lunedì 26 dicembre 2022

Venne a Bordighera un ufficiale della Milizia Confinaria a prelevarmi con un'autovettura per trasportarmi a Ventimiglia

Bordighera (IM): Piazza Eroi della Libertà (Piazza della Stazione)

A Ventimiglia in ambienti che gravitavano intorno alla stazione ferroviaria si formò una rete clandestina con l’obiettivo di sabotare i trasporti tedeschi e difendere le infrastrutture ferroviarie e stradali in concomitanza di un’eventuale sbarco alleato. A questa organizzazione aderirono una decina di ferrovieri assieme a carabinieri, poliziotti, civili. Il gruppo, che assunse il nome di Giovine Italia, riuscì a collaborare con un’altra organizzazione legata al partito comunista di Bordighera, la quale in clandestinità forniva documenti falsi a militari sbandati e antifascisti ritenuti sovversivi dalle autorità della Repubblica Sociale. Gli ufficiali dell’esercito e i carabinieri che aderirono avrebbero dovuto stabilire il controllo dell’ordine pubblico una volta il territorio fosse stato liberato. A causa di un incauto approccio da parte di Olimpio Muratore, tentato con due suoi compagni di scuola arruolatisi nella GNR ferroviaria, Carlo Calvi e Ermanno Maccario, questi rivelarono l’esistenza dell’organizzazione al loro comandante. Iniziarono subito le indagini portate avanti dalla G.N.R. e dal Commissario Capo della Polizia Repubblicana di Ventimiglia, Pavone. All’alba del 23 maggio 1944 una retata portò alla cattura di una trentina di persone, ventuno delle quali consegnate ai tedeschi, e di queste tredici furono successivamente inviate a Fossoli e poi a Mauthausen: Airaldi Emilio, Aldo Biancheri, Antonio Biancheri, Tommaso Frontero, Stefano Garibaldi, Ernesto Lerzo, Amedeo Mascioli, Olimpio Muratore, Giuseppe Palmero, Ettore Renacci, Elio Riello, Alessandro Rubini, Silvio Tomasi, Pietro Trucchi e Eraldo Viale. Solamente Elio Riello, Tommaso Frontero, Amedeo Mascioli, Aldo e Antonio Biancheri sopravvissero alla deportazione. Emilio Airaldi, invece, già sul carro merci destinato in Germania, riuscì a scardinare un finestrino del carro e a gettarsi di notte nel vuoto nei pressi di Bolzano; venne aiutato da ferrovieri che lo aiutarono s nascondersi e quindi a ritornare a casa dove giunse dopo 3 mesi. Giuseppe Palmero e Ettore Renacci furono fucilati a Fossoli, Olimpio Muratore, Silvio Tomasi, Alessandro Rubini, Eraldo Viale, Ernesto Lerzo e Pietro Trucchi morirono nel campo di Mauthausen.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]

Bordighera (IM): l'ex Farmacia di Corso Italia

Io sottoscritto, Biancheri Antonio di Fabrizio, reduce del famigerato campo di concentramento di Mauthausen, sporgo denuncia contro MORETTA SALVATORE ex milite della G.R.F. [n.d.r.: Guardia Nazionale Repubblicana], ed espongo quanto segue:
                    Nella notte tra il 22 ed il 23 Maggio 1944 alle ore 24 circa MORETTA si presentò nella mia abitazione in compagnia del milite scelto COSOLA GIONA ANTONIO, del brigadiere della G.R.F. CALESTANI GIORGIO e dell'appuntato dei carabinieri della stazione di Bordighera ORSINI NUNZIO e con essi mi dichiarò in arresto, rifiutando di dirmene il motivo. Poco dopo, coadiuvato dai suoi compagni, procedette ad una minuziosa perquisizione, che diede esito completamente negativo, perché nel frattempo, eludendo la loro vigilanza, avevo potuto fare scomparire alcuni documenti assai compromettenti per me. Nella perquisizione fu sequestrata tutta la mia corrispondenza personale, anche quella datata a tre o quattro anni innanzi. Terminata ogni operazione fui accompagnato dal MORETTA e dagli altri nella sede della G.R.F. in Piazza della Stazione, accanto agli uffici delle Poste e Telegrafi, dove, circa un'ora dopo, venne un ufficiale della Milizia Confinaria a prelevarmi con un'autovettura per trasportarmi a Ventimiglia; e così ebbe inizio la mia lunga e terribile odissea che mi portò a  Mauthausen.
                   Dichiaro inoltre che circa un mese prima del mio arresto mi ero accorto che il MORETTA mi pedinava e ne ebbi la prova un giorno in cui con il mio amico GARIBALDI STEFANO, tutt'ora in Germania, mi recai nella farmacia Ugolini, in corso Italia, e dall'interno di essa attraverso le tendine potei constatare che il MORETTA ci aveva seguito e si era fermato dinnanzi alla farmacia attendendo la nostra uscita: feci notare la cosa anche al Garibaldi. Dopo che fummo usciti potei scorgere il MORETTA che continuava a seguirci e che ci seguì fino al momento in cui lasciai il Garibaldi.
                  Quanto sopra esposto dichiaro di mia spontanea volontà e sul mio onore di libero cittadino italiano, con la certezza che da parte degli organi preposti alla epurazione si tenga nel debito conto la mia denuncia e che si infligga una dura e meritata punizione a questa losca figura di collaboratore.
Antonio Biancheri, Denuncia contro Moretta Salvatore milite della ex G.R.F. al Comitato di Liberazione Nazionale di Bordighera, Bordighera, 6 luglio 1945. Documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo

giovedì 1 dicembre 2022

Non appena venne costituito il PFR a Bordighera fui uno dei primi a dare la mia adesione

Bordighera (IM): Villa Centallo, sulla Via dei Colli


Bordighera (IM): Villa Amica, prossima al Paese Alto

Bordighera (IM): un pino centenario segna idealmente l'ingresso, tra Via Ulivi e Via Pasteur, della da tempo scomparsa Villa Cappella

Bordighera.
Il 10 settembre 1943 i Tedeschi occupano la Caserma dei C.C.R.R. [Carabinieri]; pongono un Comando marina all'Hotel Paris, poi a Villa Rosa, una radio trasmittente a Villa Centallo, un reparto SS a Villa Cappella e un reparto a Torre Mostaccini (un totale di circa 100 uomini). Nella primavera del 1945 fascisti S.S. s'insediano a Villa Amica, un manipolo di militi della brigata nera "A. Padoan", comandato dal colonnello Manero di Alessandria, occupa la Casa del Fascio; in città spadroneggia il capitano Bramballi.
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio Isrecim, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977 
 
Il 22 ottobre [1943] giunse a Triora il tenente tedesco Halber, che, accompagnato da due fascisti, si rifornì di benzina e viveri. Nello stesso periodo soldati tedeschi collocarono delle mine lungo la strada di valle Argentina e nei ponti che ne attraversavano il torrente. Il giorno seguente il capitano maggiore tedesco Edgard fece arrestare l'ex capitano della Compagnia della GAF di stanza a Triora Eugenio Danovaro, e il podestà del paese Carlo Pesce, che venne però rilasciato. Danovaro fu invece condotto a Bordighera e sottoposto a stringente interrogatorio per sapere se sulle montagne trioresi vi fossero bande di partigiani e disertori.
Redazione, La Storia di Triora, Comune di Triora 
 
Bordighera (IM): Villa Rosa
 
Bordighera (IM): Hotel Parigi, sul Lungomare
 
Bordighera (IM): la linea ferroviaria in prossimità di Ospedaletti

dalla LIGURIA
Imperia
Il 17 corrente, tra le stazioni ferroviarie di Bordighera e Ospedaletti, nel corso di un'azione navale, due siluri, che avevano fallito il bersaglio, andavano a colpire il muraglione di sostegno della linea ferroviaria, causando gravi danni ai binari e ad una casa cantoniera.
Nell'accaduto rimanevano feriti due cantonieri delle FF.SS. 
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) del 26 luglio 1944, p. 16. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti   

Bordighera (IM): collina della Torre Mostaccini

12/9. Bordighera (Imperia)
Ore 17.30 - mitragliamento e sgancio di bombe sull'abitato. Nessun danno. La maggior parte delle bombe sono cadute in mare. Uno degli apparecchi incursori, colpito dalla difesa contraerea, precipitava in località "Camporosso" [n.d.r.: diverse fonti, non ultime quelle statunitensi (che non parlano, oltrettutto, di un pilota fatto prigioniero), indicano in Bordighera il territorio su cui avvenne l'impatto; e voci tramandate oralmente si spingono a indicare la zona di Torre dei Mostaccini]. Un pilota caduto e l'altro, ferito gravemente, è stato catturato.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) del 1 ottobre 1944, p. 48. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti 
 
Carlo Unger di Löwenberg, trentottenne lucchese di nascita a dispetto del patronimico tutto teutonico, e il suo vice Silvio Fellner, triestino cinquantatreenne, erano stati giustiziati alle una del mattino di sabato 19 agosto 1944 con una scarica di machinen pistole nel cortile della stamperia del forte San Giorgio, sede genovese del Comando germanico della Kriegsmarine. Quivi era stata allestita in tutta fretta una corte marziale presieduta dal comandante Berlinghaus e composta da soli ufficiali tedeschi compreso il difensore d’ufficio. Prima dell’esecuzione ai due condannati era stata negata l’assistenza religiosa e, a Löwenberg, un ultimo incontro con i familiari, col pretesto che “non c’era tempo”. La motivazione della sentenza giunta sino a noi recita testualmente: “per alto tradimento in tempo di guerra e di fronte al nemico”. Formalmente venne imputato ai due alti ufficiali di aver ordinato, senza averne facoltà, il ripiegamento delle forze di mare distaccate nella Liguria di ponente traducibile, in pratica, nell’imputazione appunto di “alto tradimento”. Ma la realtà consacrata da una documentazione inoppugnabile non sembra poter accreditare tale impostazione accusatoria né riconoscere alla sentenza una corretta e convincente proporzionalità tra l’esiguità della presunta colpa e l’abnormità della pena comminata e subito eseguita. Infatti la prima si fonda esclusivamente sui telegrammi inviati dal comandante Löwenberg il 14 agosto 1944 alla stazione segnali di Bordighera, al posto radio di Arma di Taggia e agli uffici di porto di Sanremo e Imperia per disporre il ripiegamento su Genova del personale (peraltro non necessario alla difesa in quanto prevalentemente civile e difatti ritirato più tardi dalle stesse autorità germaniche), mentre la seconda è in aperto evidente contrasto con quanto disposto dall’articolo 5 del regolamento, sulla posizione del personale della Marina italiana che collabora con la Marina germanica, che imponeva dover essere i due ufficiali eventualmente giudicati da un tribunale italiano.
Vittorio Civitella *, Zolesio e l’opera di intelligence di Fellner e Unger di Löwenberg in Storia e Memoria, Ilsrec, Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, anno XXV, n. 2/2016 - * Testo dell'intervento tenuto al convegno "Momenti e figure della Resistenza nel Tigullio. Una storia che non può essere travisata", organizzato dall’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea (Chiavari, Civico auditorium San Francesco, 23 aprile 2016) 

Borghetto San Nicolò, Frazione di Bordighera (IM), e Vallebona (IM)

Una vista da Borghetto San Nicolò, Frazione di Bordighera, su Negi, Frazione di Perinaldo (IM)

Seborga (IM): Strada della Villa

Sentenza nella causa penale contro Gepponi Antonio di Amerigo e di Odino Giuseppina, nato a Ventimiglia il 16.7.1922, ivi domiciliato
Detenuto - presente
Imputato
[...] partecipando in concorso con altri dal gennaio al marzo 1945 a rastrellamenti nelle zone di Seborga, Bajardo, Perinaldo, Vallebona, Vallecrosia, Neggi e Soldano per la ricerca dei renitenti alla leva e di disertori della cosiddetta repubblica sociale italiana nonché di patrioti. Reato punibile a sensi dell'art. 112 C.P. e 58 C.P.G.M.
[...] Riferiva il comando di polizia di Bordighera che Gepponi Antonio era stato arrestato il 25 aprile 1945 poiché faceva parte del distaccamento della brigata nera di Bordighera, che risultava di aver egli preso parte a numerosi rastrellamenti [...] Aggiungeva il rapporto che l'imputato aveva preavvisato al maggiore Raimondo, ricercato dalle SS tedesche, di porsi in salvo e a tale Lippi di Bordighera della classe 1923 quando i rastrellamenti dovevano essere compiuti [...] dichiarava di avere preso parte a diversi rastrellamenti, di aver concorso a fermare renitenti alla leva, disertori e patriotti, ma senza sottoporli a sevizie e senza incrudelire, di essersi arruolato nella brigata nera per il bisogno, di avere sequestrato per ordine del comandante Bonfante [...]
La Corte Straordinaria d'Assise di Sanremo, documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo

Bordighera (IM): uno scorcio del Parco Winter in Arziglia

Bordighera (IM): la Villa Llo di Mare, adiacente all'attuale Parco Winter ed all'epoca abitata da Giuseppe Porcheddu e dalla sua famiglia

Il Raimondo al quale si accenna nella sopra citata sentenza Cas a carico di Antonio Gepponi, era Luigi Raimondo, maggiore degli alpini a riposo, che si incontra attivo nella Resistenza sia in occasione della Missione Flap che della prima Missione Corsaro. Raimondo, poi, aveva asserito (documento IsrecIm, copia di Giorgio Caudano), di essere stato incaricato dal capitano Gino Punzi di portare una radio ricetrasmittente a Vallecrosia, ma si può presumere che si trattasse di Bordighera, dove sia Giuseppe Porcheddu in Arziglia sia i Chiappa, padre e figli, sempre in Bordighera, nel loro garage situato quasi in centro città, risultano da diverse fonti essere stati coinvolti nella vicenda testè richiamata. Nella testimonianza, ancora, di Paolo "Pollastro" Loi (documento IsrecIm, copia di Giorgio Caudano, già parzialmente pubblicato in diverse opere sulla Resistenza), nella parte mirata al racconto del suo arrivo ad aprile 1945 dalla Francia (con sbarco a Vallecrosia e prosecuzione dell'incarico - affidato al suo gruppo dagli alleati - di portare materiale ai garibaldini in montagna) si viene a sapere del suo incontro dalle parti della Valle Argentina con il maggiore Raimondo ormai in fuga. Infine, per la registrazione dell’atto di morte del capitano Punzi presso il comune di Ventimiglia (Dario Canavese di Ventimiglia: "l’ufficiale dello Stato Civile di Ventimiglia ricevette dal Tribunale di Sanremo, mediante copia di sentenza dell’11.08.1947, l’autorizzazione ad eseguire la compilazione tardiva dell’atto di morte") comparvero come testimoni Luigi Raimondo ed il figlio Mario (Mario Raimondo "Mariun", che si era a suo tempo speso, oltre che con il padre, anche con Efisio "Mare" Loi, a sua volta genitore del mentovato Paolo Loi e di Pietro Loi - quest'ultimo coinvolto nella Missione Flap ed in altre operazioni con gli alleati -, e Albino Machnich, nella raccolta di informazioni militari).
Adriano Maini

Bordighera (IM): l'abitazione dei Fratelli Biancheri, vicina alla stazione ferroviaria

Sentenza nella Causa penale con citazione diretta contro Casaroli Elda di Maria Casaroli nata a Piacenza il 25 settembre 1919, res. Bordighera
[...] L'Ufficio di polizia di Bordighera riferiva il 23 giugno 1945 al P.M. presso la Corte Straordinaria che Casaroli Elda era stata tratta in arresto il 6 dello stesso mese, perché ritenuta responsabile di collaborazione coi tedeschi, avendo provocato la cattura di due patriotti [i fratelli Biancheri] che poi vennero fucilati e di Buccella Orlando, guardia di finanza, che aveva disertato
[...] Dichiara Casaroli Elda colpevole del reato ascritto [...] la condanna ad anni 8 e mesi 4 di reclusione, alla confisca dei beni, ed alle spese [...]
Sanremo, 7.9.1945
Il Presidente fto: Montulli
il cancelliere fto: Marotta.
La Corte Straordinaria d'Assise di Imperia, documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo

Bordighera (IM): ex Albergo Tennis

Bordighera (IM): ex Albergo Tennis

Feroldi Arnaldo: nato a [Torricella del] Pizzo (CR) il 15 agosto 1897, squadrista della Brigata Nera “Padoan”, presidio di Bordighera.
Interrogatorio del 2.6.1945:
Risiedo a Bordighera dal 1930, sono il proprietario dell’Albergo Tennis. Sono iscritto al PNF dal 1921. Ho partecipato alla marcia su Roma. Non appena venne costituito il PFR a Bordighera fui uno dei primi a dare la mia adesione e la mia iscrizione risale al 7 novembre 1943. Non potevo non iscrivermi avendo dato la mia adesione al PNF fin dal 1921 ed infine mi preoccupavo anche della mia situazione personale avendo io sposato una cittadina inglese. Venni quindi nominato vice segretario del fascio di Bordighera e incaricato di organizzare opere di assistenza a favore di sinistrati e degli sfollati.
Conoscevo ed ero in rapporti anche con il Bonfanti, segretario politico del fascio di Bordighera e comandante del locale presidio della brigata nera.
Quando venne istituito il presidio della brigata nera di Bordighera venni iscritto d’ufficio come semplice legionario. Ho partecipato a due riunioni tenute dal federale di Imperia in cui si faceva propaganda allo scopo di invogliare i cittadini ad arruolarsi nelle file del distaccamento. Io però ero contrario ad arruolare elementi di non provata fede e questa mia convinzione si è avverata in seguito in quanto sono stati arruolati degli elementi che hanno danneggiato l’opera intrapresa dal partito.
Mi sono allontanato da Bordighera la sera del 22 aprile [1945], alle ore 20 e 30, con una quindicina di esponenti del fascio locale fra cui Bonfanti, Gallo ed altri. Ci siamo diretti prima a Sanremo presso quel fascio ove in unione agli stessi fascisti di Sanremo ci siamo avviati su un camion, messo a disposizione dalla federazione, ad Imperia, ove pernottammo presso quella caserma della brigata nera.
Ad Imperia ho saputo che ci avrebbero convogliato a Milano, unitamente ai fascisti della provincia. Da Imperia il giorno successivo partimmo con un camion e raggiungemmo Savona. In quella città ci siamo associati a circa un migliaio di appartenenti alla Divisione San Marco, i quali ripiegavano, come noi, senza meta. A Cadibona abbiamo raggiunto anche una colonna di tedeschi in ritirata. Detta colonna si ingrossava sempre di più fino a raggiungere una lunghezza di 5 o 6 chilometri. La seconda notte pernottammo in un paesetto oltre il Cadibona ed il mattino successivo raggiungemmo Acqui dove ci fermammo e pernottammo. Da Acqui proseguimmo per Alessandria e quindi per Valenza.
Soggiungo che nelle vicinanze di Acqui la colonna venne attaccata da aerei nemici per circa un’ora in azione di mitragliamento a bassa quota ed in simile azione trovarono la morte parecchi fascisti e molte donne, danneggiati automezzi ed uccisi cavalli. In seguito alla suddetta azione, il Federale Massina consigliò l’elemento femminile che faceva parte della colonna ad arrangiarsi come poteva. Proseguimmo poi per Valenza ed in quella città per accordi intervenuti fra il Generale Farina, comandante della Divisione San Marco, e le autorità partigiane ci hanno lasciato proseguire indisturbati, previo però il totale disarmo della colonna che è avvenuto senza colpo ferire. A Valenza la colonna si sciolse, io ed il comandante del presidio della brigata nera di Imperia, Bonfanti, precedentemente ferito ad una cosca da una fucilata sparatagli dopo Imperia dai partigiani e la segretaria dei fasci femminili di Bordighera, Signorina R., abbiamo preso alloggio in quell’albergo Croce di Malta ove ci siamo spogliati della divisa della brigata nera. Dopo un giorno, preoccupati di ottenere un documento per poter proseguire il viaggio, ci siamo presentati all’ufficio locale di polizia ove hanno voluto dei chiarimenti sulla nostra provenienza. Non nascondemmo che eravamo fascisti e di aver fatto parte della disciolta colonna ed allora ci hanno fermati e tradotti in carcere. Dopo sei giorni, un membro del CLN di Imperia ci fece portare nel carcere di Alessandria. Con me furono tradotte un centinaio di persone tutti appartenenti alla provincia di Imperia mentre il Bonfanti venne portato in ospedale e la signorina R. era già stata rimessa in libertà. Dopo una notte di permanenza nel carcere di Alessandria, scortati dai carabinieri, ci portarono in treno fino a San Giuseppe di Cairo dove si pernottò nella stessa stazione. L’indomani, con camion, ci portarono nelle vicinanze di Alassio e poscia pernottammo nella stessa città. Raggiungemmo quindi Oneglia ove fummo tutti rinchiusi in quel carcere.
[...] Anfossi Amedeo: nato a Sanremo il 27 novembre 1915, milite della GNR in servizio presso il Comando Provinciale della GNR, compagnia di Sanremo.
Interrogatorio dell’8.6.1945:
Mi sono arruolato nella GNR nel mese di febbraio del 1944 e dal Comando provinciale di Sanremo fui destinato in servizio a Sanremo, prima a Villa al Verone e poi all’ex caserma dei carabinieri. Prestavo servizio lungo la linea ferroviaria Bordighera-Arzilia. Nel giugno del 1944 mi ferii ad una mano per cui dovetti stare tre mesi senza prestare servizio.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019 

giovedì 10 novembre 2022

A Dolceacqua colpi di cannone dei partigiani hanno messo fuori combattimento due carri armati tedeschi

Una vista da Località Morghe di Dolceacqua (IM)

Le prime truppe tedesche giungevano a Dolceacqua il 10 settembre 1943, successivamente sostituite da altre ogni trenta-quaranta giorni, per rimanervi fino al 23 aprile 1945. Durante tale periodo effettuarono numerose perquisizioni domiciliari, asportando spesso e volentieri materassi, coperte, biancheria, apparecchi radio, biciclette e tutto quello che era necessario alla soldatesca. Famiglie intere furono obbligate a sgomberare le loro case che venivano occupate dalla truppa e dai Comandi. Rapine furono compiute anche nelle case fatte sgomberare e nelle case di campagna, con prelievo di pecore, capre, agnelli, mucche e prodotti agricoli. Il Comune era sempre stato in contatto con le Autorità provinciali fino al 24 aprile 1945, mentre rimaneva staccato durante l'occupazione francese.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria) - vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016 

Il Comando delle Brigate Nere ha una vasta rete di spionaggio che fornisce informazioni sui movimenti e sull'ubicazione delle formazioni partigiane.
Nel mese di giugno 1944 il predetto Comando ha a sua disposizione molte notizie sulla situazione numerica dei garibaldini e ne traccia un prospetto:
[...] Zona di Dolceacqua
Circa 70 ribelli armati trovansi nei pressi della Cappella dell'Addolorata, tra Dolceacqua e Monte Belgestro. Pare che altri gruppi di ribelli pure armati si trovino sulla cispluviale tra Roverino (Val Roja) e Camporosso (Val Nervia). Notati gruppi di avvistamento al chilometro 9 della strada Dolceacqua-Isolabona ed alla q. 370. [...]
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

2.9.1944 - Distaccamenti della V^ Brigata combattono oltre Pigna (IM). A Dolceacqua colpi di cannone dei partigiani hanno messo fuori combattimento due carri armati tedeschi tipo "Tigre". I tedeschi hanno abbandonato diverse zone. Una squadra del Distaccamento Comando della V^ Brigata, dopo aver fatto un'azione di cannoneggiamento sulle posizioni tedesche di Dolceacqua (IM), attaccava sulla rotabile Pigna-Isolabona (IM) un'ottantina di tedeschi, che tentavano di passare il ponte rotto per entrare in Pigna. Dopo parecchie ore la squadra ripiegava perché i tedeschi abbandonavano la zona. Da parte tedesca tre morti e diversi feriti. Per quanto riguarda i partigiani, veniva preso prigioniero il Vice Comandante "Fuoco" e si registravano due feriti. documento ufficiale della II^ Divisione Garibaldi "Felice Cascione" riprodotto in Mario Mascia, L'Epopea dell'Esercito Scalzo, ed. A.L.I.S, 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia

Prima del nostro arrivo [fine settembre 1944] le forze tedesche e fasciste operanti da ISOLABONA e DOLCEACQUA  avevano tentato 3 volte senza successo di entrare a PIGNA. 
capitano G. K. Long, artista di guerra, Relazione sulla Missione Flap, documento inedito rispetto all'opuscolo di cui infra, copia di Giuseppe Mac Fiorucci per la preparazione del suo Gruppo Sbarchi Vallecrosia, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia - Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM), 2007

Dolceacqua (IM)

A fine settembre [1944] i presidi tedeschi di Isolabona e di Dolceacqua furono notevolmente rafforzati.
Mario Mascia, Op. cit.
 
15/9. Dolceacqua: Ponte Barbaira.
Ore 16 - azioni di mitragliamento in aperta campagna. Nessun danno. Due feriti uno dei quali gravemente.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 1 ottobre 1944, p. 48. Fonte: Fondazione Luigi Micheletti   

[a Dolceacqua] il disarmo di una squadra di militi del battaglione San Marco attuato il 27 agosto del 1944 da parte di una pattuglia del 4° Distaccamento della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni". Tra i caduti si segnalano i due giovanissimi fratelli Amelio e Giuseppe Rondelli, catturati dalle SS il 23 novembre 1944 e fucilati sulla porta del cimitero del paese due giorni dopo.
Andrea Gandolfo, La provincia di Imperia. Storia, arti, tradizioni, Blu Edizioni, 2005
 
Nell'inverno e nella primavera del 1945 l'Esercito Germanico per procurarsi olio diede inizio alla raccolta delle olive utilizzando per "aramare" ossia bacchiare e far scendere il frutto dagli alberi, abitanti di Rocchetta, Dolceacqua e Trucco che venivano trasportati in paese con autocarri militari.  
Lorenzo Rossi, Airole 500 anni. La storia di un paese nella cronaca di cinque secoli, Comune di Airole, 1998 

Dolceacqua (IM)

A Dolceacqua un CLN non fu mai costituito. Agivano comunque elementi isolati che aiutavano i partigiani in tutti i modi possibili ed in ogni circostanza. Avrebbe potuto essere membro del CLN di Dolceacqua l'antifascista Agostino Salamito, e con lui pensiamo di ricordare tutti quei "civili" che, nel Comune, hanno collaborato con la Resistenza, a cominciare da Amelio Rondelli e Giuseppe Rondelli, fucilati perché ritenuti collaboratori dei partigiani.
Questa in estrema sintesi la situazione a Dolceacqua durante i venti mesi della Resistenza. Ma verso la fine di quel sofferto periodo avvenivano degli episodi particolarmente tragici, che vale la pena rievocare con un minimo di dettaglio. A metà febbraio 1945 era stato commesso un ingente furto di esplosivo, per cui il Comando tedesco aveva avvertito che, se entro ventiquattro ore la refurtiva non fosse stata restituita, avrebbe fatto fucilare degli ostaggi e bruciato il paese. A tali minacce una ragazza del paese denunciava due giovani del luogo come autori del furto. Massimo Velio e Mario Tornatore venivano arrestati e fucilati nel cimitero locale il 16 febbraio 1945.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole, Op. cit.
 
Dolceacqua (IM)

Il 18 marzo 1945 in un rastrellamento nazifascista vennero catturati a Dolceacqua (IM) 5 partigiani. Detto rastrellamento era stato provocato dal maresciallo repubblichino Luigi Salvagni per vendicare il fratello Federico Agostino, maresciallo della G.N.R. ucciso dai patrioti in quanto guida dei tedeschi nelle pregresse barbare aggressioni a Rocchetta Nervina, Soldano e Seborga.
L’operazione riguardò anche il comune di Bordighera. Veniva cercato in modo particolare Ettore Biancheri. Otto giovani vennero riconosciuti come partigiani: arrestati, furono torturati e fucilati il 21 marzo 1945 presso Forte San Paolo di Ventimiglia.
Tra questi martiri, Paolo Biancheri (Paolo), nato a Bordighera, e i due fratelli Biancheri, detti Lilò, Bartolomeo ed Ettore, patrioti del Gruppo Sbarchi di Vallecrosia. Un documento d’epoca indirizzato al CLN di Bordighera, oggi conservato a Sanremo, ricorda che essi vennero fucilati insieme a Paolo Balbo (Pietro), Adolfo Piuri (Stella), Giuseppe Rosso (Pierino), Emilio Sasso (Puma) e Giuseppe Verrando (Mil).  
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
Il 18 marzo 1945 durante un rastrellamento fascista a Dolceacqua vengono arrestati Balbo Paolo, Piuri Adolfo, Rosso Giuseppe, Sasso Emilio e Verrando Giuseppe. Dopo esser stati interrogati dai fascisti brigadiere repubblicano Verardi Achille, Maresciallo Stillo Giuseppe e caporal maggiore Piccinini Pietro, vennero consegnati al Comando Tedesco di Bevera, Frazione di Ventimiglia (IM) nella casa del Barone Galleani. Il gruppo di Dolceacqua e quello di Bordighera, di cui facevano parte Biancheri Paolo e i fratelli Biancheri Bartolomeo e Ettore, dopo pochi giorni di prigionia, e presumibilmente sottoposti a torture, vengono fucilati in località forte San Paolo.
Giorgi
o Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, Edito dall'Autore, 2020
 
[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, Edito dall'Autore, 2016  ]
 
Da documenti conservati nella cartella personale del partigiano caduto Piuri Adolfo (Archivio ISRECIm: II T 293) risulta che il 18 marzo 1945 durante un rastrellamento fascista a Dolceacqua, provocato dal maresciallo repubblicano Salvagni Luigi per vendicare il fratello Salvagni Federico Agostino, maresciallo della G.N.R. ucciso dai patrioti perchè guida dei tedeschi nelle barbare aggressioni di Rocchetta Nervina, Soldano e Seborga (detto Salvagni Federico Agostino è citato a pag. 208 del volume “I Caduti della R.S.I. Imperia e provincia”, a cura di Alberto Politi, come caduto il 3.10.1944 nel territorio di Castelvittorio) furono catturati i partigiani: Balbo, Piuri, Rosso, Sasso, Verrando G.. Dopo esser stati torturati dai fascisti brigadiere repubblicano Verardi Achille, Maresciallo Stillo Giuseppe e caporal maggiore Piccinini Pietro, vennero consegnati al Comando Tedesco di Bevera (frazione di Ventimiglia) nella casa del Barone Galleani.
Il Comandante tedesco della zona di Dolceacqua era Obert Hippel della 38^ divisione - rep. 1 - Fanteria residente a Isolabona.
Dei 5 partigiani suddetti si perdono le tracce. Da una lettera del 2 luglio 1945 della Questura di Imperia indirizzata al CLN prov.le di Imperia si comunica che in data 17.06.1945 sono stati rinvenuti in località Forte San Paolo i cadaveri di 9 (?) garibaldini trucidati dai nazifascisti tra cui i 5 partigiani menzionati.
Sabina Giribaldi, Episodio di Forte San Paolo, Ventimiglia, 18-21.03.1945, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia
 
Dolceacqua (IM): il Castello Doria

Nella mattinata del 18 marzo 1945 i nazifascisti eseguivano un duro rastrellamento nella sola Dolceacqua, voluto dal maresciallo repubblicano Luigi Salvagni, di servizio a Sanremo, per vendicare la mortedel fratello Federico, giustiziato dai patrioti perché guida dei tedeschi nelle barbare aggressioni a Rocchetta Nervina, Soldano e Seborga. Venivano così catturati i patrioti Paolo Pietro Balbo (Pietro), nato nel 1928; Adolfo Piuri (Stella), nato nel 1924; Giuseppe Rosso (Pierino), nato nel 1926; Adolfo Piuri (Stella), nato nel 1924; Giuseppe Rosso (Pierino), nato nel 1926; Emilio Sasso (Puma), nato nel 1926 e Giuseppe Verrando (Mil), nato nel 1921. Il giorno successivo i cinque giovani venivano portati in casa di Teodoro Rosso, sempre a Dolceacqua, e pestati tanto barbaramente da far colare il loro sangue sul pavimento, battuti e martirizzati con cinghie, calci e pugni dal brigadiere Achille Verardi e dai militi della Brigata Nera, marescialo Giuseppe Stillo e caporale Pietro Piccinini. Nel pomeriggio venivano condotti al Comando tedesco di Bevera [Frazione di Ventimiglia], ubicato nella casa del barone Galleani, alla presenza di Obert Hippel, comandante della zona di Dolceacqua. Dunque, consegnati ai tedesci, si perdevano le loro tracce, anche oltre la Liberazione. Dopo più di due mesi di incessanti ricerche, il 17 di giugno nel forte San Paolo di Ventimiglia venivano rinvenuti, tra diversi altri, i corpi dei cinque patrioti assassinati dagli Unni al servizio dell'esercito tedesco.
Oltre una ventina di cittadini di Dolceacqua riceveranno il brevetto di partigiano combattente dalla Commissione Militare regionale ligure. Tra loro i cinque caduti più sopra menzionati, come pure il partigiano Giuseppe Dall'Orto che, catturato e deportato in Germania, sarebbe col tempo riuscito a ritornare a casa.
Dolceacqua subiva numerosi bombardamenti aerei e navali con la conseguente distruzione di otto edifici, mentre altri cinquantacinque rimanevano danneggiati compresi le scuole ed il cimitero. Dal 17 agosto 1944 al 21 febbraio 1945, quattordici bombardamenti causavano complessivamente sette vittime: Emma Barberis, Giuliano Petri, Carmela Pasquale, Vanda Alloni, Mario Gavazzi, Rosa Rigoni, Carlo Giglio. Ricordiamo pure Silvano Crivelli.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole, Op. cit.
 
4 gennaio 1945 - Dal comando del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione",  prot. n° 32, al comando della V^ Brigata - Relazione militare: a Isolabona (IM) si trovavano 200 tedeschi, così come ad Apricale (IM); a Dolceacqua (IM) 300 tedeschi...
9 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM del II° Battaglione "Marco Dino Rossi",  prot. n° 12, al comando della V^ Brigata - Segnalava che ... Dolceacqua (IM) era presidiata da circa 500 tedeschi dotati di 400 cavalli...
15 marzo 1945 - Dal comando della V^ Brigata, prot. n° 342, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della II^ Divisione - Comunicava che... sembrava che a Dolceacqua con i nuovi arrivi vi fossero addirittura 2.000 tedeschi con 500 muli al seguito...
22 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM della V^ Brigata, prot. n° 352, alla Sezione SIM della II^ Divisione - Comunicava che... a Dolceacqua i nemici superavano le 2.000 unità con una dotazione di "un alto numero di quadrupedi"...
23 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni", prot. n° 353, al comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che ... a Dolceacqua vi erano più di 2.000 nazifascisti...
2 aprile 1945 - Dalla V^ Brigata, Sezione SIM (Servizio Informazioni Militari), prot. n° 370, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ Divisione - Veniva comunicato che circa 1000 tedeschi avevano lasciato il fronte di Ventimiglia, dove tuttavia permaneva una divisione. Che tutti i comandi tedeschi erano in procinto di essere trasferiti a Vallebona e a Borghetto [San Nicolò, Frazione di Bordighera]. Che il nemico aveva minato le strade di San Biagio della Cima, di Soldano, di Camporosso, di Dolceacqua...
da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. 

venerdì 21 ottobre 2022

Punzi rivela di muoversi oltreconfine sotto copertura per svolgere attività a favore dei partigiani italiani

Una vista da Ventimiglia (IM) a Bordighera

L'attività della Resistenza francese [ n.d.r.: nel territorio occupato dall'esercito italiano ], almeno sino al 25 luglio, s'indirizzò prevalentemente verso i tedeschi cercando, viceversa, con mezzi di propaganda, di far leva sul presunto sentimento antifascista dei soldati italiani, diffondendo, fin dalla fine del 1942, volantini e materiale ciclostilato clandestino.
Per circa un anno, dunque, Gino Punzi è stanziato tra Grenoble, Marsiglia e Nizza nella Francia occupata, dove gli spostamenti sono frequenti ma la vita di presidio non offre occasioni di combattere: bisogna solo stare all'erta anche in considerazione del fatto che nel territorio francese, operano numerosi partigiani.
I primi mesi del 1943 passano senza che si verifichino avvenimenti importanti.

[...] Il 7° Alpini, essendo dislocato nelle Basse Alpi Marittime, aveva già valicato, prima della dichiarazione dell'armistizio, il vecchio confine col battaglione Feltre e con parte del Belluno; mentre il suo comandante col. Lorenzotti si era fermato a Mentone, ove il gen. De Castiglioni, proveniente da Roma, gli ordinò di prendere posizione al colle di Tenda fronte ad ovest.
Gli alpini, giunti a Ventimiglia, vi sostarono tutto il giorno 9 per attendere l'arrivo da Nizza della rimanente parte del battaglione Belluno, le salmerie ed il gruppo di artiglieria Belluno che, scaramucciando coi tedeschi, riuscirono a sganciarsi.
[...] Nella ricostruzione del quadro dei fatti non è possibile rintracciare, allo stato della ricerca, le vicende personali di Gino Punzi su documenti o memorie. Soccorre la tradizione orale che ci presenta Gino impegnato in un combattimento contro i tedeschi con la sua batteria fino all’esaurimento delle munizioni, trattare la possibilità per i suoi uomini di rientrare in Italia attraverso il monte Argentera offrendosi in ostaggio.
Nell’occasione fu sottoposto anche al disonore militare di una degradazione, azione contraria alle consuetudini militari e alle convenzioni internazionali che si spiega con il disprezzo dei tedeschi per l’ex alleato traditore.
Assicuratosi della salvezza dei suoi uomini, si diede alla fuga, inseguito e probabilmente ferito dal fuoco tedesco.
La fuga del prigioniero di guerra era un diritto previsto dalla Convenzione di Ginevra, ma qui, se il fatto è vero, disegna la psicologia di Gino Punzi, che sfida la morte, per l’ennesima volta, in modo consapevole, al servizio di una scelta ideale che ha già compiuta, probabilmente da tempo, ma che diventa decisione nel volgere delle poche ore trascorse dall’8 settembre.
Né rientro in patria per imboscarsi (cosa che avrà più volte la possibilità di fare), né accettazione passiva della prigionia che lo avrebbe portato ai campi di lavoro o di prigionia in Germania.
Si tratta di un fuga “verso” e non soltanto di una fuga “da”.
Da questo momento, come migliaia di uomini dell’esercito italiano nelle stesse ore, si trova in un vuoto psicologico abissale: dissolta l’Istituzione militare, dissolte le istituzioni politiche, capovoltesi le alleanze, cambiati in un lampo i nemici, non altrettanto pronti e disponibili da subito nuovi amici.
La scelta ideale è supportata, in questa occasione, dalla forza della giovane età che gli consente di correre, nuotare, resistere alla fame e al freddo, forse ad una ferita, per il tempo (ore o giorni) che serve per raggiungere qualche rifugio sicuro, quasi sicuramente Montecarlo.
I mesi di relativa tranquillità e di assenza di azioni belliche dirette trascorsi prima dell’8 settembre nel settore delle Alpi Marittime, tra montagne, paesi e mare, hanno probabilmente consentito a Gino di costruire una rete di riferimenti di persone e luoghi che ora devono essere verificati come approdi sicuri.
Le puntate verso la riviera nelle licenze hanno reso possibile creare riferimenti personali affidabili, fondati sul clima nel complesso positivo che gli occupanti italiani avevano stabilito e accresciuti, nel suo caso, dal profilo personale dell’ufficiale, per il quale onore e valori morali si traducevano in uno stile di comportamento superiore.
Dall’attività militare, prevalentemente di controllo del territorio, che fu esercitata prevalentemente sulle montagne e nei paesi dell’entroterra, derivò invece, la conoscenza di luoghi, paesi, ma soprattutto dei gruppi partigiani francesi con i quali sarebbe entrato in contatto nelle settimane successive.
I ricordi familiari lo pongono a Montecarlo presso l’abitazione di una signora che aveva precedentemente conosciuta. Bisogna tenere presente che qualsiasi sistemazione, qualsiasi spostamento, qualsiasi contato, avveniva ora in terra ostile perché i tedeschi avevano preso il controllo diretto delle zone e andavano fortificando la costa su cui era accresciuto il controllo.
Non minore era il pericolo derivante dall’impiego di reparti militari e di polizia della repubblica di Salò, per i quali era più facile individuare gli italiani “fuori posto”, o perché soldati sbandati o perchè civili renitenti comunque alla leva di Salò.
Tuttavia negli ultimi mesi del ’43, cioè tra ottobre e dicembre, è proprio questa situazione di ristrutturazione e riposizionamento di migliaia di uomini e delle istituzioni civili e militari stesse, che rimescolò e confuse le cose, che consente a Gino Punzi di uscire dall’emergenza della fuga.
Dalla metà del settembre 1943, non è più possibile seguire i movimenti di Gino seguendo la dislocazione del suo reggimento e della sua Divisione.
Altri documenti, però, consentono di ricostruire, in forma indiretta e in forma diretta, la sua straordinaria storia integrando la tradizione orale.
Da un documento redatto a Imperia il 28 aprile 1945 e intitolato "Relazione riguardante il servizio svolto dal Signor Panascì Antonino per il buon esito della causa di Liberazione" si cita diverse volte il Capitano Punzi e se ne indicano i ruoli ricoperti nei mesi che vanno sicuramente dal dicembre 1943 al gennaio 1945.
Si tratta di un documento riguardante un poliziotto che dichiara di avere prestato servizio come agente della resistenza a servizio di Gino Punzi operante per conto dell’OSS (Office of Secrets Services). È un documento, scritto nei giorni della liberazione, per provare la buona appartenenza del poliziotto quando la resa dei conti con i repubblichini e la necessità di garantire soprattutto la fedeltà dei corpi istituzionali era prioritaria e un documento attestante il proprio operato diventava vitale per non essere considerato un collaborazionista.
Dal documento, che viene riportato per intero più avanti, risulta che nel dicembre ‘43 il capitano degli alpini Gino Punzi viene arrestato dagli agenti della squadra controllo passaporti di Ventimiglia Ferrovia.
Viene trovato in possesso di armi e carte topografiche e il suo nome era stato iscritto nella rubrica di frontiera (elenco di persone ricercate) con il provvedimento di arresto. La sua posizione è evidentemente disperata perché lo destina alla fucilazione. Il documento fornisce un dato certo ma non chiarisce completamente la situazione: il nominativo con cui Gino viene segnalato è proprio il suo (probabilmente anche con il grado di capitano) e il provvedimento giunge da un maresciallo, il Maresciallo Salvagni, della Guardia Nazionale Repubblicana, la ricostituita polizia. Quando viene fermato è in possesso dei suoi documenti originali o viaggia con documenti contraffatti? Viene fermato perché i documenti sono falsi o proprio perché sono veri e il suo nome coincide con quello nella lista dei ricercati? È stato iscritto tra i ricercati come soldato in fuga o perché si ha già notizia o sospetto di sue attività nella resistenza?
Più avanti il documento racconta il seguito. Trasferito per gli interrogatori negli uffici di Ventimiglia Ferrovia, lo soccorrono due agenti di polizia che ne prendono le difese.
Su quali basi? Il documento stesso lo rivela, aprendo uno squarcio ulteriore sulla storia di Gino. Egli infatti possiede un documento di licenza rilasciato dal Comando Milizia Confinaria, un corpo di Polizia addetto al controllo delle frontiere creato prima della guerra e riorganizzato dalla Repubblica di Salò.
[...] In tempo di guerra la Milizia confinaria avrebbe rappresentato un'ottima ed addestrata truppa di copertura. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 le cinque legioni della "Confinaria" confluirono nella costituenda Guardia Nazionale Repubblicana di Frontiera.
Come mai Gino Punzi risulta appartenere alla Milizia Confinaria?
Una prima spiegazione potrebbe essere data dal fatto che lui stesso si sia presentato al Comando della Guardia o presso qualche Reparto nei giorni successivi allo sbandamento dell’esercito e all’episodio della fuga. Forse qualche contatto o conoscenza iniziati nel periodo della comune collaborazione sulle montagne.
[...] Il documento [Panascì] potrebbe fare confusione tra milizia e guardia alla frontiera, ma la sostanza non cambia: se il documento in possesso del Punzi era originale, lui stesso si era riarruolato. In questo caso, però, non si spiegherebbe l’iscrizione nella rubrica della frontiera del suo nominativo, se non con una mancata comunicazione tra Comando della Milizia Confinaria e Questura. Fatto sta che il documento stesso ci ricorda che Punzi, dopo il rilascio, prestava servizio nella Milizia confinaria come Ufficiale addetto alla propaganda verso i militari sbandati sulle montagne italo-francesi allo scopo di farli presentare ai comandi nazi-fascisti.
Ufficialmente, dunque, Punzi lavora per la Milizia Confinaria, confluita, nella RSI, nella Guardia Nazionale Repubblicana di Frontiera.
La cronaca del fermo e dell’arresto, continua con la liberazione di Punzi che viene rilasciato sotto la garanzia personale dei due agenti, Panascì e Iannacone che a causa del loro lavoro alla polizia ferroviaria incroceranno Punzi più volte, tutte quelle cioè in cui Punzi transitava saltuariamente il confine munito di documenti in regola per svolgere il suo compito di riagganciare i soldati sbandati.
In una di queste occasioni Punzi, che ha attentamente verificato il comportamento dei due agenti, con uno dei quali si è già aperto, rivela di muoversi oltreconfine sotto copertura per svolgere attività a favore dei partigiani italiani. Contestualmente rivela di esser a capo di una formazione partigiana attestata in prossimità del confine. Di essa fanno parte alcuni suoi ex soldati.
Come si vedrà, tale formazione agisce nel quadro della resistenza francese.
[...] L’episodio centrale di questi mesi è la grande insurrezione che fa seguito allo sbarco alleato del 14 agosto 1944 in Provenza, appendice del grande sbarco del 6 giugno in Normandia e della liberazione di Roma.
La resistenza entra in azione simultaneamente alle operazioni alleate che erano state precedute, nei mesi precedenti dalle preziose informazioni e infiltrazioni nel settore grazie alla collaborazione dei partigiani e delle missioni dei servizi americano e inglese nei quali, pure, come sappiamo, è coinvolto Gino Punzi.
L’episodio della liberazione di Peille rimette in primo piano la figura di Gino Punzi, che possiamo seguire nelle azioni del gruppo di cui fa parte e che in alcuni combattimenti comanda in prima persona. Per questo motivo ripeto la cronaca di quei giorni prendendola da più fonti e testimonianze.
[...] Gino Punzi, dunque, si distingue nelle operazioni partigiane [francesi] di metà agosto. Risulta ferito durante le azioni e certamente fu curato in loco dal dott. David Guirchowski, medico del gruppo. Come si è già detto, si ha notizia del ferimento anche in Italia, anche se inizialmente si parla addirittura di una sua uccisione.
[...] Immaginiamoci il Panascì, che si era fatto rilasciare un documento attestante la sua partecipazione alla rete di informatori, documento che valeva a proteggerlo dopo la guerra, frequentare gli uffici delle SS, quello stesso documento poteva costargli tortura e morte immediata.
Una attività di doppiogiochismo per la quale si dovevano avere nervi d’acciaio e mente lucida.
In questa loro attività, gli agenti riuscirono a non compromettersi con le situazioni più ripugnanti, e anzi, sembra, riuscirono, avvisando per tempo, a mettere in salvo diverse persone.
Veniamo a conoscenza che gli incontri con il Punzi avvengono tra Bordighera e Vallecrosia e in uno di questi Punzi aggiorna il Panascì e lo Iannaccone di essere entrato in contatto con il comando dei Garibaldini della zona alle spalle di Taggia.
È l’ultimo riferimento a Punzi del documento: il documento salta al febbraio del 1945. Ci informa che Gino Punzi non si è visto per più di un mese (è morto il 5 gennaio) e i documenti con la radio da lui portati vengono trasferiti a Bordighera.
Francesco Mocci, (con il contributo di Dario Canavese di Ventimiglia), Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019 

In data 26 ottobre 1944 essendo io alla Direzione della missione portante il mio nome di battaglia "Dritto" ho sbarcato nella notte a Ventimiglia del materiale e varie persone tra cui il capitano Gino [...]
Giacomo Alberti, Rapporto, senza data, documento IsrecIm, copia di Giorgio Caudano

Il posto di ascolto S.R.A. [n.d.r.: sigla usata dall'estensore del presente documento per indicare i servizi segreti della Kriegsmarine] di Sanremo ha giocato un ruolo importante contro i servizi americani.
Il capitano Gino Punzi, agente dell'OSS, è stato assassinato in una casa isolata di Sanremo, crimine probabilmente commesso da Rocca, passeur per conto di S.R.A.
Rocca volle prevenire Sessler, che, portatosi sul posto, trovò Punzi assassinato con un colpo d'ascia [n.d.r.: in effetti fu il sottoposto Jacobs ad occuparsi in Ventimiglia, località Marina San Giuseppe, sia di far dare il colpo di grazia ad un Punzi in agonia che di quanto segue].
La perquisizione immediata permise di scoprire [n.d.r.: come già in possesso di Punzi] piani molto ben fatti sulla linea di resistenza [tedesca] sul Roia ed un gran numero di altre informazioni di carattere militare.
[n.d.r.: il documento esamina a questo punto come i nazisti, rimasti in agguato nell'abitazione in cui era stato colpito il capitano Gino, fossero riusciti ad arrestare il radiotelegrafista che era stato atteso da Punzi, arrivato a Ventimiglia insieme al pescatore che aveva condotto tutti e tre dalla Francia in barca, e ad un altro italiano, capo di questa missione statunitense, quest'ultimo rimasto ucciso, e come, di conseguenza, indussero l'operatore radio a mandare falsi messaggi agli alleati - uno di questi determinante per l'azione che portò al grave ferimento del comandante partigiano Stefano Leo Carabalona - , nonché a fare rientrare in Costa Azzurra l'altra persona, obbligata ad un doppio gioco, questo, tuttavia, prontamente sventato dai francesi]
Al 25 febbraio [1945] erano ancora in corso i contatti radio tra Eros [n.d.r.: il radiotelegrafista] e Jones [n.d.r.: capo dell'antenna OSS di Nizza].
Relazione già segreta di parte francese, La missione Jones di Nizza, senza data, copia di Giorgio Caudano

sabato 17 settembre 2022

Dove saranno andati a sganciare le loro bombe?

Ventimiglia (IM): uno scorcio del fiume Roia verso la foce




Ventimiglia e la seconda guerra europea. (Appunti Storici dei Fratelli Maristi in Italia - Libro in edizione)

[...]
(1944)
A Ventimiglia, lo scolasticato e il noviziato cercavano di tirare innanzi in qualche modo... L'insegnamento proseguiva, ma la tranquillità degli animi, così indispensabile, sia al profitto nello studio, sia a una vera formazione spirituale, si può dire che mancasse completamente. Non solo l'urlo improvviso della sirena, ma il minimo rombare lontano quasi impercettibile, di aerei o di altro, era avvertito immediatamente dai sistemi nervosi più scossi, che subito domandavano di lasciare l'aula per correre nei rifugi...
A Ventimiglia si cominciò ad essere inquietati eccessivamente dalla fine di maggio in poi. A ondate successive i Fratelli vedevano passare sulle loro teste le formazioni di bombardieri anglo-americani: un giorno oltre a 500, producenti un rombo impressionante e un traballio della casa da rendere inquieti anche gli animali.
Il 22 giugno [1944], bombardamento notturno molto impressionante, con illuminazione a giorno, mediante lancio di razzi di bengala, da Bevera fino al mare. Spavento grande, ma danni non rilevanti, per fortuna.
Il 29 [giugno 1944], festa di San Pietro, mentre il noviziato al completo era uscito per un po' di passeggio sul pendio dietro alla stazione, e stava osservando le rovine cagionate dalle incursioni precedenti, ecco comparire improvvisamente una formazione di bombardieri che cominciano a sganciare ordigni. Si pensi al panico della nostra gente! Nell'agitazione, si ripararono alla meglio o alla meno peggio. Appena cessato il finimondo, i superiori si diedero affannosamente a radunare le pecorelle: mancavano cinque postulanti. Si cercò di qua e di là in tutti i rifugi: nulla. Allora, avviati verso casa quelli sicuramente scampati, il gruppo dei cercatori cominciò ricerche più sistematiche, e man mano anche più sospettose, affannose... Ci fu chi andò perfino a vedere nelle buche scavate dalle bombe e tra i cumuli di macerie... pensando con raccapriccio di dover scorgere da un momento all'altro qualche lembo di veste o qualche braccio sporgente... Pensarono di trovarli rientrati in casa: nulla. Solo all’ora di cena, più di due ore dopo, li videro tornare tutti cinque, trafelati e stanchi: erano fuggiti, poverini, verso la cima del monte e avevano fatto il bel giro: Madonna delle Virtù, Madonna della Neve, Trucco, Bevera, casa. Così, grazie a Dio e alla Madonna Santissima, nessuna vittima neanche questa volta.
Aa.Vv., Pennellate storiche sulle Comunità mariste d’Italia e Destinazione annuale dei Fratelli, 1887-2003. Volume 3º, Provincia Marista Mediterránea, Guardamar del Segura - España, 2018
 
Salutandoci, il partigiano Iezzoni ci disse che l’indomani probabilmente sarebbero sbarcati gli alleati. Sarebbe stato, invece, il giorno della da noi famosa “notte dei bengala” del 21 giugno del 1944, quando tutti credevano e speravano nello sbarco degli alleati e invece ci fu solo un grande bombardamento. Otto giorni dopo “Argo” moriva in un’operazione a Baiardo (IM).
Fu il primo schiaffo che ricevetti dalla realtà della mia guerra di partigiano.
Renato "Plancia" Dorgia  in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia <Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>, 2007

Da una spiaggia di Latte una vista sino a Punta Mortola e alla Frazione Mortola

21 giugno 1944
Anche stanotte, altri giovani sono andati a raggiungere i ribelli. Continuano i bombardamenti, sulla Riviera e ovunque. Torino ha subito la 35a incursione aerea, anche a Genova le rovine sono immense.
22 giugno 1944
Stanotte, alle due e un quarto, abbiamo avuto un brusco risveglio. L’allarme, seguito poi da un’infinità di apparecchi.
Come al solito, non avevamo idea di alzarci, ma il grande chiarore ci ha fatto andare a curiosare dalla finestra. Che spettacolo, il primo per noi! Che fuochi e poi certo anche spari! Non siamo stati ad indugiare prima di uscire di casa e metterci al sicuro. Se avessimo aspettato ancora un po’ saremmo stati tutti belle finiti. Tre bombe sono cadute sotto la casa di Lanfredi, delle quali due solo esplose. Povera nostra campagna, come è rimasta desolata, quanto danno abbiamo avuto! Però, possiamo dirci fortunati che non hanno avuto nessuna avaria le vasche e la tubazione. I danni della casa, neanche questi sono ingenti. Il danno più grosso è nella vigna perché anche le viti sono rovinate.
La durata dell’allarme è stata di 50 minuti, il bombardamento di 22 minuti, le bombe, lasciate cadere su Ventimiglia e dintorni, un’infinità. Cominciando dalla salita degli Scuri, Rivai, Marina, Piazza Vittorio Emanuele, Gallardi, Siestro, Via Chiappori, Via Roma, Sottoconvento, Via Cavour, Via Mazzini, la Mortola. Queste sono le zone che più delle altre presentano i segni della distruzione causata dalle bombe nemiche.
La città, ovunque, mostra mutilazioni dolorose. La cosa incredibile è che le uniche bombe sganciate nella nostra zona sono quelle cadute da noi. Il destino ha voluto che fossimo noi i colpiti.
I morti finora accertati sono 23 e una sessantina i feriti, numerosissime sono le persone senza tetto. L’attacco nemico si è esteso fino a Vallecrosia che è stata pure duramente provata dall’incursione. Il bombardamento ha provocato l’interruzione della via Aurelia, ha seriamente danneggiato l’acquedotto e il telefono, la luce è rimasta interrotta e anche la ferrovia: i treni arrivano solo fino a Bordighera.
Caterina Gaggero Viale, Diario di Guerra della Zona Intemelia 1943-45, Edizioni Alzani, Pinerolo, 1988
 
Dopo il Cinquantenario del primo bombardamento aereo su Ventimiglia - quello, ferocissimo perchè inaspettato, del 10 dicembre 1943 - e le sue gravi conseguenze in vittime e rovine, bisogna ricordare anche il primo bombardamento notturno, quello della notte dopo San Luigi: 21/22 giugno 1944.
Ecco come lo ho vissuto io.
Abitavo au Cuventu, in Vicolo Sant'Agostino, derré au furnu de Pipu, secondo e ultimo piano, ingresso all'alloggio dal ballatoio interno, con vista sui legnami della ditta Mordano; tre finestre sul vicolo.
Diciamo pure che, in quel semestre dicembre/giugno, i bombardieri alleati avevano colpito sempre di giorno ed esclusivamente Nervia e Gianchette, in sintesi le zone di ponti stradali e ferroviari, per cui noi abitanti del centro della Città bassa ci ritenevamo sicuri, fortunati, privilegiati. Come si diventa carogne quando c'è di mezzo la ghirba. Quando il terribile rombo delle "formazioni", si diceva così, dava l'annuncio che l'inferno si avvicinava, si scendeva da basso, più per rito che per paura, e sostavamo proprio nel forno sunnominato, chiacchierando con Pipu e i suoi lavoranti.
Di notte, quando suonava l'allarme e gli aerei passavano, ronfando, altissimi, per andare a bombardare a Nord, non ci si alzava nemmeno più. Finché...
Quella notte suonò l'allarme e il ronfo degli aerei non era più tale, ma era un ruggito, o meglio un susseguirsi di ruggiti: si capiva che stavano volteggiando sulle nostre teste.
Qualcuno urlò: "Scapé, gh'é i bengala!"
Si balza dal letto, ci si copre alla meglio, si scende a precipizio. Dal cielo nero pendevano a decine i razzi illuminanti. Dove ripararsi? Dove scappare? La galleria rifugio, scavata nella montagna dietro la ferrovia, dalle parti del puzzolente (allora; oggi non so) "tumbin", il sottopassaggio tra Corso Genova (già Corso Umberto I se ben ricordo) e Via San Secondo, era troppo lontano, data la situazione. E poi c'era pericolo che qualche bomba, diretta al piazzale della ferrovia (che proprio nel sottopassaggio si restringe e poteva perciò essere obiettivo privilegiato) non facesse troppa differenza tra ferro e carne umana. Si pensò dunque che obiettivi principali del bombardamento fossero la stazione e tutto il piazzale ferroviario, e si cercò allora di allontanarsi il più possibile, partendo in direzione perpendicolare. Vicolo Sant'Agostino, Via Carso, Via Fondega. Le prime bombe cominciavano a fischiare e scoppiare, arrivare sulla spiaggia non si riteneva conveniente, perchè si sarebbe stati visti come il sole, e non sapevamo se nelle intenzioni ci fosse anche il mitragliamento (si pensava ad uno sbarco, con un misto di terrore e di speranza).
Via Fondega allora era delimitata da muretti agricoli, alti quanto una persona o poco più, del tipo di cui c'è ancora qualche traccia (ahimé, assai frammentaria) in Via Asse, Vicolo Pescatori e Vicolo Arene (andiamo anche più in là, Via alla Spiaggia, Via Nervia, Vicolo del Pino).
Ci sdraiammo per lungo, faccia a terra e mani sulla testa, rasente al muro, con la speranza di non essere colpiti da schegge o detriti e con l'altra speranza, più grossa, che nessuna bomba scegliesse quel posto. Ad ogni salva di fischi e scoppi, ne scoppiava una di giaculatorie e invocazione per la salvezza delle nostre anime e, perchè no, anzi prima di tutto, dei corpi. I più "gettonati" da me furono Sant'Antonio e Santa Rita.
Finito l'uragano di ferro e fuoco, attendemmo le prime luci dell'alba - che arrivavano molto presto; eravamo al solstizio d'estate - per tornare a vedere la nostra casa. Beh, non aveva troppo sofferto. Poi ci preoccupammo delle notti a venire - perchè dentro casa, a Ventimiglia, non avevamo più dormito - e ci avviammo stanchi, assonnati, intontiti dal terrore e dal fracasso, a fare un sopralluogo alla galleria rifugio.
Lungo la strada si trovavano, ogni tanto, dei drappi bianchissimi, leggeri e morbidi, che avevamo timore a toccare perchè la propaganda "a coelo non prevalebunt" ci aveva messo in guardia da matite esplosive e oggetti strani in genere. Erano i paracadute, in nailon, dei bengala.
Nella galleria passammo poche notti. Era affollatissima. Chi aveva portato reti e materassi, chi brandine, chi poltrone, o semplicemente sedie. Oltre a coperte. Ma non poteva essere una soluzione, sia per l'affollamento, sia per l'enorme umidità che trasudava e gocciolava in quel buco.
Di lì, lo sfollamento prima a Olivetta e dopo qualche giorno a San Michele; dove la ferrovia avrebbe consentito, ancora per poco tempo, un comodo collegamento con Ventimiglia, sede di lavoro.
La galleria rifugio ritorna, di quando in quando, nei miei sogni.
Renato Pastorino, 21 - 22 giugno 1944. La notte dei bengala, "La Voce Intemelia", anno XLIX n.6 - giugno 1994, articolo qui ripreso da Cumpagnia d'i Ventemigliusi
 
Ventimiglia (IM): uno scorcio della zona Ville; al centro, forte San Paolo; in basso, la ex caserma Umberto I
 
Ville, 22 giugno 1944
E' la quinta volta che la mia cara città di Ventimiglia viene bombardata. Questa notte, alle due circa, la mamma è venuta a svegliarmi nella mia cameretta: c'erano gli apparecchi! Siamo subito usciti in campagna e...  oh  quale spettacolo! Sembrava pieno giorno e ciò era causato dai bengala.
Dal rumore, sordo e cupo, s'intuiva che gli aerei erano parecchi. Noi ci siamo rifugiati in un cunicolo e, appena dentro, abbiamo sentito il fischio dei proiettili: era la batteria contraerea di Grimaldi. E dopo è stato un susseguirsi di 23 giugno 1944
No, per fortuna la mia casa non è crollata, però è stata abbastanza danneggiata: il tetto non c'è più e i vetri sono rotti. Poi son caduti tutti i lampadari, si sono rotti alcuni ninnoli che erano sul mobilio della sala, e vari bicchieri e i piani del servizio. Ma davvero possiamo ringraziare Iddio! Le case che circondavano la nostra sono crollate, mentre la nostra è rimasta. Come mi dispiace che sia morto Ghiselli, l'impiegato del Municipio!
Abbiamo detto alle mie compagne di Ventimiglia che vengano ad abitare quassù con le loro famiglie e questa sera arriveranno. Ma sì, voglio essere allegra e fugare i tristi pensieri, perché verranno Assunta, Anna e Rosy, le mie più care amiche.
25 giugno 1944
E' domenica. Stamane sono andata a messa con le mie amiche. Al cinema a Latte non siamo scese, perché dicevano che prendevano delle persone in ostaggio, ed io sono rimasta tutto il giorno in casa ad aiutare la mamma.
[...]
29 giugno 1944
Ancora quest'oggi nel pomeriggio, verso le 17.20 sono venuti a bombardare Ventimiglia. Io ero in casa, quando ho sentito il rumore degli apparecchi. Ho chiamato la mamma e siamo uscite, quando una signora ha detto che ce n'erano 19, ed avevano la direzione di Ventimiglia.
Io, ho guardato in alto, e li ho visti, ma certo... dietro a quelli ce n'era un'altra formazione di 19. Dio mio! Erano bombe quelle cosine piccole. bianche che cadevano dagli apparecchi? Alla mia domanda ha risposto poco dopo il rumore sordo e cupo che provocano le bombe scoppiando. Io e la mamma ci siamo subito gettate a terra, gridando. E papà, che doveva arrivare da Sanremo col treno proprio a quell'ora?
Poi gli aerei se ne sono andati ed è tornata la calma. La mamma di Anna è svenuta due volte per la gran paura e tremava tutta come una foglia.
Circa mezz'ora dopo, Assunta ed io eravamo sul ponte che guardavamo i danni che avevano fatto a Ventimiglia. Meno male, il treno non è stato colpito.
Nuccia Rodi, Diario di guerra. Ville, 22 giugno - 26 ottobre 1944... in Aa.Vv., Ventimiglia 1940-1945: ricordi di guerra, Comune di Ventimiglia, 1995
 
Una lettera semplice da Ventimiglia (IM) a Imperia, affrancata [12 giugno 1944] con due valori della "Monumenti Distrutti" in corso da una settimana. Fonte: il postalista

Nel pomeriggio inoltrato del 29 u.s. formazioni aeree nemiche sorvolavano la città di Ventimiglia sganciando bombe sui ponti ferroviari del Roja e del Nervia, nonché sulla linea ferroviaria Ventimiglia-Piena, interrompendo le comunicazioni. Rimanevano colpiti i caseggiati lungo il tratto del ponte stradale, tra cui l'albergo "Commercio" ove erano alloggiati 20 agenti ausiliari di polizia. Rimanevano colpiti il ponte sul Nervia ed il tratto della linea ferroviaria lato Bordighera. Rimanevano interrotte le comunicazioni con la Francia, laddove quelle con Genova venivano riattivate poco dopo.
Nessuna vittima: solo pochi feriti.
Questore di Imperia, Al capo della Polizia - Maderno, Relazione settimanale sulla situazione economica e politica della Provincia di Imperia, Imperia, 3 luglio 1944. Documento <MI DGPS DAGR RSI 1943-45 busta n° 4> dell'Archivio Centrale dello Stato di Roma


Ventimiglia (IM): Istituto delle Suore di Santa Marta

16 luglio 1944
La solita domenica senza un diversivo e senza uno svago. Quanto vorrei poter andare al mare, a far gite in bicicletta, al giardino di Hanbury, ma... che sciocca che sono: non ricordo che l'erba voglio non esiste?
Non si sente parlare, invece, che di bombardamenti su tante città, di Tedeschi che danno fuoco alle case, di gente che muore... Che tristezza la vita!
17 luglio 1944
Stamane c'è stata una messa per il mio povero zio Salvatore. Caro zietto! Ho fatto la Comunione per te e ho pregato per te. Tu ora, lassù nel Cielo, stai certamente meglio di noi, e non vedi tante cose brutte e dolorose che questa guerra ci  porta. Tu che sei vicino a Dio, perché non lo preghi di farla cessare questa guerra?
24 luglio 1944
Quanti apparecchi sono passati stamane in direzione di Ventimiglia! Meno male che non l'hanno colpita. Dove saranno andati a sganciare le loro bombe?
25 luglio 1944
Alle 11, stamattina, la mia povera città è stata ancora una volta oggetto dell'incursione area nemica. Gli aerei erano molti, ma per fortuna non vi sono morti, né case crollate. Hanno colpito la ferrovia dal passaggio a livello alle Suore di S. Marta.
Nel pomeriggio sono nuovamente passati gli apparecchi, e la signora Rampone è quasi impazzita di paura. Ha cominciato a mettersi le mani nei capelli, a urlare come una forsennata ed a scappare di qua e di là, urlando: «mamma mia, mo' bombardano, e venitteme addosso, così non sento sto rumore...». Nessuno l'ascoltava, perché tutti scappavano per le fasce per conto proprio.
Io mi ero distesa ai piedi di un muretto poiché, sentendomi poco bene, non potevo correre, quando, ad un tratto, ho avuto l'impressione che tutte le forze della terra fossero gettate su di me con violenza. Quando ebbi la forza di voltare il capo, vidi la suddetta signora che si era gettata a capofitto sulla mia schiena e, tremando, mi squassava tutta. Col dolce peso che si ritrova! E non potevo mica muovermi, ché quella mi ficcava le unghie nella carne.
Ho ringraziato Iddio quando gli apparecchi se ne sono andati ed ho potuto rientrare in casa. Tutta massacrata, è vero, ma salva dal pericolo di rimanere schiacciata.
26 luglio 1944
Sant'Anna è la mia festa e quella della mia amica Rampone. Le ho regalalo un grazioso cestinetto di frutta e fiori. A me, Marisa ha regalato un cuscinetto rosa per gli spilli fatto da lei, e Rosy e Assunta della stoffa rosa per biancheria. Abbiamo invitato i nostri amici a gustare la torta, il budino ed a bere il vino bianco.
Poi Assunta, Anna, Rosy ed io, abbiamo deciso di scendere a Ventimiglia a prendere la "cassata". Infatti alle 16.30 siamo partite ma... a metà strada è suonato il preallarme, e si sono sentiti gli apparecchi. Noi, però, abbiamo continuato impavide a camminare con la speranza che gli aerei passassero senza bombardare. Infatti, se ne sono andati verso il mare, ed abbiamo sentito suonare nuovamente la sirena: ecco, il cessato allarme. Macché, è l'allarme, perché si sono sentiti 6 suoni. Che disdetta, però noi, senza paura, abbiamo deciso che dovevamo continuare il nostro cammino. E così siamo arrivate nel Borgo e ci siamo dovute fermare all'inizio della galleria. Sentivamo sempre suonare la sirena, ma erano le nostre orecchie che, maligne, ci tradivano.
Siamo andate da Manin, ma non aveva né cassate, né gelati. Andare nel centro della città, con l'allarme, non era prudente, così siamo rimaste lì in piedi ad aspettare, come quattro stupide.
Infine, alle 18.30, avvilite, a capo chino, gli occhi accesi di oscure vendette verso chissà chi, ce ne siamo tornate a casa.
29 luglio 1944
La notte scorsa, a mezzanotte precisa, due o tre cacciabombardieri hanno gettato alcune bombe su Ventimiglia, vicino al Miramare. Hanno gettato bengala dappertutto: sul mare, a Bevera, a Ventimiglia, e su un monte qui vicino. Noi ci siamo alzati, e siamo scappati per la campagna, col chiarore che c'era si vedevano bassissimi gli aerei che volavano sul nostro capo. Dio mio, che paura!
Ci siamo coricati in un canaletto, ma siamo subito andati in cantina, quando abbiamo visto il chiarore dei proiettili della batteria contraerea di Ventimiglia. Ci sono sei morti, fra cui una mia compagna delle scuole elementari, Maria  Bosio, morta col fratello, la  madre e il fidanzato. E' morta pure la Trillo.
30 luglio 1944
Hanno ancora bombardato Ventimiglia, la notte scorsa all'una e trenta. Hanno gettato i bengala e noi siamo scesi in cantina. E' stata colpita la città alta, ma fortunatamente non ci sono morti.
2 agosto 1944
Quest'oggi saranno passati più di 500 apparecchi. Sembra il finimondo: vanno, vengono, si incrociano, si abbassano...
Se non si pensasse che posono gettare bombe, sarebbe un bello spettacolo vedere tutti quegli aerei bianchi e neri che sorvolano in ogni direzione.
Ho visto scendere una bomba da un aereo, ma non precipitava velocemente, bensì girando su se stessa, e non si è sentito lo scoppio. Han detto che, quando scendono così, non scoppiano. A Ventimiglia è un continuo allarme. Anche in questo momento suona la sirena. Tra ieri e la notte scorsa, l'allarme ha suonato ben 19 volte.
3 agosto 1944
E' proprio vero quello che sto per scrivere? E' proprio vero che han bombardato quassù da noi, alle Ville? Eppure, ci sono i buchi delle bombe tutto attorno, ho sentito le esplosioni e si trovano frammenti di bombe dappertutto, e questo odore di bruciato che  è rimasto! Tutti parlano, raccontano della morte che hanno sfiorato, noi stessi siamo vivi per miracolo.
Erano le dieci e trenta, ed io ero a lezione di piano nel salone, con la suora. Abbiamo sentito il rumore degli aerei, ma abbiamo continuato a suonare, poi, siccome il rombo dei motori si avvicinava sempre di più, volevamo uscire a contarli, e la suora si era avviata ad aprire la porta della Cappella per uscire, come al solito, sullo spiazzo antistante. Non so come, ho avuto l'idea di dirle che si poteva passare anche dalle scale di sopra. Avviandoci sul pianerottolo, sentendo un rumore d'inferno, anziché salire, siamo scese a precipizio in cantina. Dal portone della cantina, guardavamo quei caccia che si abbassavano, e si alzavano proprio su di noi.
Tra quel baccano infernale, ne abbiamo sentito uno, nitido, di un aereo in picchiata: era tanto basso che sembrava dovesse toccare terra. La suora ed io ci siamo distese lì, vicino alla porta [...]
Nuccia Rodi, Op. cit.