 
I prodromi della pianurizzazione e la nascita della X divisione.
La conclusione dell’estate 1944 porta, per le formazioni partigiane del Cuneese, strascichi gravi. Le unità, appesantite dalle massicce adesioni di quei mesi, hanno perso l’elasticità e l’agilità necessarie alla pratica della guerriglia e quasi tutte le brigate sono diventate simili a reparti di presidio con distaccamenti fissi, legati a frazioni e borgate.
Lo sbarco alleato in Provenza moltiplica le illusorie speranze di una conclusione a breve delle ostilità, presto vanificate dall’attestamento delle unità francoamericane sullo spartiacque fra Francia ed Italia <1.
I rastrellamenti dell’agosto e del settembre 1944 pongono così in crisi la sovradimensionata struttura partigiana del Cuneese occidentale e riconsegnano alla RSI le sue principali vallate, in particolare quelle dotate di una strada carrozzabile <2.
Le valli Vermenagna, Roja, Stura e Varaita sono largamente controllate dalle forze tedesche e repubblicane; le valli Gesso, Maira e Po sono invece presidiate con guarnigioni nei principali centri e nelle strutture atte alla produzione di energia idroelettrica.
Garibaldini e giellisti sono costretti a ripiegare in Francia o a disperdersi, in attesa di ordini.
[NOTE]
1 In merito alle unità germaniche cfr. Carlo Gentile, Le forze tedesche di occupazione e il fronte delle Alpi occidentali, in Il Presente e la storia, 1994/46.
2 Cfr. Mario Giovana, Storia di una formazione partigiana, Torino, Einaudi, 1964, p. 321 e Marco Ruzzi, Garibaldini in Val Varaita 1943 – 1945. Tra valori e contraddizioni, ANPI Verzuolo, 1997, p. 152.
Marco Ruzzi, La X Divisione Giustizia e Libertà, Asti Contemporanea, n. 7, 2000, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Asti
 
A partire dal 20 agosto 1944, partigiani italiani della Valle Stura si portano in Haute-Tinée, il gruppo Spada attraverso i colli di Pouriac e del Fer, il gruppo Nuto Revelli attraverso il colle della Lombarda, permettendo così di rinforzare la difesa della valle dal momento che il grosso dei FFI sono raccolti davanti a Levens. Soldati della 90e Panzergrenadier occupano i colli di frontieras, operano ancora alcune incursioni in territorio francese, occupano Bollène il 21, s'installano a l'Aution il 22, a Belvédère il 24, a St-Martin-Vésubie il 26, inducono il gruppo Hochcorn (del capitano Imbert) a ripiegare di notte, attraverso il colle del Fort, con gli zoccoli dei muli avvolti in stracci per attutire il rumore, sino a Clans. Il 25 agosto, i 250 uomini della brigata "Giustizia e Libertà" Carlo Rosselli - comandata dal capitano Nuto Revelli - entrano in Mollières accompagnati dal loro ufficiale di collegamento britannico Flight. Qust'ultimo organizza un incontro in Peirablanca con il dottor Jouglard ed il colonnello Marchesi, dal quale consegue il passaggio in Francia della predetta unità per il giorno 27, così che i partigiani arrivano l'indomani a Isola, ben accolti dalla popolazione.
In Val Roia, aerei alleati mitragliano un convoglio tedesco il 16 agosto sul col de Brouis e lanciano 70 bombe sulla stazione di Breil e sul quartiere della Giandola il 16 ed il 18 agosto; l'unità SS che era sul litorale ripiega nella valle, si sofferma dal 18 al 21 a Fontan e a Saorge, dove prende 3 gendarmi in ostaggio; le truppe tedesche di passaggio moltiplicano le requisizioni, se non veri e propri atti di saccheggio.
Jean-Louis Panicacci, Les Alpes-Maritimes, 1939-1945. Un département dans la tourmente, Editions Serre, 1989
 
[...] vicenda in cui fu impegnata sul Fronte delle Alpi Marittime, nell'inverno ’44-’45, alle dipendenze operative della I^ Armata Francese, la brigata «Carlo Rosselli» di Valle Stura, incorporata nella I^ Divisione Alpina Giustizia e Libertà del Cuneese, le cui bande controllavano appunto, oltre alla suddetta, le valli della Grana, del Gesso, della Vermenagna e della Roja [...] 

Lago del Colle Sant'Anna nel comune di Vinadio (CN) - Fonte: Wikipedia

La decisione venne presa in una riunione a Mollières (Baracche di Castiglione - Sant'Anna di Vinadio). Versante francese e versante italiano erano percorsi da colonne tedesche ripieganti dalla Costa Azzurra: la brigata veniva a trovarsi nel bel mezzo di questo confuso movimento e non era certo in grado di affrontare nuovi scontri. Il progetto primitivo del comando italiano era di risalire, con un itinerario quanto mai periglioso e faticoso, la catena montuosa sino alla Valle Roja, per tentare da questa lo spostamento verso le valli del monregalese. Le insistenze del maggiore Flight (il quale teneva costante contatto radio con il suo comando di Brindisi) fecero sì che fosse accettata la sua proposta di scendere in Francia, per la difesa della media e alta Valle della Tinée. Il 29 agosto [1944], la formazione si installa in Isola, capoluogo della valle, dove avviene anche l'incontro con le avanguardie americane. Due giorni prima, il 27, Nizza è insorta cacciando i tedeschi, i quali ripiegano sul Colle di Larche. Immediatamente i partigiani entrano in azione, attaccando già il 1° settembre le Baracche di Castiglione. Ebbe inizio così l’attività della brigata sul fronte alpino francese, in appoggio alle forze americane del settore, con attacchi ai fortini occupati dai tedeschi, azioni di pattuglia e di presidio dei centri della zona (Isola, Àuron, Bourgeais). Quivi respinse anche due forti puntate offensive del nemico, lasciando sul terreno due dei suoi migliori ufficiali, Arrigo Guerci e Mario Bertone. Quando il 15 settembre la formazione viene trasferita su camions americani a Belvedere, in Val Vésubie, il suo ruolino di combattimento in zona francese reca un triste bilancio: 2 ufficiali morti e 3 feriti, 1 morto e 12 feriti fra i partigiani, 2 dispersi. A Belvedere la «Rosselli» continua la sua attività di pattuglie, controllando un tratto di fronte che le era stato affidato e cioè la linea a sbarramento della Valle Gordelasca e le fortificazioni dell’Authion; fra l’altro, il 19 settembre, un suo gruppo penetra profondamente nei capisaldi tedeschi e sostiene in accanito scontro con aliquote nemiche presso Turini. Il 16 ottobre giunge già a Belvedere il primo collegamento dall’Italia, recante importantissime notizie per gli americani, ossia dati sulle forze, dislocazione comandi e artiglierie in Valle Roja e attestamento sul fronte alpino delle divisioni tedesche. A presidiare il settore, intanto, si è disposta la lèr Armée Groupement Alpini-Sud, sotto il comando del colonnello Lanusse, la quale sostituisce i due battaglioni di paracadutisti americani con cui la «Rosselli» aveva sino allora operato. Fra la formazione partigiana ed il nucleo americano non erano intervenuti che accordi verbali; le bande si erano spontaneamente assunto un gravoso incarico di pattugliamento sulla linea tenuta dai paracadutisti, sino dai primi giorni, ed il comando alleato ne apprezzò ben presto l'utilità, stabilendo una sorta di coordinamento con la sua azione. Li rifornì di armi, vestiario e viveri, giovandosi largamente dell'esperienza, dell'allenamento alle fatiche della montagna e delle capacità combattentistiche dei partigiani. Non fu tuttavia sanzionata una dipendenza della «Rosselli» dal comando paracadutista, nè definiti in precisi accordi impegni che vincolassero i due comandi. Ciò si spiega tenendo conto principalmente e della diffidenza che i partigiani nutrivano verso una qualunque forma di accordo che limitasse la loro autonomia e delle caratteristiche operative del reparto americano, destinato ad improvvisi spostamenti, fortemente autonomo! rispetto ai propri comandi e con compiti di «punta avanzata» [...] Con la partenza degli americani e l'insediamento dei presidi francesi la posizione della brigata si fa difficile. Pur continuando a svolgere il suo lavoro di pattugliamento e di controllo del settore, essa si presentava sempre come unità di partigiani italiani, del tutto indipendente, schierata accanto a forze francesi che non erano più appartenenti ai gruppi «maquis» ma vere e proprie truppe dell’esercito degollista. 

Copia fotografica del frasario convenzionale concordato fra il comando della I^ Divisione G.L. di Pradleves ed il Comando della Rosselli a Belvedere - Fonte: Rete Parri

Dalla seconda metà di settembre alla prima di dicembre perdura una tale situazione incerta. Rientrato in Italia, il 4 ottobre, il comando della I^ Divisione, vengono fatti i primi approcci con il comando francese, il quale acconsente a che le bande della brigata rimangano in Val Vésubie, con l'incarico di stabilire un servizio di collegamento fra le linee alleate e le formazioni «G.L.» di stanza nel cuneese; lo scopo tendeva ad ottenere dettagliate informazioni sui movimenti tedeschi nel settore, alpino ed in Piemonte. I tentativi sono prontamente messi in atto dai partigiani, nonostante le condizioni atmosferiche avverse, la neve abbondante che copre i colli, l’equipaggiamento assolutamente inadatto [...] stato di cose, unito al sistematico controllo da parte dei tedeschi di ogni tratto di valico sul confine, frustrava anche le speranze della brigata di poter rientrare nel cuneese, poiché era assurdo tentare il trasferimento di qualche centinaio di uomini in siffatte condizioni. D'altro canto con l'avanzare dell’inverno e l'accrescersi delle difficoltà di approvvigionamento (il comando francese concedeva un minimo prelievo di viveri presso i suoi magazzini ed i partigiani vivevano in parte con scatolame, residuo di lanci americani in Val Tinée, e in parte acquistando dalla popolazione) fu giocoforza cercare di concludere un accordo preciso con gli alleati. Il comando della Ière Armée chiese in un primo tempo che la brigata si trasferisse ad Isola, in forza al 2° Gruppo di Battaglioni - Groupement Colonnello Guien. La richiesta venne parzialmente accolta con l'invio di 50 volontari, ma il grosso non abbandonò la primitiva sede. A metà dicembre, l'ordine improvviso: la brigata deve trasferirsi a Mentone per essere incorporata nel 74° battaglione stranieri, una specie di legione straniera in via di costituzione, di cui facevano parte polacchi, ungheresi, cechi, russi ecc. A rendere più convincente l'ordine, i partigiani ebbero tagliati i viveri per tre giorni: inoltre il comando francese di Isola cercò di distribuire danaro ai volontari del locale distaccamento, danaro che fu seccamente respinto. L’atmosfera si faceva pesante. Il comando della «Rosselli» non frappose indugi ed inviò al colonnello Lanusse un esposto, riassumente l'attività della formazione fino al momento in cui era giunto l’ordine di trasferirsi a Mentone; documento sereno, fermo, da cui emerge la volontà di ufficiali e partigiani di non piegarsi ad imposizioni che possano condurre, in qualunque forma, alla perdita dell’autonomia del reparto, della sua fisonomia schiettamente partigiana e, sopratutto, a spezzare i contatti con il comando di Pradleves ed i compagni che combattono nel cuneese. Di fronte all'alternativa posta loro, battaglione straniero o ritorno in Italia, la replica è netta: dopo aver fatto presente quale sia stato il loro apporto alla causa comune e quali possano essere i vantaggi di un lavoro di collegamento con le valli presidiate dalla Ia Divisione «G.L.», dichiarano, senza iattanza, senza retorica, che la scelta è fatta: «... nous sommes résolus à repasser les montagnes au prix de n'importe quel sacrifice» [...] 

Copia fotografica del biglietto inviato dal Col. Yarborought al Comando della Brigata Rosselli - Fonte: Rete Parri

I 185 volontari della «Rosselli» sapevano ciò che poteva significare «rivalicare la montagna». Grosse pattuglie tedesche controllavano ogni via di possibile transito, nonché le valli della Roja e della Stura fino al loro sbocco in pianura; postazioni di mitragliatrici e mortai tenevano sotto vista tutti i punti chiave della linea. Rientrando, novanta probabilità su cento di scontro in alta montagna, dopo magari due giorni di marcia estenuante, in condizioni di temperatura e di neve pessime. E mancava totalmente l'attrezzatura per un simile «raid» [...] i partigiani avevano indumenti di tela e lo scarso bagaglio personale di ciascun volontario s'era arricchito unicamente di qualche farsetto e di qualche maglia, raccolti dai C.L.N. italiani costituitisi in Nizza e Montecarlo. 

Cima Lusiera, con interferenze di Valmasca - Foto: Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM)

Se una minima possibilità di valico fosse sussistita, il comando partigiano l'avrebbe sfruttata; ma affrontare la montagna in condizioni proibitive era impresa pazzesca. Perciò l'ultima speranza era rivolta all'accoglimento da parte alleata delle ragioni motivate nell'istanza. L'«exposé» del comandante della Rosselli viene preso in considerazione dal colonnello Lanusse. I francesi, presso i quali ad onor del vero i partigiani troveranno spesso maggior sensibilità, comprendono evidentemente la responsabilità che graverebbe su di loro qualora la brigata risolvesse di tentare il forzamento delle linee nemiche. Dal comandante della lère Armée i partigiani ottengono formale assicurazione che si provvederà a una sistemazione onorevole delle bande nell'ambito del raggruppamento alpino francese. Senonché, avuto sentore di un possibile accordo della «Rosselli» con Lanusse, la missione inglese di Nizza, comandata dal maggiore Betz, corre ai ripari, cercando di imporre i suoi disegni. Vengono inviati due ufficiali agli accantonamenti della brigata, con la richiesta di un elenco dei volontari della formazione disposti a rientrare in patria. Il piano della Special Force par profilarsi in questi termini: ottenere lo sfasciamento dell'unità partigiana per impegnare gli uomini in piccoli nuclei di guastatori ed inviarli in missione nel cuneese, alle dipendenze dirette dell'Alto comando per il Mediterraneo [...] 


 

Nella stessa giornata del 28 dicembre arriva a Belvedere un capitano della missione inglese per insistere nella richiesta degli elenchi nominativi. Gli viene presentato il documento Lanusse, in base al quale nessuna collaborazione è possibile senza la preventiva autorizzazione francese. L’ufficiale alleato non insiste ma, da questo istante, le pressioni sulla brigata perchè passi sotto controllo inglese non avranno più fine; anzi, aumenteranno nella mistura che l'attività della «Rosselli» metterà in luce le doti di abnegazione, di coraggio, di resistenza dei volontari. A prezzo di fatiche e rischi grandissimi si stabiliscono i collegamenti con il Comando della I^ Divisione a Pradleves (Valle Grana) e con il Comando della Brigata Roja, sito in alta valle. Le pattuglie portano in Italia armi, apparecchi radio, vestiario, e ritornano con lunghi rapporti informativi sulla situazione partigiana e del nemico in Piemonte, sulla dislocazione ed entità numerica delle forze tedesche, con notizie di ogni sorta. Tre, quattro, fino a sei giorni di marcia nella neve, sgusciando attraverso il dispositivo di pattuglie tedesche, affrontando tormenta e valanghe. 

La Rocca dell'Abisso vista dalla Bassa di Peirafica - Foto: Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM)

Ecco la relazione su una di queste autentiche imprese: «Pattuglia per il collegamento con i partigiani in Italia, da parte della Brigata «Rosselli» con il Comando della I^ Divisione Alpina Gielle. Due uomini. Da Belvedere a Pradleves (ore 13 del 17-12-'44) - Itinerario: Falso Colle del Ruas-Grangie di Ceva (Pernottamento). Riparte alle 5 del 18-12 e raggiunge il lago de Le Mesce (Valle Roja) verso le 19, proseguendo per Casterino-Peirafica. (Pernottamento). - Partenza da Peirafica alle ore 3 del 19-12 - Percorso: Forte Giaura-Limonetto. Da Limonetto partenza alle ore 5 del 20-12 - Percorso: Colle dell’Arpiola-Pallanfré (Vernante) - Pernottamento, presso un distaccamento della Brigata Vermenagna. Giorno 21-12-'44: ore 14 - Percorso: Colle di Cerse-Roaschia-Andonno-Tetti Rabas-Valloriate (pernottamento). Giorno 22-12: Valloriate-Gorré-Rittana-Monterosso-Pradleves» [...] gli inglesi giocavano a carte scoperte, pur concedendo il riconoscimento di una dipendenza della brigata dal comando della 19a divisione e dal C.V.L. italiano e assicurando che, al momento del rientro in patria, essa avrebbe preso ordini unicamente dal C.L.N. Fu loro fatto presente che la situazione del fronte ed, ancor più, quella della montagna non erano tali da consentire il transito sia pure a gruppi di trenta-quaranta uomini. La risposta venne con un ultimatum, a fine febbraio, col quale si lasciavano ventiquattro ore alla formazione per decidere: o trasferirsi o sciogliersi. L'ultimatum fu reso noto in un incontro fra il colonnello inglese comandante le missioni sul fronte alpino, ed i comandanti della Rosselli, presente il maggiore Betz. Espresso duramente, si concludeva con la minaccia di internamento di tutti i componenti il reparto [...] 
 
La zona di Casterino - Foto: Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM)

Il comando della Rosselli decise di optare per la prima soluzione, fermo restando che sarebbe stato concesso alle bande il tempo per preparare il passaggio con sufficiente meticolosità. Furono compilate lettere di coloro che intendevano seguire il reparto e solo alcuni pochi chiesero di rimanere. Ebbe inizio tutta una accurata preparazione ed uno speciale allenamento per consentire ai volontari di affrontare l'ardua avventura; punte esplorative saggiarono la sorveglianza nemica sui percorsi, cercando altresì la via meno disagevole. 
 
La zona del Col Sabbione - Foto: Bruno Calatroni di Vallecrosia (IM)

Il 10 marzo parte il primo gruppo, con itinerario Rifugio Imperia-Col del Sabbione-Col di Tenda e discesa in Vermenagna: ventotto ore di estenuante cammino, con un carico che supera i venticinque chilogrammi per ciascun uomo, fino a Peirafica. Gli avvistamenti tedeschi avevano seguito i movimenti del gruppo e, la mattina del 14, forti nuclei tentano l'attacco ma devono desistere nel pomeriggio e ritirarsi su Vernante. Il 16, sul far del mezzogiorno, Pradleves è raggiunta. Sei giorni di marcia, un’odissea che ha sfiancato tutti; il 20 tuttavia, i volontari della Rosselli ripartono per la Valle Stura e riprendono l'attività operativa. Il grosso della brigata, rimasto in Val Vésubie, si appresta a sua volta al passaggio, sotto la guida del comandante Revelli. I rapporti con gli alleati sono tesi; il comandante Revelli si è accorto che la missione inglese altera i radiogrammi provenienti da Pradleves e indirizzati alla brigata, con il preciso scopo di creare degli attriti fra i due comandi. Invia allora una staffetta, recante un frasario convenzionale per gli scambi radio; il tenore delle frasi concordate denota chiaramente quanto grave fosse la situazione [...] Il passaggio del primo gruppo di volontari ha, intanto, messo in allarme tutti i dispositivi di controllo tedeschi che rafforzano la sorveglianza al Colle del Sabbione, unico passaggio sfruttabile. Gli ottanta uomini di Revelli, dopo aver cercato, il 3 aprile, di infiltrarsi fra le maglie nemiche in questa direzione, si risolvono a prendere un'altra via: per la Val Durance ed il Colle Maurin, scendono in Valle Macra. Ancora puntate esplorative e preparativi per una dozzina di giorni, poi, il 18 aprile, partenza. Al Colle Maurin, il presidio tedesco sbarra il passo: la colonna giellista riesce ad evitarlo e, dopo 38 ore filate di cammino, giunge in alta Valle Macra. La Brigata Rosselli è nuovamente in linea, nel V° settore partigiano piemontese, perfettamente inquadrata; nei giorni della liberazione, i volontari del «Groupe Nuto» prenderanno parte alla conquista di Cuneo.
 
Mario Giovana, Una formazione partigiana in terra di Francia, Italia contemporanea (già Il Movimento di liberazione in Italia dal 1949 al 1973) n. 3, 1949,  Rete Parri

domenica 18 ottobre 2020

Da Sospel e Mentone l''8 settembre della Posta Militare 1

Cartolina inviata il 3 settembre alla famiglia da un soldato della compagnia presidiaria di Mentone che, in quel periodo, si appoggiava per il servizio postale alla Sezione smistamento della P.M. 1
- Fonte: Op. cit. infra

[...] L’ufficio Posta Militare 1 era stato costituito il 2 settembre 1939, subito dopo l’inizio dell’attacco della Germania alla Polonia, e assegnato al Comando della 4ª Armata, di stanza nell’Italia Settentrionale. Nel novembre 1942 seguì l’Armata in Francia per l’occupazione della Provenza dopo lo sbarco alleato a Casablanca. L’armistizio trovò la 4ª Armata in un momento particolarmente delicato [...] I protagonisti delle vicende armistiziali della Posta Militare 1, tutti dipendenti postali militarizzati, erano: il tenente Ubaldo Craviotto (anzi 1° tenente, in quanto svolgeva funzioni di grado superiore) titolare dell’ufficio; il tenente Bruno Cararia era il controllore; i sottotenenti Macario Falcone, Corradino Mortella, Ermanno Lucchetti e Luigi Giliberti avevano la qualifica di addetti; infine, Paolo Bertelloni e Natale Muttini erano agenti, col grado di caporale. Solo il Craviotto e il Cararia erano stati militarizzati all’inizio della guerra mondiale, attingendo ai ruoli per la posta militare redatti in tempo di pace. Un requisito indispensabile per l’iscrizione al ruolo era avere un’età tale da esentare l’aspirante da obblighi di guerra [...]
Nel dicembre 1943 il titolare della Posta Militare 1 si recò a Roma per le pratiche di smobilitazione, necessarie per riprendere il servizio postale civile. In tale occasione rilasciò la seguente dichiarazione, dalla quale appare il suo timore di subire conseguenze amministrative per la sorte di parte del materiale soggetto a controllo:
[copia conforme]
Ufficio Stralcio
Posta Militare
Processo verbale
L’anno millenovecentoquarantatre il giorno undici del mese di dicembre in Roma il sottoscritto Ispettore A. PELLEGRINO ha ricevuto la seguente dichiarazione dal Sig. CRAVIOTTO UBALDO fu Antonio, titolare dell’Ufficio P.M. 1 in servizio civile a La Spezia.
A domanda dichiaro:
Nella notte fra l’8 ed il 9 settembre 1943 il Quartiere Generale della 4ª Armata dispose di sospendere il servizio, di preparare la cassa con i valori ed al massimo altre due cassette poiché l’Ufficio doveva spostarsi in tutta fretta. Con i mezzi di fortuna dei quali si poté fruire e dopo accorte escogitazioni, fu possibile attraverso penose peripezie, per [=far] giungere a Cuneo, anziché il poco materiale di cui sopra, tutto ciò che possedeva l’ufficio, compresi numerosi sacchi di corrispondenza.
Mentre a Cuneo si stava procedendo al versamento della cassa, dei valori e del materiale alla Direzione Provinciale P.T., un ordine perentorio, disponeva per il trasferimento dell’ufficio P.M. 1 a Bra, spostamento che venne eseguito trasportando ogni cosa di pertinenza dell’ufficio in detta località.
Ivi giunti, nella notte stessa venne segnalato l’arrivo dei tedeschi. Presi accordi e consigli dal Ten. Col. Borgiotti, Direttore della P.M. 4ª Armata, l’autocarro sul quale erano caricati i cofani ed i cassoni con altro materiale venne fatto proseguire per Sommariva, località ancora tranquilla.
La cassa ferrata contenente i valori ed i bolli, venne trattenuta a Bra assieme ad altra cassa grezza contenente stampati contabili, ecc.
Il mattino seguente, con grave rischio personale, la cassa veniva versata all’ufficio P.T. di Bra perché la facesse proseguire in custodia presso la Direzione di Cuneo [...]

Io sottoscritto, Cararia Bruno fu Libero, ufficiale esecutivo di 2ª classe presso l’ufficio di Venezia Stazione, sono stato mobilitato col grado di sottotenente militarizzato il 10 giugno 1940, quale addetto all’ufficio di P.M. 1 della 4ª Armata fino al novembre 1942, con le mansioni di controllore da quella data allo scioglimento dell’ufficio.
L’ufficio è stato abbandonato la mattina del 12 settembre 1943 nei locali della scuola elementare di Brà (Cuneo), dove avevamo ripiegato da Sospel (Alpi Marittime) con la Direzione P.M. 4ª Armata, per ordine ed assieme al Comando d’Armata che si fermò a Caraglio (Cuneo).
L’ufficio non funzionava dalla sera dell’8 settembre 1943 perché dalle prime ore del giorno 9 ebbe inizio l’ordinato ripiegamento [...] Tutto il materiale, la cassa ed i documenti portati con noi da Sospel erano sotto la sorveglianza delle forze armate germaniche (che però non erano entrate nei locali della scuola perché chiusa e non si trovava il caporale che ne aveva in consegna le chiavi) le cui forze limitate a tre carri armati e pochi soldati potevano solamente limitarsi, data la vastità della cittadina, ad un servizio continuo di sorveglianza a mezzo pattuglie.
Nella notte dal 10 all’11 settembre avevamo tentato, il 1° Tenente sig. Craviotto Ubaldo ed io, di portare la cassa e i documenti a Cuneo, presso quella Direzione Provinciale, ma lungo la strada il nostro furgoncino fu una prima volta fermato da un soldato tedesco che ci lasciò proseguire dopo essersi accertato trattarsi di P.M., una seconda volta dai carabinieri di uno sbarramento, sorvegliati da una pattuglia germanica, cosicché, saputo dai tedeschi e dai carabinieri che il proseguire era inutile, ritornammo al nostro punto di partenza.
Nel pomeriggio del giorno 11, approfittando di una persiana un po’ sollevata e rompendo un vetro, potei entrare nella scuola e, poiché la cassa era chiusa a chiave in un locale che io non potevo aprire non avendone i mezzi e non potendo fare eccessivo rumore a causa della sorveglianza tedesca, aprii una porta a persiana che metteva in comunicazione la scuola col vicino ginnasio e con l’abitazione del custode (porta che non si poteva aprire che dalla scuola elementare) e la lasciai sollevata quel tanto che bastasse per strisciarvi sotto. Il sig. Ten. Col. Borgiotti poté con questo mezzo entrare in una delle notti successive, ricuperare i valori, i documenti e la cassa che trasportò con se a Torino, dove eseguì tutte le operazioni di chiusura ed i versamenti di cui portò i documenti all’Ufficio Stralcio della Direzione Superiore P.M. di Roma
[...] 

Un’accurata relazione fu quell’inviata nel marzo 1944 all’Ufficio stralcio P.M., a Roma, dal sottotenente Ermanno Lucchetti, conseguente alla sua decisione di riprendere il servizio civile [...] Nella notte fra l’8 ed il 9 settembre, dopo l’annuncio dell’armistizio, la P.M. 1 ebbe l’ordine dal comando della Quarta Armata di caricare sugli autocarri il materiale più importante della posta e tenersi pronti per la partenza da Sospello a Caraglio (Cuneo). La mattina del 9, per ordine del comando Quarta Armata, gli autocarri vennero riscaricati e messi a disposizione del comando stesso mentre il materiale della posta veniva caricato su vagoni che nel pomeriggio, agganciati ad un treno passeggeri partirono per Cuneo. Noi ufficiali della P.M., raggiungemmo Caraglio in serata con mezzi di fortuna [...]

Dopo la cessazione delle ostilità in Italia pure il sottotenente Corradino Mortella, già addetto alla Posta Militare 1, rispose ai quesiti della Sezione Postale S.M.R.E., tramite la Direzione provinciale di Milano:
[dattiloscritto originale]
AL DIRETTORE DELLA RAGIONERIA POSTE
SEDE [Milano]
Riferimento Vos. Lettera del 12/6/45.
1) MORTELLA CORRADINO di Arturo, impiegato ausiliario, è stato militarizzato alla P.M. col grado di sottotenente.
2) Mobilitato il 10 Febbraio 1943 ed addetto alla P.M. 15 dislocata a Carcare (Savona) - Successivamente, nel luglio 1943, trasferito alla P.M. 1 dislocata a Mentone ed alla fine di agosto a Sospel.
3) La notte dall’8 al 9 Settembre 1943.
4) La stessa notte il Titolare Ten. Craviotto fece chiamare il sottoscritto, che dormiva nella camera dove era alloggiato, per collaborare al carico del materiale d’ufficio che sarebbe stato trasferito in Italia sempre al seguito della 4ª Armata.
I lavori di carico si protrassero fino al tardo pomeriggio del 9 Settembre ed il materiale non fu possibile caricarlo tutto sulla tradotta in partenza per Cuneo né sugli automezzi scarsi e non tutti efficienti dell’autocolonna. Mentre il sottoscritto si attardava per assicurare il carico del materiale sulla tradotta, i componenti l’ufficio erano parte già in viaggio di ritorno e parte già a Cuneo. All’incalzare dei tedeschi il sottoscritto cercò di rientrare in Italia ed, usufruendo degli ultimi mezzi dell’autocolonna, raggiunse Cuneo di notte dove non gli fu possibile rintracciare colleghi e Titolare, né il Comandante il Quartiere Generale [...]
8) Degli appartenenti all’Ufficio P.M. 1 il sottoscritto non può fornire informazioni esatte essendo stato ultimo ivi assegnato [...]
In fede
Mortella Corradino
Milano 16 Giugno 1945

[...]
Presso l’Ufficio Posta Militare 1 prestava servizio il caporale militarizzato Natale Muttini che così rispose ai quesiti rivoltigli dopo la fine delle ostilità:
[autografo]
Io sottoscritto Muttini Natale di Giovanni agente ausiliario militarizzato col grado di caporale il 24-8-1942 all’Ufficio P.M. 1 abbandonò detto Ufficio in data 14 Settembre 1943, ad ordine del Ten. Col. Borgiotti Mario Comandante la Direzione Posta Militare della IV Armata, leggendo una circolare agli ufficiali e soldati ancora presenti.
L’Ufficio in quel periodo non era efficente essendo arrivati verso le 18 del giorno 9 Settembre, e si era scaricato ancora poco materiale, il rimanente era rimasto sul camions che alla notte partì alla volta di Cuneo e si incendiò; seppi questo da ufficiali rimasti, che il S.Ten. Giliberti, partito a bordo del camions aveva telegrafato da Cuneo [...]
I componenti l’ufficio P.M. 1 erano un tenente (che non ricordo il nome) ch’era da poco venuto in sostituzione del Capitano De Lorenzo, S.Ten. Cararia S.Ten. Giliberti S.Ten. Mortella
caporale Bertelloni.
Molano 21-6-1945
Muttini Natale Agente ausiliario

Ventimiglia (IM): una vista sulla Val Roia

Interessanti relazioni sono quelle rilasciate da due ufficiali militarizzati ed un agente in servizio presso la Sezione Smistamento dell’Ufficio Posta Militare 1, ricostituita a Mentone alla fine d’agosto, in conseguenza del trasferimento a Sospello dell’ufficio principale. Ecco le dichiarazioni del sottotenente Mario Falcone:
[autografo]
[...]
Il sottoscritto S.Ten. Militarizzato Falcone Macario di Francesco della disciolta P.M. 1, sbandato dal 9 settembre 1943, trovasi in Lucera a disposizione della Direzione Provinciale PP.TT. di Foggia; in virtù della circolare 29 marzo 1944 N° 9/1903-203/Serv. di prot., risponde alle domande richieste: 1° Falcone Macario, di Francesco e di De Pierro Vittoria, Impiegato Ausiliario, Sottotenente. 2° 16 febbraio 1943 ufficio P.M. 1. 3° L’ufficio si è sciolto in data 14 Settembre 1943 in Brà (Cuneo) e in tale data trovatasi unito alla Direzione Postale Militare e ad altre Poste Militari della 4ª Armata. 4° L’ordine fu ricevuto verbalmente dal Ten. Col. Mario Borgiotti, il quale ricevette a sua volta ordine di sciogliere le Poste Militari della 4ª Armata. 5° L’ufficio di P.M. 1 in seguito all’armistizio ha eseguito regolarmente la ritirata con tutto il materiale dell’ufficio; i valori furono versati alla Direzione Provinciale di Cuneo mentre contabilità, carteggi e materiale in carico furono spediti alla P.M. 9 a mezzo assicurate di servizio [...] Si presume che tutti abbiano raggiunto le loro residenze e le informazioni su per giù sono uguali a quelle del sottoscritto.
Lucera, 29 aprile 1944
S.Ten. Mil. Falcone Macario, Impiegato Ausiliario della Direzione Provinciale di Milano, dipendente
come sbandato della Direzione Provinciale di Foggia

Questa risposta al questionario, peraltro molto sintetica, provocò il richiamo del Falcone come appare dal seguente verbale d’interrogatorio del 25.6.44:
[copia conforme]
CENTRO INTERROGATORI MILITARI PROVENIENTI DAI TERRITORI OCCUPATI
L’anno Millenovecentoquarantaquattro, addì venticinque del mese di Giugno
SIA NOTO che la sottonotata Commissione, composta da: [...]
ha proceduto all’interrogatorio del S.Ten. Militarizzato Falcone Macario di Francesco, nato il 4 Ottobre 1910 a Foggia, residente con la famiglia in Lucera (Foggia), Distretto Militare Foggia, secondo anno Istituto Tecnico Superiore (Geometri), attualmente in sosta al Comando Tappa di Lecce, il quale riferisce come segue:
L’8 Settembre 1943 effettivo, al Quartier Generale R.O. della 4ª Armata, mi trovavo distaccato in Mentone quale ufficiale militarizzato addetto della Posta Militare Uno, assieme al S.Ten. Giliberti Luigi, a un carabiniere del Nucleo Postale ed alcuni soldati per lo smistamento dei dispacci postali provenienti dall’Italia per le diverse Poste Militari dislocate in territorio francese.
L’Ufficio principale di P.M. 1 era dislocato a 22 Km da Mentone e propriamente a Sospel (Francia).
Durante la notte dall’8 al 9 Settembre e propriamente alle ore 2,30 venni svegliato dal carabiniere Miotto Arturo, il quale mi comunicò che il titolare della P.M. 1 (Primo tenente Craviotto Ubaldo) aveva telefonato dando ordine di ripiegare immediatamente e raggiungere nel più breve tempo possibile l’ufficio in Sospel. In brevissimo tempo fu caricato su due camion, che avevamo a disposizione per lo svolgimento del servizio, tutto ciò che avevamo di materiale di ufficio, gli effetti postali e tutti gli uomini che facevano parte. Alle ore tre partivo per Sospel e raggiungevo l’ufficio principale alle ore 4,30. Tutto avvenne regolarmente senza disturbi da parte dei tedeschi. Nel pomeriggio dello stesso giorno alle ore 15,30 per ordine del Comando della 4ª Armata siamo partiti per ripiegare, attraverso il Col di tenda, in Cuneo, giungendo alle ore 18,30.
Il Titolare della Posta Militare Uno, ricevette ordine dal Comando della 4ª Armata di far immediatamente mettere in borghese tutti gli ufficiali addetti a tale ufficio e di attendere ulteriori ordini. Io ho eseguito gli ordini ricevuti. In Cuneo, il titolare della Posta Militare 1, in attesa di ordini, secondo disposizioni interne regolamentari, provvide alla salvezza di tutto il materiale di ufficio
[...]

Mentone: il Municipio

Dichiarazione rilasciata anche dall’agente militarizzato, il caporale Paolo Bertelloni, dopo la fine del conflitto e in risposta ai quesiti della Sezione postale dello S.M.R.E.:
[autografo]
Carrara 10-6-45 [...]  III L’Ufficio lo lasciai il giorno 9 settembre 1943 IV L’ordine di lasciare L’Uff. P.M. 1 Ufficio smistamento, come eravamo noi di posto a Mentone, avvenne di notte dell’8 e dopo mezzanotte, si partiva per raggiungere l’Ufficio, che venne per ordine del capitano, osia I tenente capo Uff. che si trovava a Sospello Francia V Noi dell’Uff. smistamento di Mentone eravamo sempre in efficenza quando si ebbe l’ordine di lasciare l’Ufficio, avevamo che pochi sacchi ordinari, e con una Macchina che era a disposizione dell’Uff. si caricarono e furono portati a Sospello, e pochi banchi perché francobolli e carte valori erano a Sospello dove tutto l’Ufficio era stato trasferito 15 giorni prima e io e un S.Ten. rimasti a Mentone solo per smistamento corrispondenza da Ventimiglia Mentone, e Mentone per altri uff. della P.M. Se è stato distruto qualcosa, osia cifrari bolli carte valori danaro contabilità io non potevo sapere, perché tutta quella merce si trovava in mano della Direzione P.M. 69 [=169] di Buauglié [=Beaulieu-sur-Mer] Francia, che la comandava un Ten. Col. un Magg. un capitano, che poco li conoscevo, a Sospello, loro con le sue macchine finirono di caricare il matteriale della P.M. 1 che già erano cariche di quello della Direzione e si avviarono tutti gli ufficiali con le macchine a Cuneo, da cuneo seppi che la posta ord. fù lasciata lì, e tutto l’altro matteriale, fu portato a Brà dove avevano l’intenzione di impiantare colà gli uffici, noi due caporali Bertelloni Paolo e Muttini Natale lui che facceva servizio a Sospello, si raggiunse Cuneo in treno, invece il materiale fu scortato sempre da ufficiali in torpedoni [...] Agente ausiliario Paolo Bertelloni Uff. PP.TT. Principale
Carrara Apuania
  [...]

Aldo Cecchi, Le vicende degli uffici postali militari italiani all'8 settembre 1943 in Istituto di Studi Storici Postali "Aldo Cecchi" onlus