mercoledì 16 agosto 2023

Aiutarli a scappare per raggiungere la zona partigiana

San Michele, Frazione di Olivetta San Michele (IM)

Briga Marittima, oggi La Brigue, Val Roia francese, Dipartimento delle Alpi Marittime, nei primi mesi del 1945 era controllata da circa 40 genieri della Repubblica di Salò e da un centinaio di soldati della Wehrmacht, dei quali metà erano tedeschi e metà slavi. Questi ultimi sul finire di gennaio cercarono di contattare i garibaldini della I^ Zona Operativa Liguria. Verso metà febbraio una ventina di loro riuscirono a fuggire dal presidio di Briga. San Dalmazzo di Tenda e Tenda erano presidiate da militari della Divisione “Muti”, da altri 40 soldati repubblichini e solo da alcuni tedeschi. Libri, Breglio (Breil-sur-Roya), Piena, Olivetta San Michele a metà febbraio apparivano ormai sgombre di presenze nazifasciste. Lo stesso accadde per Saorge nei primi dieci giorni di marzo.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
I russi erano scappati da Briga dove i tedeschi li tenevano a lavorare nelle fortificazioni, e per un po’ avevano girato nei paraggi, spaventando le donne sole in casa la notte che non li capivano e li credevano tedeschi. Poi erano riusciti a raggiungerci, e, insieme a qualche alsaziano o lorenese che aveva disertato dall’esercito tedesco, costituivano la Squadra Internazionale e avevano in dotazione l’arma più bella del battaglione, il Mayerling sputafuoco. Subito, come succede, si creò intorno alla Squadra Internazionale la leggenda che fosse la squadra più affiatata, più sfegatata, più disciplinata del battaglione. Non che in effetti non fosse così, ma c’era in quella ammirazione per loro, in quel portar loro ad esempio da parte dei comandanti, un qualcosa di leggendario, di dato per irraggiungibile. Noi ci sentivamo gli italiani, gente che non si lava, non si spidocchia, che va stracciata, che litiga tra sé, che urla e spara per nulla, che non sa bene perché è da questa parte e non dall’altra pure si batte a morte, carica di furore; loro i russi, un mondo sereno, che ha già deciso tutto, e ora sa di far la guerra, e continua a farla, con entusiasmo e odio e metodo, ma senz’abbandonarcisi, tenendo le armi pulite come specchi, non barando sui turni di guardia, non litigandosi sull’andare a legna, come continuassero una naja per conto loro, senz’ufficiali né consegne.
Italo Calvino, Romanzi e racconti, Mondadori, 1994, p. 846
 
31 gennaio 1945 - Da "Laios" al comando della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Informava che a Briga [La Brigue, Alpes-Maritimes, Vallée de la Roya. In tutta la zona di confine, in particolare attraverso la Val Roia, proprio in quel periodo si intensificarono gli sforzi per fare penetrare agenti francesi] si trovavano 30-40 tedeschi, 50 russi ed alcuni militari della RSI e che "Natalin della Gamba" aveva riferito che i russi di Briga gli avevano chiesto l'ubicazione delle forze partigiane, "pregandolo di aiutarli a scappare per raggiungere la zona partigiana".
16 febbraio 1945 - Dal comando del I° Battaglione "Mario Bini", prot. n° 45, al comando della V^ Brigata e al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava...  che a Briga Marittima erano stanziati circa 100 uomini tra tedeschi e russi, oltre a 40 genieri della RSI; che sempre da Briga erano fuggiti una ventina di soldati, in prevalenza russi, ricercati dai tedeschi; che Tenda era stata bombardata da aerei alleati, che avevano causato la morte anche di 2 ufficiali; che Fontan, Saorge, Forte Tirion e San Michele [n.d.r.: Frazione di Olivetta San Michele (IM)] erano occupati da tedeschi, che Breil, Libri, Piena e Olivetta [n.d.r.: il borgo principale di Olivetta San Michele] erano terra di nessuno.
17 marzo 1945 - Da "Carmelita" a "Fuoco" [partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] - Inviava l'elenco degli appartenenti alle bande fasciste ed alla G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana) che furono in territorio francese, in particolare la serie di nominativi della G.N.R. di Mentone, 30 uomini, Antibes 4, Beausoleil 2, Nizza e zone limitrofe 35.
10 aprile 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 381, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della II^ Divisione - Comunicava... Sosteneva che l'esercito francese aveva conquistato importanti punti strategici.
11 aprile 1945 - Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Veniva comunicato l’imminente sbarco [n.d.r.: sbarco clandestino, a Vallecrosia (IM)] del capitano Bartali [n.d.r.: Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione] e veniva ordinato di tenere a disposizione dello scrivente comando eventuale materiale arrivato nel frattempo via mare.
13 aprile 1945 - Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata] - Si sollecitava maggiore attenzione nell'individuare per tempo e nell'avvertire dei movimenti del nemico rispetto alla tematica sbarchi [n.d.r.: sempre effettuati a Vallecrosia], in quanto il motoscafo di Renzo [Renzo Stienca Rossi], ricevuta una segnalazione sospetta dalla costa, era appena tornato indietro.
19 aprile 1945 - Da "Tina" [n.d.r.: probabilmente Battistina Mucignat, nata a Rezzo (IM) il 29/10/1916, patriota della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione"] al comandante [della II^ Divisione "Felice Cascione"] "Vittò" [Giuseppe Vittorio Guglielmo] - Segnalava che "Briga è campo libero, nella notte partiranno tutte le truppe, nella giornata in corso non opereranno alcuna sortita, regolarsi di conseguenza".
da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. - Tomo II
 
L’operazione «Canard»: 11-17 aprile 1945
Sul massiccio dell’Authion, la linea di difesa era presidiata dai due battaglioni del 107° reggimento della 34a divisione, sostenuti da un potente schieramento di artiglieria. L’azione principale si svolse il 10 e l’11 aprile, e la sera del 12 l’Authion cadde in mani francesi, mentre i forti a sudest e quelli della Baisse de Saint-Véran e della Tête de la Secca resistevano. Il 14 l’attacco progredì tra il passo di Barbacane e la cima di Sespoul; il giorno dopo fu occupato il paese di Bréil, mentre un reparto scese nel vallone del Caïros, minacciando Saorge. Il 16 le batterie tedesche intervennero pesantemente, fermando ogni tentativo di avanzare lungo la Val Roya, mentre sulle vie di comunicazione venivano compiute distruzioni. L’operazione  verso il col  di  Tenda  fu  sospesa  per  attaccare  invece  in  direzione  della  Valle  Stura  di  Demonte,  al  fine  di  coordinare l’azione  della 1a D.F.L. con quella prevista contro il colle della Maddalena, l’operazione «Laure». Le perdite subite dai francesi furono molto alte: 195 caduti e 714 feriti. Gli italo-tedeschi ebbero 272 prigionieri, subendo perdite pesanti in morti e feriti, ma riuscirono a tamponare l’attacco e a mantenere il possesso del col di Tenda. L’operazione «Canard» bloccò comunque una delle vie di ritirata, tagliando la Val Roya […]
A Ventimiglia, il 25 [aprile 1945], un gruppo di civili italiani raggiunse la Francia per avvertire che i tedeschi se n’erano andati e il 26 i primi militari francesi entrarono nella città, subendo perdite a causa delle numerose mine disseminate dappertutto. Nel corso della giornata i francesi risalirono la Val Roya, raggiungendo Tenda e Briga, trovando difficoltà ad avanzare, viste le imponenti distruzioni e l’estensione dei campi minati. Il 29 reparti francesi raggiunsero Borgo San Dalmazzo, congiungendosi con i reparti provenienti dal colle di Tenda e con quelli arrivati dalla Valle Stura.
Alberto Turinetti di Priero, Il «fronte alpino»: 1944-1945, Alpi in Guerra (progetto Interreg)
 
Molti dei Ventimigliesi incorporati nelle unità alleate unita­mente a numerosi partigiani  parteciparono a fine marzo 1945 con le truppe alleate alla sanguinosa battaglia dell’Aution, che terminava con la cacciata delle truppe tedesche dal Bacino del Roia…
Redazione, Martirio e Resistenza della Città di Ventimiglia nel corso della 2^ Guerra Mondiale, Relazione per il conferimento di una Medaglia d’Oro al Valor Militare, Comune di Ventimiglia (IM), 10  aprile 1971 
 
25 aprile [1945], mercoledì
Sono scrosciate cannonate per tutta la notte. Ma allora è proprio noi che vogliono ammazzare? Ada [n.d.r. la figlia di Caterina Gaggero ved. Viale] è partita per andare a casa, ma dicono che i tedeschi, prima allontanarsi, abbiano minato dappertutto.
Di qui dalla Marina San Giuseppe è partito un battello con sopra Bottiero, Rocca e Dardano: vanno a Mentone a chiamare i francesi e a dire loro che ormai tedeschi a Ventimiglia non ve ne sono più.
Ada, nell’andare a casa, ha incontrato Lorenzo Vacca che le ha proposto di andare ad avvisare i francesi. Così sono andati fino a Mentone dove sono arrivati prima della barca. Sono tornati al pomeriggio, sani e salvi dalle mine, conducendo con sé i liberatori. Poco prima, un piccolo aereo militare, a causa di un’avaria al motore, era atterrato qui davanti a noi su un isolotto del letto del Roia e tutta la gente attraversava il fiume per avvicinarvisi il più possibile.
Ci sarebbe stato proprio da girare una pellicola! E dire che stamane sono ancora passati gli aeroplani e, subito dopo aver pranzato, abbiamo dovuto rifugiarci in galleria perché c’è stato un mitragliamento su per la vallata di Camporosso e hanno sganciato diverse bombe dalle parti di Vallecrosia.
I tedeschi che avevano fatto saltare il ponte sono stati uccisi dai patrioti a Vallecrosia. Altri tedeschi in ritirata hanno trovato la morte fra Ospedaletti e San Remo. Del ponte, soltanto due arcate sono andate distrutte e ci si può benissimo passare sopra con un carretto a mano. Il cavalcavia di Nervia è, invece, impraticabile. Nelle vicinanze della proprietà del signor Garzo, a causa delle mine, un soldato francese è morto, tre sono rimasti feriti. Pure ferita una suora e Benedé.
La bandiera bianca sventola sulla Torre Littoria. Le campane suonano a festa, per lo meno quelle poche che vi sono ancora. Quella che si trovava alla Madonna delle Virtù giace abbandonata davanti alla sede dell’U.n.p.a.. La gente, quasi incredula, esce dalla galleria, dai rifugi e dalle cantine dove ha trascorso lunghi mesi in condizioni di vita terribili.
26 aprile
Stamane sono passati Pippo e Adriano che andavano da Bataglia [n.d.r.: Caterina Gaggero ved. Viale gestiva, con l’aiuto della figlia Ada, l’osteria-trattoria Bataglia, sita tra la zona Ville e Latte, Frazione di Ventimiglia]. Ho deciso di andarci anch’io e di dormirci. Ada trasporta a casa la roba che abbiamo qui a Ventimiglia; porta su anche le galline ed io ho intenzione di trasferirmi nella nostra casa. Ora vedrò fin dove arriva il mio coraggio.
Continuano a passare truppe francesi, molti soldati sono negri. Sia i militari che i civili passano per la strada Romana.
Un mulo è stato ucciso da una mina nei pressi del signor Orazio.
Caterina Gaggero vedova Viale, Diario di Guerra della Zona Intemelia 1943-45, Edizioni Alzani, Pinerolo, 1988

lunedì 7 agosto 2023

Sbarcammo clandestini come clandestini eravamo partiti

Camporosso (IM): uno scorcio della zona dove abitava con la famiglia Alberto "Nino" Guglielmi

Raggiunti gli alleati, Domenico Mimmo Dònesi e Nino furono ingaggiati dai servizi inglesi, sottoposti ad un breve addestramento e preparati alla missione di invio dell’ufficiale di collegamento presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria, il capitano Robert Bentley, del SOE  britannico. Intorno a Natale Nino [Alberto Guglielmi]  fu inviato a preparare lo sbarco di Bentley, che avvenne il 6 gennaio 1945, sempre sulla spiaggia di Vallecrosia. Di questa missione faceva parte anche Dònesi. Capacchioni era già in attesa in zona.
appunti inediti di Giuseppe Mac Fiorucci, per Gruppo Sbarchi Vallecrosia, Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM) >, 2007
 
Ad ogni modo presi contatto con Leo [Stefano Carabalona], che era appunto appena sbarcato in Francia in quel tempo, e poi con Kahnemann (Nuccia), il quale era pure passato a Nizza e mi posi immediatamente al lavoro. Tonino [Antonio Capacchioni], Mimmo [Domenico Dònesi] e Nino [Alberto Guglielmi] mi furono di grande ausilio durante la fase preparatoria. Le difficoltà di una traversata erano grandissime… decidemmo di inviare Nino perché preparasse il terreno… Nino venne tagliato fuori… Decidemmo di inviare Tonino…   
Robert Bentley in Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975
 
Attestato della N. 1 Special Force rilasciato alla memoria di Alberto "Nino" Guglielmi. Fonte: Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Con mio padre ci trasferimmo a Vallecrosia Alta, perché la costa era sovente bombardata dal mare, dai cannoni di Monte Agel e mitragliata dagli aerei.
Nel gennaio del 1944 morì mia madre e mio fratello Nino [Alberto Guglielmi] non fu presente al funerale. Sparito. Dalla primavera del 1944 mio fratello iniziò a fare qualche furtiva visita nottetempo. Confabulava con mio padre, poi spariva di nuovo. Spesse volte con mio padre ritornavamo alla casa al mare e a volte papà partiva per raggiungere la Francia con la barca. La cantina a volte era piena di merci le più varie, una volta persino dei datteri. Credo a settembre del ‘44, Nino una notte portò a casa, a Vallecrosia Alta, una radio e la nascose nell’armadio a muro nell’ultima stanza. Si apprestava a sparire un’altra volta. Mi accusò di non aver chiuso bene le porte. Non era vero, ero certa di aver chiuso bene tutte le 4 porte, ma Nino mi disse che XY, un nostro parente era entrato in casa e l’aveva sorpreso mentre usava la radio. Perché la mia famiglia abitava ai Piani di Camporosso, a poca distanza dal mare, nel piccolo gruppo di case che noi chiamavamo “Tribù”.  Mio padre era pescatore e, come tutti i pescatori abitanti in riva al mare, era anche contrabbandiere. Prima dello scoppio della guerra eravamo arrivati alla casa dei nonni alla Tribù, da Beausoleil, dove i miei  vivevano emigranti negli anni ‘30. Nel 1935 mio padre si arruolò volontario per la guerra di Etiopia. Nella sua attività di contrabbandiere credo che diverse volte trasportò oltre frontiera anche degli ebrei allora perseguitati e in fuga verso altri paesi. Una volta lo sentii parlare con la mamma di “brava gente che scappava”. Forse nacque così il suo antifascismo. Mio fratello Nino accompagnava già nostro padre nei viaggi in Francia per contrabbando, quando venne arruolato, ironia della sorte, nella Guardia Confinaria e inviato proprio a Beausoleil.
Spesse volte, anche senza permesso, ritornava a casa in bicicletta per brevi visite.
L’8 settembre 1943 lo colse a Beausoleil.
Tutto il reparto come tutto il Corpo d’Armata Italiano si sfaldò. Nino ricevette vestiti borghesi dal clero della chiesa di St. Charles di Beausoleil, che lo aiutarono anche nella fuga verso l’Italia.
Nei giorni seguenti ero a Ventimiglia, che era nel marasma generale, sul lungo Roya notai tre uomini nel greto del torrente che procedevano verso la foce portando in spalla fasci di canne.
Uno di questi mi fissò e con impercettibile gesto della mano mi fece segno di allontanarmi. Era Nino. Ritornai a casa e avvisai mio padre dell’accaduto.
Quella sera mio padre non chiuse la porta di casa. A notte arrivò mio fratello.
A causa delle continue visite della Polizia che avrebbe potuto facilmente scoprire il disertore, Nino si rifugiò in località Marcora sopra Isolabona, in un casone di campagna adibito a ricovero degli attrezzi agricoli di una vigna di un nostro conoscente.
Aumentarono per tutto il 1944 le nostre visite alla casa sulla costa. Accompagnavo mio padre con in braccio mio fratellino Bruno per rendere più facile il passaggio al posto di blocco all’altezza della caserma Bevilacqua. Sorpassavamo di lato la sbarra e i tedeschi e i fascisti di guardia ci salutavano dalla guardiola. A volte trascinavamo il carretto con sopra le ceste dei fiori. A Vallecrosia Alta coltivavamo un piccola piantagione di garofani. Spesse volte tra i garofani mio padre nascondeva casse che nottetempo erano sbarcate sulla costa.
…papà nascose in un altro nascondiglio la radio. Venne la polizia rovistarono dappertutto ma fu facile dire che non sapevamo niente della radio e che non sapevamo dove Nino fosse fuggito, forse con la radio stessa.
[...] Da quei giorni nella cantina della casa al mare furono custodite anche strane casse.
Sono certa che sbarcarono o si imbarcarono anche altri soldati alleati. In particolare ricordo che prima di Natale del ‘44 una notte riapparve Nino accompagnato da un uomo alto, biondo come uno svedese e due baffoni. Erano appena sbarcati dalla barca, perché i pantaloni erano bagnati, e avevano anche diverse casse che nascosero in cantina e che vennero recuperate nei giorni successivi dagli amici di Nino: Achille, Lotti e altri. Ancora a notte partirono per Negi.
La notte della Epifania [del 1945] riapparve mio fratello Nino con “Mimmo” (Domenico Dònesi) e un ufficiale inglese [il capitano Bentley] bagnato fradicio. Era evidentemente appena sbarcato. Sistemarono delle casse in cantina poi si incamminarono di nuovo.
L’indomani, di buona ora con mio padre e mio fratellino Bruno ci incamminammo per Vallecrosia Alta. Era una strana carovana che procedeva dalla costa verso la collina di S. Croce fino all’attuale via O. Raimondo. Io, mio padre con mio fratellino sulle spalle e un carretto con delle ceste di fiori all’interno delle quali forse era nascosta una radio ricetrasmittente o altre casse, procedemmo  lungo la via provinciale per passare il posto di blocco; Elio Bregliano, Mimmo, Nino, il cap. Bentley e Mac il marconista lungo il versante della collina nascosti tra i pini e sotto i pergolati delle coltivazioni di verde ornamentale proprio dietro la caserma Bevilacqua lungo il sentiero del Nespolo. Davanti e dietro altri partigiani. All’altezza del cimitero di Vallecrosia incontrammo Achille e Lotti che avevano fatto da staffetta e portato un po’ di pane. Arrivò anche Eraldo Fullone con un carro e una mula per caricare le ceste di fiori [...] Il 26 aprile [1945] mio padre decise di ritornare a Vallecrosia.
Giunti a Ponte San Luigi non ci lasciarono rientrare in Italia. Non avevamo i documenti! Come facevamo ad avere i documenti se eravamo fuggiti clandestini?!
La guerra era appena finita e la burocrazia ottusa già manifestava tutta la sua forza.
Ritornammo a Beausoleil e mio padre affermò “Ritorniamo in Italia come ne siamo scappati”.
Un suo amico pescatore di Monaco, forse anche lui contrabbandiere, gli mise a disposizione una barca e la notte del 27 ci imbarcammo per ritornare in Italia.
Sbarcammo clandestini come clandestini eravamo partiti. Sebbene la guerra fosse finita non avevo notizie di Nino.
Fu allora che alle mie pressanti richieste mio padre mi mise al corrente che Nino era morto il 20 gennaio. Fu ammazzato a Baiardo, sulla strada per Vignai. Riuscii ad andare a Baiardo accompagnata dalla mia amica Manon per cercare dove fosse sepolto Nino.
Ritornammo ad abitare nella nostra casa alla Tribù.
Ci venne a trovare Luciano [Rosina] Mannini, che sapeva di Nino. Ci aiutò a trovare un carro e un mulo. Un amico dei partigiani di Bordighera, non ricordo chi fosse, mise a disposizione gratuitamente due bare, una per mio fratello e l’altra per Alipio Amalberti, trucidato a Badalucco.
Insieme a Ezio Amalberti, andammo a Baiardo passando da Apricale.
Una donna di Baiardo, Esterina, un’anima pia, aveva provveduto a recuperare e, alla meno peggio, a sotterrare il corpo di Nino nel cimitero.
Giungemmo a Baiardo in serata, Ezio proseguì per Badalucco.
Mi vennero in aiuto il parroco e alcuni giovani di Baiardo. Si riesumò la bara e riuscii a tagliare una ciocca di capelli di Nino che conservo ancora oggi. Dormii dentro al cimitero appoggiata alla bara con il corpo di mio fratello. Mi fece compagnia il parroco alla luce di una lampada a petrolio; era un po’ sordo e parlò a voce alta per tutta la notte. Le sue parole attirarono l’attenzione di una pattuglia francese. Erano soldati africani che ci intimarono il mani in alto con i fucili spianati.
Spiegai loro in francese che ero venuta a recuperare la salma di mio fratello che giaceva dentro la bara. Scapparono a gambe levate. L’indomani mattina ritornò Ezio con la bara di Alipio. Ritornammo a Vallecrosia scendendo da Ceriana con quel triste carico.
Al nostro passaggio la gente si segnava commossa. Il ponte danneggiato lungo la strada era stato reso parzialmente agibile con assi di fortuna. Alcuni uomini impietositi si levarono il cappello e ci aiutarono nel difficile passaggio del ponte.
Arrivammo a Vallecrosia in serata ma ci aspettavano in tanti.
Venne improvvisata una camera ardente nella sede del PCI. L’addetto alle pompe funebri con un trapano voleva praticare dei buchi nella bara di zinco, come prescriveva la legge di allora. Mi opposi ferocemente all’ulteriore scempio che avrebbe subito la salma di Nino dopo che a Baiardo a causa della bara troppo piccola gli erano state fracassate le ginocchia. L’indomani i feretri furono portati in chiesa per la cerimonia religiosa (per evitare ulteriori problemi mio padre, prima di entrare, tolse le bandiere rosse che coprivano le bare) e quindi seppelliti nel cimitero di Vallecrosia alla presenza di tutti i partigiani e di tanta, tanta gente. Mio padre aveva recuperato la radio che aveva segnato il destino di Nino. Era avvolta in una tela di sacco, al momento dell’interramento la posai sulla cassa; giace con lui.
Dopo anni mi fu consegnata un’onorificenza alla memoria di mio fratello Nino; era compreso anche un contributo in denaro, mi fecero vedere anche un assegno che però non mi consegnarono perché nel frattempo era mancato anche mio padre. Che se li tengano! Di Nino mi resta il ricordo, una medaglia al valore, una ciocca di capelli, le parole che scrisse di lui Renzo Rossi e la certezza che, senza convenienza, fece tanto e più di quello che si sa, per la libertà di tutti, anche per quel semi-parente che fece la spia e lo tradì.
Emilia Guglielmi in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.