giovedì 4 febbraio 2021

Vive Vittò e Garibaldini

Uno scorcio di Pigna (IM)

Il 28 settembre [1944] giunse a Pigna un gruppo di militari alleati provenienti da Ormea, composto dai capitani Michael Lees e Geoff Long, dal corrispondente di guerra Paul Morton e da sette prigiginieri di guerra: tre aviatori dell'USAF e quattro inglesi. Erano accompagnati dalle guide Andrea Micheletti "Tarzan", Luigi Mondino "Valter", Aldo Clerico e Maccalli, incaricate dal capitano Cosa di scortare l'insieme, al quale si unirono l'avvocato Astengo, il professor Bessone e il radiotelegrafista Secondo Balestri "Biagio".
Lees e Long erano membri del servizio informazioni britannico (Special Force n. 1), facevano parte della «Missione Flap» e, in precedenza, erano stati paracadutati in Piemonte per raccogliere informazioni sulle forze partigiane, sul loro orientamento politico, sulla consistenza e la dislocazione delle truppe tedesche.
Paul Morton era invece un corrispondente di guerra canadese del «Toronto Star» paracadutato anch'egli, ma con il preciso compito di scrivere reportage sull'attività partigiana.
Il gruppo sostò a Pigna quella notte e il mattino seguente si frazionò: Lees con Fred Dobson e le due guide italiane si rimisero in cammino per cercare il punto più agevole per oltrepassare le linee nemiche; gli altri si fermarono in paese, dove furono rifocillati e poterono riposare per alcuni giorni.
Lees e Dobson, insieme ai tre italiani aggregati al gruppo, avrebbero tentato di passare da Fanghetto o da Olivetta San Michele, in realtà seguirono il percorso monte Pozzo, Torri, Grammondo; in caso d'insuccesso fu raccomandato, a chi restò, di provare più a nord verso il colle di Tenda.
Il comandante "Leo" [Stefano Carabalona] informò i rimanenti che, servendosi dell'organizzazione partigiana «Gruppo sbarchi», avrebbero potuto raggiungere in barca il Principato di Monaco.
I quattro ex prigionieri, accompagnati dalla guida Nino, partirono il 30 settembre, optando per la seconda soluzione indicata da Lees. Morton, Long, il sergente Bob la Roche dell'USA Air Force e William Mc Clelland delle guardie scozzesi, rimasero a Pigna per alcuni giorni.
La guida, Pierino Loi, tornò portando la notizia che una barca li attendeva a Ventimiglia. Assieme ai quattro militari lasciò il paese all'imbrunire e, dopo quattro ore di marcia, raggiunse Rocchetta Nervina, località che lasciò a notte fonda; l'alba colse il gruppo alla periferia di Ventimiglia. Qui incontrarono il figlio del proprietario dell'imbarcazione il quale diede precise informazioni sulle posizioni tedesche e indicò il percorso cittadino da seguire.
Paolo Veziano, L'ultima tappa della Missione Flap in La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020, pp. 141,142

Rosina (Luciano Mannini) racconta: "Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l’arrivo nella zona della V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni"] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati […] Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre - parte attraverso i valichi alpini e parte via mare - in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta".
Mario Mascia, L’Epopea dell’Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura di IsrecIm

Approfittammo della tregua per porre in salvo la missione alleata, la quale venne accompagnata fino ad un punto di ritrovo in prossimità del fronte germanico, ove le staffette già predisposte avrebbero dovuto guidarla attraverso le linee nemiche, fino alla terra di Francia. Come fummo in seguito informati dal comando alleato l’operazione venne ef­fettuata con pieno successo e senza la perdita di un sol uomo... Doria [Fragola Doria, Armando Izzo, capo di Stato Maggiore della V^ Brigata, da dicembre 1944 comandante della V^ Brigata] in Mario Mascia, Op. cit.

Un giorno mi fu ordinato di sorvegliare la strada per Pigna perché dovevano scendere dei partigiani, forse perché accompagnavano ufficiali alleati. Mi lasciarono sul ponte del Nervia al bivio per Rocchetta [Nervina (IM)] con due pecore e due capre per fingermi pastore al pascolo. Tutto andò bene, solo che alla sera le bestie non volevano saperne di ritornare al paese. Anche altre volte usai lo stesso stratagemma del pastore per visionare luoghi e sentieri e tracciare così percorsi alternativi per eludere i tanti posti di controllo fascisti.
Dopo quella avventura, Girò [Pietro Gerolamo Marcenaro] mi disse che occorreva mandare dei partigiani dagli alleati nella Francia liberata per stabilire rapporti e trasportare armi per i garibaldini. Come? Di notte, con un gozzo, remando da Vallecrosia a Monaco.
Ampelio "Elio" Bregliano, in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia <ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia - Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM)>, 2007 

Nella redazione del suo giornale a Toronto, i colleghi non ci credevano più a questo Morton, corrispondente di guerra un po' strambo e contaballe; - ma va a ramengo -,  gli dicevano annoiati. Il fatto è che sì, d'accordo, spirito d'avventura e guadagnare bene; ma fino a un certo punto.
Poi però, la pelle giocarsela a quel modo da lunatico, non gli pareva vero ai suoi colleghi del giornale canadese.
- Basta così - gli dicevano, - basta prenderci per le braghe e insistere, eppoi pretendere ancora che va bene così.
Volevano che la finisse sto corrispondente del piffero, troppo esaltato; e che andasse a portare le sue chiappe ancora più distante dal Canadà, per raccontare come si fa la guerra a modo suo, ma da lontano.
- Adesso ci ha imbidonati assai con tutte queste balle che scrive dall'Europa per l'America, basta così.
Invece no, il corrispondente di guerra Morton, proveniente da Toronto, niente impostura; ma semplice disguido, le cose le vuole scrivere come gli capitano quando, anziché in Jugoslavia come convenuto - ma fa lo stesso, che t'importa? - lo paracadutarono in Piemonte.
Scese al buio, portandosi pressappoco tutto l'occorrente dei commandos, e il fabbisogno suo personale.
Anche lì, nell'alta Italia, c'era guerriglia buona ugualmente si capisce per il suo mestiere; e allora niente da dire va bene così, tanto è lostesso; lui però, nella fretta non ci pensò a spiegarlo di volta in volta negli articoli che i posti sì, erano diversi; ma ciononostante, il mittente era d'accordo nell'interesse della cronaca.
Così, cominciò, a scrivere solo delle faccende italiane come capitavano, trascurando il maresciallo Tito; scriveva che era uguale dappertutto; e seguitava sempre sul serio, spiegando ste facçende proprio giuste come le vedeva, per guadagnarsi la paga onestamente all'avventura da una parte all'altra nella guerriglia, girando sempre.
Nelle Langhe con quelli di Mauri, ci girò subito alla va là che vai bene, come gli piaceva, curiosando sempre meglio per pratica di articoli a modo suo.
Poi, passò di qua in Liguria, perché si stava un po' annoiando a far flanella coi badogliani nella pianura monotona, coi nazifascisti in retrovia; così, gli avevano spiegato come qualmente di qua in Liguria è ancora meglio altroché, se vuole scrivere dei ribelli come succede; che di più non si può, in agitazione permanente.
Andando, gli dissero delle altre cose ancora più precise, quando lo aggregarono a quelli della missione alleata che dovevano passare in Francia, sconfinando dalla riviera sotto le Alpi Marittime, proprio dalle parti di Pigna.
Quando arrivarono nei paraggi dei garibaldini, proprio vicino al comando, Simon [Carlo Farini] lo venne a sapere; e nell'imprevisto, ci volle tentare; chissà se ci riusciva.
Si capisce che nella stella rossa, anche se adesso si chiamano garibaldini, i ribelli non sono propriamente badogliani: ma porca la miseria, vengano a vedere.
E ci vengano sul serio a prendersene una visione, se non è vero che è tutto funzionante in regola, con tutte le cose a posto per la guerriglia come va fatta. Epperciò a Piaggia, davanti al casone del comando, per fargli vedere proprio sul serio le cose tutte precise e a posto, ci mise persino i russi sull'attenti; che loro ci stavano sempre, lì fermi e ubbidienti, a montare la guardia come dei bacicciolli.
Così, quando questi gabibbi della missione alleata, eccoti che arrivano tutti spidocchiati, fumando il tabacco alla melassa che avevano, i russi gli fanno il saluto militare, sbattendo i tacchi in un colpo solo; invece tutti intorno, staffette scrivani cambusieri conducenti e informatori, ci si fanno l'idea di tutta quella roba buona vedendosela passare sotto il naso; che gli avrebbe fatto proprio di bisogno.
Così, cominciano a barbottare a denti stretti, e di su e di giù e di chi ce l'ha la roba e di chi non ce l'ha; essendo tutta una gran porcata che bisogna mandarli al caracco, dicono, con tutti i sentimenti, altro che balle.
62. Difatti macché, manco parlarne; la remenarono per chissà quanto tempo, perché volevano vederci meglio e di qua e di là e di su e di giù, prima di decidersi se dargliela la roba, sì o no.
Erano incerti se dargliela anche a questi qui, la radio trasmittente per trafficare lanci aerei di armi automatiche e roba buona, come coi badogliani; e dissero chissà.
Tu non ci puoi discutere se hai le balle in giostra e la rabbia di continuo nel discorso, essendo che i lanci porco mondo servono nell'interesse generale della impresa; tu non ci puoi discutere, per farcela capire che la causa è uguale; epperciò i lanci bisogna farceli anche a questi qui, che però sono garibaldini, non badogliani; o altrimenti li schiacciano come vermi.
Ma loro diffidenti, non vogliono saperne di decidersi, dicendotelo in cortesia; e va bene.
Tu allora però, glielo dici brutale, che è una porcata bella e buona; glielo dici a modo tuo come sai, basta farti capire senza tanti preamboli; che vadano in malora brutto mondo schifo, e si tolgano di lì.
Glielo dici alzando un po' la voce, come qualmente adesso lo hanno visto proprio bene il comando come funziona e la guerriglia pure, come la fanno; cosicché il tafanario se lo tolgano via di lì e se lo portino subito di là, sulla promenade a Nizza, insieme con le staffette che gliele danno gratis; e così gli insegnano anche la strada giusta, per fare più presto.
Passando da Pigna però, questi ufficiali francoanglocanadesi devono fermarsi per le cannonate; e lui il giornalista di Toronto stavolta anche se si sforza, l'articolo non sa proprio come scriverlo.
Non può mica spiegarglielo nell'articolo ai lettori del «Toronto star» come succede a quel modo, così vicino al fronte degli eserciti regolari, quest'altra guerra che la fanno la gente dei paesi, e non gliene importa un fico dei generali; come succede voglio dire, che ci siano questi uomini sbrindellati tutti incarogniti, che sparano a modo loro.
Non è capace a spiegarglielo, facendosi capire così da distante, come fanno questi qui a fare la guerra, anche contro l'artiglieria che gli spara da tutte le parti con tutti i calibri.
È impossibile farglielo capire, che a fare così glielo insegna all'atto pratico uno di loro che non ha manco i gradi da caporale; è inutile porcomondo riprovarci, principiando sempre da capo a scrivere l'articolo; lui lo sa.
Non si può assolutamente spiegare ai canadesi, come fa uno a comandare questa gente di paese, ribellandosi tutti i giorni coi tedeschi sempre presenti, lì sul posto; e sempre di più prepotenti; come fa uno a comandare senza manco i gradi da ufficiale, senza manco perdio l'istruzione e la divisa come si deve; soltanto perché si chiama Vittò [Ivano, Giuseppe Vittorio Guglielmo] , punto e basta.
- Questo Vittò del cavolo - dicono laggiù in America, - non c'è neppure segnato, né lui né il suo paese né la sua truppa, negli elenchi delle forze militari alleate.
Ma qui, in questi posti dell'accidenti, da non potersi manco raccontare, è vero che ci stanno lo stesso armati questi guerriglieri; anche se sono stracciati e con le scarpe rotte; e ci vengano a vedere, lui lo sa; ma non possono crederci i canadesi a queste storie di guerriglia, che paiono proprio inventate da un contaballe maiuscolo, per prenderli in giro.
Paiono scritte così di corsa, una sull'altra, come se fosse sempre il cinema di arrivano i nostri, e ancora di più.
- Ma come fanno - dicono; - come fanno mondo cane, gente stracciata senza munizioni sussistenza rifornimenti armerie e graduati, come fanno a continuare senza niente; come fanno contro i tedeschi, che invece sono specialisti, avendo mezzi corazzati munizionamento a bizzeffe, e tutto il resto?
63. Dunque non se lo credono per niente, di quello che succede qui su questi bricchi di confine, scordati da tutti; non se lo credono che qui non servono le carte geografiche con le bandierine sui punteruoli da spostare a mano a mano, come fanno vedere al cinema di guerra, nel quartier generale dove fanno la strategia come va fatta.
Com'è possibile che qui i partigiani sparino fin nei vicoli del paese, anche quando contro il paese c'è concentrata tutta l'artiglieria?
- Ma piantala di contar balle -  gli dicono i canadesi.
Com'è possibile che anche le donne sparino, quando non ci sono più castagne secche da raccogliere; non c'è proprio più niente da raschiare nella madia per i loro uomini da dargli da mangiare, e i tedeschi brutti bastardi bruciano il paese? Così la gente senza distinzione tutti insieme, se ne stanno fino all'ultimo in trincea; intanto piove come Dio la manda sempre più forte, e l'artiglieria tedesca non la finisce più di essere concentrata tutta lì.
- Ma dove lì, e piantala con ste balle -, gli dicono i lettori canadesi al corrispondente Morton.
- Dove lì, se tutti i giornali come si deve, dicono che il fronte è fermo; è tutto calmo da cima a fondo sul territorio italiano? Eppoi, questo paese di Pigna che tu dici, nemmeno a cercarlo con la lente noi lo troviamo sulla carta geografica, va bene? Adesso perciò, tu la finisci di imbidonarci; e l'impostore tu assolutamente non lo fai più sui giornali canadesi, hai capito?
Ma il corrispondente Morton alza le spalle, sputa per terra, dice parolacce e stringe i denti andando avanti a scrivere per conto suo, perché altro che balle: una volta passando per caso, anche se non se lo credono; passando per  caso in cerca di notizie da queste parti, le vide sul serio eccome queste cose, così come le scrisse; da non scordarsele mai più.
Ne vide ancora delle altre, che andando avanti, non seppe manco più scriverle da farsi capire, raccontandole come capitavano da una volta all'altra; voglio dire come erano successe veramente su questi bricchi lì per lì.
E così, stringendo i denti e i pugni, invece dell'articolo, quella volta dice che ci scriverà sopra un libro tutto intero su questa faccenda di confine, che non sembra vera.
- E questo libro, prima di tutti lo dovranno leggere anch'essi i canadesi; perché glielo farò vedere eccome, che ci sono proprio stato in questi posti qui. Eppoi, nel libro ci metterò precisi i nomi e i cognomi di tutti i testimoni: porcomondo se lo leggeranno anch'essi i canadesi -.
Adesso intanto, cerca di fare in tutti i modi come può, da giornalista serio il suo mestiere di corrispondente di guerra; eppertanto si sforza di dirglielo tutto in breve, facendosi capire tra le cannonate - vous ètes magnifiques. Vous ètes vraiment tres magnifiques, very good une very bataille; thank you, vive Vittò e Garibaldini.
Con le staffette che li portano al battello per passare di là, se ne vanno ancora tutti impiastricciati del fango di Pigna tra le cannonate, questi ufficiali in divisa kaki che stentavano a farsi capire dai paesani.
Se ne vanno a Nizza così, lui Morton corrispondente di guerra canadese e Long, Mac Lelland, Larouche, ufficiali regolari della missione alleata.
Se ne vanno in silenzio a capo chino, dopo aver salutato alla militare ciascuno per la sua parte: salutano e ringraziano di aver imparato come si fa la guerra ai nazifascisti, qui sul confine italofrancese, da soli, tutti stracciati e con le scarpe rotte.
Ma sul fronte, segnato nelle carte geografiche del quartier generale con le bandierine tutte ferme, tutto rimane tranquillo e sempre uguale; sicché loro se ne vanno, dopo aver imparato queste cose e delle altre ancora si capisce mentre in America non ci credono per niente, non sanno nemmeno chi è questo Vittò.
E se uno glielo dice, magari raccontandoglielo giusto sul giornale, gli dicono che è scemo, e che la pianti lì di scrivere delle balle.
Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982, pp. 95-99