martedì 13 ottobre 2015

... e non sapevamo che era l'ultimo treno

Bordighera (IM): la stazione ferroviaria
 
Lasciammo Bordighera, prendemmo un treno e non sapevamo che era l'ultimo treno: poi i nazisti fecero saltare tutti i ponti del Roya. I tedeschi avevano già occupato Torino e dilagavano nei dintorni.
Alba ed io scendemmo a Trofarello. I nostri soldati, lasciati senza ordini, fuggivano senza sapere bene dove andavano. Alba salì su di un tavolo e fece un comizio di resistenza... 
… In anni di vita cosa posso salvare di me uomo? Valgono i momenti in cui mi sono profondamente ribellato, quando mi rifiutavo d'invadere paesi pacifici. E gli anni d'amore con Alba, quando eravamo ingenui e puri come forse solo i giovani possono essere… 
… con Alba meglio resistetti alle guerre e alle mie diserzioni. Con lei avevo un nucleo forte e Alba m'impediva di lasciarmi andare completamente dandomi una ragione di vita intima profonda. So che Alba in quegli anni mi ha salvato dalla morte…
Guido Seborga, Occhio folle, occhio lucido, Spoon River, 2013

... nel ‘39 si formò a Bordighera un gruppo orientato verso i partiti della classe operaia e in particolare verso il partito socialista guidato da Guido Seborga, coadiuvato da Renato Brunati, Lina Meiffret e Beppe Porcheddu. Gli aderenti stabilirono contatti a Torino con il gruppo di Alba Galleano, Giorgio Diena, Vincenzo Ciaffi. Tra gli altri [Domenico] Zucaro, Raf Vallone, Luigi Spazzapan, Umberto Mastroianni, Carlo Mussa 
Pietro Secchia, Enzo Nizza, Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, Milano, La Pietra, 1968


Verso la fine del '42 alcuni antifascisti di Bordighera, o ivi residenti, che precedentemente svolgevano un'attività contro il fascismo non coordinata, si riuniscono, e formano un gruppo organizzato. Fra questi antifascisti Tommaso Frontero allaccia il gruppo al PCI di Sanremo e prende contatto con i comunisti sanremesi Luigi Nuvoloni, Umberto Farina, Alfredo Rovelli. Ai primi del '43 si crea in Bordighera il comitato comunista di settore, con a capo Tommaso Frontero, Ettore Renacci e Angelo Schiva. In seguito a queste persone si aggiunsero altre, fra cui Charles Alborno, Siffredo Alborno, Pippo Alborno, l'architetto Mario Alborno (che prese poi il nome di battaglia Cecof), Renzo Rossi. Dopo il 25 luglio 1943 il gruppo entra in contatto con altri antifascisti di Bordighera, fra i quali Renato Brunati, indipendente. Al gruppo si aggregano nuovi elementi...  
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976
 
Ettore Renacci, antifascista, è tra i primi ad aderire al Comitato di settore del Partito comunista costituito ai primi del 1942 a Bordighera da Tommaso Frontero; dopo l’8 settembre è attivo nel reclutare giovani, soprattutto militari sbandati, anche provenienti dalla Francia, da avviare in montagna. Assieme a Frontero organizza il Cnl locale, con la responsabilità del coordinamento e dei contatti tra l’organizzazione cittadina e la montagna. Ettore Renacci viene arrestato per caso, anche se il suo nome era stato segnalato da due delatori ed era quindi nella lista nera: si imbatte sulle scale di casa di Frontero, coi militi che vanno a perquisirne l'abitazione la mattina del 23 maggio 1944.
Tradotto in carcere e brutalmente interrogato, è destinato alla fucilazione coi compagni arrestati nella stessa retata, dopo un sommario processo. Li salva, per il momento, l’intervento della Gestapo che reclama per sé i condannati e li trasferisce al carcere di Marassi, 4a sezione politici, per nuovi interrogatori. Poi, per tutti, Fossoli. Renacci finisce a Cibeno. Gli altri a Mauthausen, da cui torna vivo solo Frontero.
Anna Maria Ori, Carla Bianchi Iacono, Metella Montanari, Uomini nomi memoria. Fossoli 12 luglio 1944, Comune di Carpi (MO), Fondazione ex Campo Fossoli, Edizioni APM, 2004

Renato Brunati e Lina Meiffret furono attivi anche nelle prime iniziative successive all'8 settembre 1943, da cui doveva poi nascere il C.L.N. di Sanremo (IM).
Renato Brunati fu arrestato nel febbraio 1944 insieme a Lina Meiffret; portato ad Oneglia, dove venne torturato a lungo, fu poi trasferito a Genova, nel carcere di Marassi, dove lo vide per pochi momenti un altro detenuto, il patriota di Sanremo Nanni Calvini, che lasciò di Brunati, straziato nel corpo, nel lavoro fondamentale di Mario Mascia ("L'epopea dell'esercito scalzo"), un commovente ritratto: "Ben poco potemmo dirci... eri ispirato nel tuo ideale... Il tuo sacrificio non fu e non sarà sterile mai, amico Brunati, compagno nei bei giorni della lotta... altruista, quale io ti lasciai in quel triste pomeriggio invernale della quarta sezione, in cui le nostre mani nella caldissima stretta che le univa..."; Brunati verrà ucciso insieme con altri 58 ostaggi nella strage del Turchino del 19 maggio 1944, scatenata dai nazisti per una feroce rappresaglia; Calvini, invece, fu dapprima deportato nel campo di concentramento di Fòssoli (comune di Carpi, provincia di Modena), e quindi in Germania, destinato a Kalau e dalla Germania rientrò solo nel settembre del 1945.
Adriano Maini
 
Bordighera (IM): zona Madonna della Ruota, dove ebbe l'ultimo domicilio Renato Brunati

E pure morì sotto il martirio nazista l’animatore d'una delle prime bande a Baiardo: Brunati, il partigiano poeta. E la trista Germania inghiottì Lina Meiffret, prima partigiana.
Italo Calvino, articolo apparso sul numero 13 de La voce della democrazia, uscito a Sanremo martedì 1° maggio 1945

Baiardo (IM)

L’8 settembre mi colse in piena attività cospirativa. Appartenente alla organizzazione attiva del Partito Comunista Italiano noi avevamo già predisposto i piani generali per una organizzazione efficace del movimento antifascista. Ammaestrati dagli insegnamenti della guerra partigiana che si conduceva in Russia ed altrove, io e Renato Brunati, che collaborava strettamente con me, quando alla data dell’armistizio dovemmo constatare che una resistenza inquadrata non era possibile nelle città e che la guerra si sarebbe prolungata per molto tempo, decidemmo, d’accordo con i capi della nostra organizzazione, di formare dei nuclei nelle vicine montagne che avrebbero dovuto costituire il centro di attrazione dei numerosi sbandati dell’esercito Regio, e che avrebbero potuto, in un secondo tempo, creare vere e proprie bande partigiane.
Nella mia villa di Baiardo costituii una specie di quartier generale, un centro di raccolta degli sbandati e di coloro che intendevano partecipare alla guerra partigiana, che già si profilava nella zona orientale della Provincia di Imperia. Qui Brunati ed io raccogliemmo un gruppo di giovani tra cui anche ufficiali dell’Esercito ed iniziammo la preparazione consistente nella raccolta delle armi, munizioni, viveri e materiale vario, che avrebbe dovuto formare la dotazione delle bande.
Gruppi di nostri giovani battevano le cittadine e le campagne rastrellando armi. Fra l’altro un nostro gruppo assaltò la villa Marilì alla Foce [di Sanremo (IM)], dove venne asportata una mitragliatrice St. Etienne, 15 moschetti, 8 rivoltelle, munizioni, 35 coperte e bombe a mano… Armi e punizioni ci furono anche procurate dal gruppo di Pigati e dalle cellule del Partito Comunista operanti a Sanremo.
Peraltro noi non potevamo fidarci di tutti i nostri aderenti, molti dei quali, durante il mese di ottobre 1943 incominciarono a sbandarsi in previsione di una controffensiva tedesca che si diceva imminente…
Intanto noi approntavamo i piani per creare caposaldi montani che avrebbero dovuto far fronte ad una eventuale operazione nazifascista. Ma nel novembre 1943, i piani stessi ci vennero trafugati da un tenente che si era aggregato a noi e che poi si consegnò al nemico. Le notizie allarmistiche di una puntata germanica in forze contro Baiardo ed il pericolo di continui tradimenti nonché il fatto che nuclei di bande erano già in via di formazione nel retroterra, in posizione più difensiva vantaggiosa, ci indussero a sciogliere la nostra organizzazione.
Abbandonando Baiardo riprendemmo la nostra azione cospirativa, ma il Brunati veniva arrestato dai tedeschi, trasportato a Marassi ed il 19/5/1944 fucilato al Turchino, ed io stessa arrestata per ordine del Maggiore Lena.
Il resto è un’altra storia.
Lina Meiffret, Relazione del 1945, documento dell'Archivio dell’Istituto Storico della Resistenza ed Età Contemporanea di Imperia


Aveva 49 anni Giuseppe Porcheddu, per tutti Beppe, quando scompare due giorni dopo il Natale del 1947. Illustratore di libri e riviste, pittore, scenografo, disegnatore di primo piano della squadra Lenci, per cui firma ceramiche e bambole, arredi e giocattoli. Un artista di successo, il motivo della fuga non può essere una questione economica. Anche perché la famiglia è abbiente, il padre Giovanni Antonio, ingegnere con tre lauree, emigrato operaio da Sassari finito a Torino, è stato il primo a credere nel futuro del cemento armato, ha importato la tecnica brevettata dal belga Hennebique e ci ha costruito, tra gli altri, il Lingotto, i ponti di corso Novara e di via Cigna, sulla Dora, il ponte Risorgimento a Roma, talmente innovativo che il Comune si rifiutò di anticipare i soldi, fino a costruzione avvenuta, nel timore che crollasse nelle acque del Po. Beppe non seguì la carriera paterna, a lui piaceva disegnare. Se ne accorse uno degli artisti che frequentavano la famiglia Porcheddu, Leonardo Bistolfi, quasi incredulo a vedere la maturità nel disegno del ragazzino. Elementari, medie e liceo a Torino, poi il Politecnico, senza dimenticare lo sport e lo studio del violino. Nel 1916, volontario, parte per la guerra, ma sul monte Tomba è gravemente ferito dallo scoppio di una granata. Trasferito all' ospedale militare di Carrara, salva per miracolo la gamba sinistra, ma è costretto da allora a camminare con il bastone. Le prime illustrazioni appaiono nel 1919 sul Pasquino, poi su un' infinità di altre testate, tra le quali il Corriere dei Piccoli e Topolino. E' la letteratura per l'infanzia quella che più lo affascina. «I bambini sono più critici degli adulti», sostiene, e nelle illustrazioni per loro è particolarmente puntiglioso, da Racconti così di Gian Bistolfi al Tartarino di Daudet, dal Romanzo di Tristano e Isotta alle Avventure del barone di Munchhausen, dal salgariano I ribelli della montagna al Pinocchio pubblicato nel '42 da Paravia. Quest'ultimo è un capolavoro, con i disegni su carta grigia e nocciola, colorata a china e arricchita dal bianco della tempera. Non sono da meno i libri non destinati specificamente ai ragazzi, le Passeggiate storiche torinesi di Emilio Bruno, pubblicate nel 1939 da Frassinelli, o La tentazione di Sant' Antonio di Flaubert, per i tipi di Ramella nel 1946. Antifascista - pur firmando nel 1935 le illustrazioni del Balilla regale di Arnaldo Cipolla - ospita nella villa di Bordighera [n.d.r.: Villa Llo di mare in Arziglia, a levante del centro abitato] durante la guerra moglie e figlia di Concetto Marchesi, il grande latinista, partigiano comunista. E poi due ufficiali britannici nascosti in una stanza vicino alla biblioteca, dove spesso un militare della Wehrmacht si presenta per chiedere a prestito uno dei tanti libri in tedesco che Porcheddu acquista per ispirarsi nei suoi disegni. Giovanna, figlia del disegnatore, sposerà a guerra finita uno dei due inglesi [Michael Ross]. L'altra, Amalia, convolerà lo stesso giorno con un altro ufficiale del Regno Unito di stanza in Liguria [Philip Garigue]. Beppe nel frattempo diventa, per un breve periodo, presidente del Cln di Bordighera [n.d.r.: questo incarico, tuttavia, venne ricoperto solo finita la guerra]
Leonardo Bizzaro, Porcheddu, la matita che sparì a Natale, la Repubblica, 20 ottobre 2007
 
Quella relativa ai due ufficiali britannici fu un'incombenza lasciata a Giuseppe Porcheddu, quasi in eredità spirituale, da Lina Meiffret e Renato Brunati; Brunati che, prima del conflitto, aveva collaborato alla stesura di alcuni testi, illustrati da Porcheddu; Brunati, destinato a soccombere, come si è detto sopra, alla furia nazifascista; Brunati e Meiffret con i quali Giuseppe Porcheddu aveva collaborato non solo nel primo circolo clandestino antifascista di Bordighera, ma anche attivamente nei primi mesi della Resistenza, mettendo a disposizione per il transito di uomini, armi, materiali, diretti a Baiardo, la citata villa in Arziglia.
Adriano Maini 
 
 
Documento francese (Archivio SHAT - Service historique de l'armée de terre -): cit. infra

Bordighera (IM): il ponte della Via Aurelia sul torrente Borghetto, limite raggiunto dalle truppe francesi di occupazione

8 maggio 1945
Un distaccamento americano di 35 militari a Bordighera, previsto per lo stesso giorno l’arrivo del resto della compagnia [...]
Il nostro posto di controllo, seguite le istruzioni del colonnello comandante  il 18° R.T.S., risulta attestato a 250 metri ad est dall'ingresso in Bordighera.
I posti di controllo francese ed americano sono affiancati.
Il capitano britannico incaricato del distretto di Bordighera è il cap. Garrigue [nd.r.: in effetti il cognome era Garigue e non Garrigue] [...]
Il cap. Garrigue ha già incontrato il sindaco di Bordighera e preso il controllo politico ed alimentare della città [...]
Si segnalano circa 500 partigiani a Bordighera e dintorni [...]
Salbat, Comandante del Sotto Settore del Basso Roia 
Documento dell'esercito francese (Archivio SHAT - Service historique de l'armée de terre -), copia - non utilizzata per il lavoro cit. infra -  di Giuseppe Mac Fiorucci, autore di Gruppo Sbarchi Vallecrosia ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia <Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM)>, 2007  
 
"Sempre Avanti", 19 ottobre 1945: veniva menzionato il cap. Garigue. Fonte: Laura Hess
 
Finita la guerra, Lina Meiffret fu anche collaboratrice del governatore alleato della provincia di Imperia, il capitano Philip Garigue, il che la costrinse anche a chiedere - con comunicazioni ufficiali del suo superiore - in almeno due occasioni il rinvio della sua presenza come testimone al processo davanti alla Cas (Corte di Assise Straordinaria) a carico di Quinto Garzo, accusato di essere stato uno dei maggiori responsabili dell'arresto - foriero delle drammatiche conseguenze già qui accennate - della Meiffret stessa e di Renato Brunati.
Adriano Maini