venerdì 31 maggio 2013

La guerra, che due giorni prima con l'arrivo degli Americani sembrava finita


Mentone in una vecchia fotografia
 
W. Walter Orebaugh nasce nel 1910 negli Stati Uniti, a Wichita Sedgwick in Kansas. Nel 1932 entra nel servizio estero degli Stati Uniti. Dal 1937 al 1941 svolge la funzione di Viceconsole a Trieste dove incontra Manfred Metzger, rampollo di una famiglia agiata austriaca che lo aiuterà negli anni avvenire. Promosso al ruolo di Console nel 1941, l'anno successivo è inviato a Nizza con il compito di proteggere gli interessi statunitensi nella Francia occupata e di promuovere il rimpatrio dei cittadini americani. In questo ambito, prende contatto e dà assistenza finanziaria ai movimenti della Resistenza attivi nella Francia meridionale in cambio di informazioni: riguardanti l’esercito tedesco e la sua avanzata e i progetti della Resistenza in merito all’attacco e al sabotaggio delle linee ferroviarie e dei porti. Ai primi del novembre 1942, per motivi di sicurezza, trasferisce la sede del Consolato Americano da Nizza al Principato di Monaco, qui nello stesso mese viene arrestato dall'esercito italiano nel corso di un'operazione militare effettuata nel Principato. Le autorità italiane lo internano in Italia, insieme a due delle sue assistenti: Nancy Charrier e Amy Houlden. Dapprima lo trasferiscono a Gubbio, quindi a Perugia, presso l’hotel Brufani. Dopo l’8 settembre, per non cadere in mano ai tedeschi, con l’aiuto di una cameriera dell’albergo, Vittoria Vechiet, i tre scappano e si rifugiano presso l’abitazione di Margherita Bonucci. Dopo alcuni mesi, con l’aiuto della figlia di Margherita, Valentina, il console riesce a prendere contatti con Bonuccio Bonucci, uno dei fondatori della Brigata Proletaria d’Urto - San Faustino. Unitosi con i partigiani lascia la casa di Margherita.
Orsola Mazzocchi, W. Walter Orebaugh, Dizionario Biografico Umbro dell'Antifascismo e della Resistenza  

Una ventina di membri del réseaux de renseignements arrestati nelle Alpes-Maritimes (nello specifico il colonnello Bernis, responsabile della rete Alliance, il comandante Guetta, responsabile della rete Gallia, Maurice Blanchard, responsabile della rete Jove che aveva partecipato ai negoziati con l’ammiraglio Tur, Léon Sliwinski, responsabile della rete F2, il comandante Vallet, responsabile della rete Mithridate, il capitano Lévy, animatore della Resistenza Antibes e membro della rete SOE, furono internati, tra febbraio e settembre 1943, nella prigione di Imperia, mentre i mentonesi Vincent Delbecco et Louis Ghersi (rete Mithridate) furono reclusi a Chiavari senza essere stati giudicati.
I 43 responsabili dell’Armée secrète des Alpes-Maritimes, arrestati nel maggio-giugno del 1943 a Nizza, all’uscita dal centro d’interrogatorio e di tortura di Villa Lynwood, furono messi nelle prigioni di Ventimiglia, Sanremo e Imperia in stato di detenzione provvisoria, in attesa del loro processo davanti al tribunale militare di Breil.
Jean-Louis Panicacci, Le ripercussioni dell’occupazione italiana in Francia nella provincia di Imperia, Intemelion, n° 18 (2012)
 
La collaborazione antifascista tra Italiani e Francesi nelle Alpi Liguri e nelle Alpi Marittime, dopo l'8 settembre 1943 trasformatasi in collaborazione armata nella lotta contro i nazifascisti, ha origini lontane [...] Infatti nel Sud-Est della Francia i resistenti incaricati raccolsero numerose informazioni valide e dal 3 gennaio 1943 furono autorizzati dai quadri superiori della Resistenza francese ad attaccare e sabotare le organizazioni civili fasciste, cercando di evitare la frattura con le truppe regolari italiane d'occupazione. Nel luglio del 1943 una buona parte del Comitato di Informazione italiano e dell'O.V.R.A. erano passati sotto il quadro dell'Intelligence Service inglese. (Da una testimonianza scritta del comandante partigiano francese Joseph Manzoni detto "Joseph le Fou").
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio Isrecim, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977

Da un rapporto della Flotta statunitense operante nella Francia di Sud-Est (U. S. Atlantic Fleet, Task Force 86 Operations and Action of the Support Force Eighth’ Fleet During Invasion Of Southern France)
 
28 settembre 1944
[...] La CGT 80.8 è assegnata al movimento dei convogli ed alla protezione degli approdi nei porti del Sud della Francia. La SC 515 staziona a Saint Tropez e questo viene segnalato per dovere. La SC 515 cura il pattugliamento del golfo di Saint Tropez. La Madison rimane all'ancora a Saint Tropez. Jones [n.d.r.: dovrebbe trattarsi del responsabile della sede di Nizza dell'OSS, il servizio segreto statunitense antenato della CIA] ha ordinato come completamento della missione di effettuare pattugliamento navale davanti a Golfe Juan. La prima richiesta ABTF riguarda due cacciatorpediniere che devono rimanere nell'area F.S. per osservare i cannoneggiamenti sulle truppe e prendere le batterie [nemiche] sotto tiro. CTF 86 ritiene al momento questa una richiesta impossibile da soddisfare ma ordina che le pattuglie "Able" e "Baker" rilevino le posizioni dei cannoni nemici.
2106 - La FS Fortune, riparata la radio a Saint Tropez, ha ricevuto l'ordine di procedere verso l'area di supporto al fuoco. CTF 86 ha mandato un messaggio al primo CG ABTF con cui annuncia che dovrebbe arrivare a Nizza il 29 settembre [...]
Da un rapporto della Flotta statunitense operante nella Francia di Sud-Est (U. S. Atlantic Fleet, Task Force 86 Operations and Action of the Support Force Eighth’ Fleet During Invasion Of Southern France)
 
Joseph Manzone, detto le fou (il pazzo), era una figura di spicco della Resistenza di Nizza. In particolare collaborò attivamente con il capitano Geoffrey M.T. Jones, capo del servizio di informazione americano, nelle missioni facenti capo ai servizi segreti alleati presso il maniero Belgrano di Nizza. Portò a termine importanti missioni in territorio nemico, cioé italiano, per la raccolta di informazioni sul dislocamento delle truppe nemiche. Di rilievo la collaborazione del Manzone con i Partigiani italiani della Divisione del comandante Rocca.
Note preparatorie, non pubblicate, di Giuseppe Mac Fiorucci per Gruppo Sbarchi Vallecrosia < Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia - Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM)>, 2007
 
La batteria della ferrovia navale tedesca bombarda i cacciatorpedinieri alleati, posizionata in Mentone (ottobre 1944). Fonte: Archivio Federale Tedesco

Johnny [Gian Sandro] Menghi, capo della missione Youngstown/Melon era stato catturato dalle SS ma era riuscito, fortunatamente, a scappare e ad attraversare il confine a Ventimiglia, quasi in contemporanea con l'operazione Anvil, ovvero gli sbarchi degli Alleati nel Sud della Francia. Fuggendo, aveva nascosto delle mappe che riportavano le difese dell'Asse lungo la costa ligure. Quando raggiunse Bonfiglio, insieme tornarono indietro e, con grande rischio personale, recuperarono le mappe dal nascondiglio.
Max Corvo, La campagna d’Italia dei servizi segreti americani 1942-1945, Libreria Editrice Goriziana, 2006


25/8/1944
[…] Siamo di fronte uno all'altro, ci guardiamo meravigliati, poi scoppiamo dal ridere; mi racconta che è reduce da un imponente rastrellamento subìto sulle pendici del monte Grammondo. Ora cerca [Netu/Nettu/Nettù, Ernesto Corradi, in quel momento ancora comandante di un distaccamento, "Grammondo", della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione"] il Comando di divisione per fare il suo rapporto. Mi propone di seguirlo, dicendomi che sarebbe sceso a Torrazza [Frazione di Imperia] e ritornato, poi, in Francia. Il desiderio di rivedere i miei genitori era immenso e l'idea di avvicinarmi agli alleati mi allettava molto. Illuso di poter entrare a Porto Maurizio sopra un carro armato americano, accetto la proposta e decido di seguirlo. Convinto dall'entusiasmo del mio compagno, abbandonavo la vita partigiana nelle montagne imperiesi, mentre una nuova spericolata avventura mi avrebbe condotto oltre confine, dove pensavo di arruolarmi in un esercito regolare per combattere, con maggiori probabilità di riuscita, quel nemico da cui non volevo più fuggire e che volevo vincere. Saluto i compagni, dispiaciuti per la mia decisione, che rimangono là in attesa di quelle armi che non arriveranno mai, e mi avvio con "Nettu" verso il Comando di divisione. Terminato il suo rapporto sulla sconfitta subìta sul monte Grammondo, "Nettu" ottiene da "Giulio", commissario di divisione [Libero Remo Briganti], il permesso di partire per la Francia, ed io con lui.
29/8/1944
Con una lunga camminata, prima di sera raggiungiamo Triora […]
30/8/1944
Prima di partire per la Francia, "Nettu" mi fa capire che vuole attuare un colpo di mano nei pressi di San Lorenzo al Mare […]
2/9/1944
[…] Fermi e decisi, aggrappandoci ai cespugli, scivoliamo giù in mezzo alla roccia e raggiungiamo il piede del viadotto sulla sponda sinistra del fiume. […] Superato il grande ostacolo del Roia, ci dirigiamo verso il paese di Collabassa; sul sentiero, fra alberi di pino, incontriamo un giovane di Olivetta San Michele e lo convinciamo a seguirci; il suo nome di battaglia sarà "Pineta", proprio a ricordo del luogo in cui l'abbiamo incontrato. Oltrepassato l'abitato di Collabassa proseguiamo verso il torrente Bevera […]
Sono le ore sedici meno venti del giorno 4 settembre 1944, inginocchiati, il busto eretto, le mani strette sul fucile, guardiamo delusi il forte di Monte Agel, bombardato dalle artiglierie degli Americani, i quali credevamo fossero già giunti al confine da molti giorni. Stentavamo a credere che gli alleati fossero ancora oltre quella montagna, ma purtroppo dovevamo rassegnarci ad attenderli su un territorio ancora occupato dal nostro nemico. Completamente isolati dai nostri Comandi, con gli zaini vuoti, ci preparavamo ad affrontare giorni  difficili.
8/9/1944
Scendiamo per la seconda volta in città [Mentone]; "Nettu" è fermato dalle autorità francesi e trattenuto per alcuni giorni […]
9/9/1944
È tornata l'alba, un fuoco infernale di artiglieria si abbatte sulla zona più violento che mai. Sibili e ululati di proiettili si confondon nello spazio sopra di noi, seguiti da assordanti fragori. La guerra, che due giorni prima con l'arrivo degli Americani sembrava finita, era ripresa con tutta la sua spaventosa violenza. Ritorniamo a Mentone dopo una notte trascorsa sotto i tiri in crociati delle due artiglierie; camminiamo rasentando i muri delle case, con l'impressione di essere più riparati dalle schegge. Nella città, tornata quasi deserta, si vedono circolare solo jeep e automezzi militari, mentre i cittadini abbandonano in fretta le proprie abitazioni per rifugiarsi in aperta campagna. Vaghiamo per le strade nell'attesa che "Alberto" torni dal Comando alleato e, incuriositi, osserviamo i pezzi di artiglieria che sparano senza sosta verso l'Italia.  […]
15/9/1944
Avevamo l'incarico di perlustrare le pendici del Monte Grammondo, dove alcune pattuglie tedesche appostate potevano ancora dirigere il tiro delle loro artiglierie sulle truppe alleate in movimento.
Per evitare le strade minate affrontiamo una parete rocciosa […]
19/9/1944
Per motivi di sicurezza ci trasferiamo dalla pensione Mimosa a Villa Lucca, sotto Roquebrune, di fronte a Montecarlo. Davanti allo splendido mare della Costa Azzurra […] Ogni settimana, al comando degli Americani, eravamo destinati ad eseguire missioni sempre più pericolose. Divisi in due gruppi, uno agiva in montagna per individuare le posizioni tedesche, l'altro, via mare, stabiliva collegamenti con i partigiani di Ventimiglia.
Giorgio Lavagna (Tigre), Dall'Arroscia alla Provenza - Fazzoletti Garibaldini nella Resistenza, I.S.R.E.C.IM. - ed. Cav. A. Dominici - Oneglia - Imperia, 1982

Alzabandiera del 21/XV Bataillon - Fonte: Musée de la Résistance Azuréenne

A settembre 1944 Lavagna ed il suo gruppo vennero arruolati nella FSSF, First Special Service Force (chiamata anche The Devil's Brigade, The Black Devils, The Black Devils' Brigade, Freddie's Freighters), reparto d'elite statunitense-canadese di commando, impiegato anche nella Operazione Dragoon nel sud della Francia, tuttavia sciolto nel dicembre 1944; a questa data, per non farsi internare, questi garibaldini furono costretti ad immatricolarsi nel 21/XV Bataillon Volontaires Etrangérs francese. 
Adriano Maini


6 settembre 1944
Stamattina un biplano ha mitragliato per un bel po' di tempo la motozattera incagliata a Capo Mortola [in Ventimiglia (IM)]. Abbiamo la flotta sempre in vista e, ogni tanto si assiste a battaglie tra navi e batterie di terra. Corre voce che gli Alleati siano in Montecarlo e che abbiano già occupato parte del Belgio e dell'Olanda. Questa sera, alle 18,30 hanno fatto saltare la strada ferrata al confine. Pure la via Aurelia è stata buttata all’aria vicino a Ponte S. Luigi, dalla cavetta della Stella. Ormai siamo in prima linea.
Caterina Gaggero Viale, Diario di Guerra della Zona Intemelia 1943-45, Edizioni Alzani, Pinerolo, 1988

A fine settembre [1944] l’afflusso dei volontari italiani si fece consistente, iniziarono ad arrivare gli scaglioni arruolati dal C.I.L. e dalle M.O.I., fra questi alcuni gruppi di partigiani provenienti dall’Italia. Alla costituzione del battaglione, il 27 settembre, già militavano 460 volontari; a fine reclutamento, il 20 ottobre, si era ad oltre 800 volontari che, per la fine del 1944, avrebbero raggiunto il migliaio. L’arruolamento massiccio degli italiani si sarebbe rilevato determinante sul piano quantitativo ma, soprattutto, sul quello qualitativo, per la presenza di numerosi militari veterani sia della IV Armata che ex prigionieri dei tedeschi liberati dagli Alleati. Il battaglione era dotato di autonomia amministrativa. [...] A metà settembre 1944 paracadutisti americani del 551° battaglione e reparti francesi risalgono la Tinea. Tra loro i primi 48 volontari stranieri che raggiungono Isola con due autobus a gasogeno delle linee urbane di Nizza. Nei giorni successivi, con l’arrivo degli altri complementi, formano la 1° compagnia del battaglione che, al completo, raggiunge la vallata tra il 20 e 23 ottobre 1944 attestandosi in alta valle, tra Pont St. Honorat e Le Bourguet, con la riserva nel Vallone di Roya. Nonostante le posizioni sfavorevoli, l’armamento e l’equipaggiamento non idoneo respinsero tutte le incursioni tedesche infliggendo perdite e catturando prigionieri. Non si lamentarono né caduti né dispersi ma solamente dei feriti. A novembre l’incipiente inverno, quell’anno particolarmente rigido e con abbondanti nevicate, ridusse le operazioni al solo presidio delle posizioni e l’impegno maggiore fu quello di garantirsi la sopravvivenza nel non facile ambiente montano. Alla fine di novembre la 44° US Infantry Brigade, comandata dal generale Tobin, sostituiva nelle Alpi Marittime i paracadutisti della 1° A.B.T.F, trasferiti a nord per l’operazione Gold Market, mentre la 1°S.S.F. veniva sciolta. Superato il periodo iniziale i reparti francesi vengono riorganizzati; [...] diviene il 21/XV Bataillon Volontaires Etrangers, cioè il 21° Battaglione della XV° Regione Militare, Volontari Stranieri. Con questi battaglioni vengono formate due unità, il “Groupe de Bataillons n°1 (21/XV B.V.E. e 22/XV) più il Groupe Etranger d’Artillerie che viene schierato a Mentone, mentre il Groupe de Bataillons n° 2 (20/XV e 24/XV) in Valle Tinea. Il 21/XV viene collocato di riserva a Gorbio, con l’incarico di intervenire su allarme degli avamposti americani. Ciò si traduce in estenuanti pattuglie e rastrellamenti nell’impervie pendici del Grammondo. La situazione del fronte si era stabilizzata. Americani e tedeschi non si impegnavano in azioni d’attacco ma si limitavano al pattugliamento della terra di nessuno. Il fronte era attivo solamente per i tiri dell’artiglieria che battevano regolarmente le posizioni avversarie. Occasionalmente si scatenavano dei violenti duelli d’artiglieria con la partecipazione navale della Flank Force e, da parte tedesca, anche di un treno armato di base a Diano Marina. Nel gennaio 1945 il 21/XV B.V.E. viene assegnato alla difesa del fronte mare, da Garavan a Cap Martin. L’azione consisteva nella sorveglianza della costa, nell'impedire sbarchi ed infiltrazioni e pattugliare i “carrugi” della città vecchia di Mentone. Nel tratto di mare prospiciente il fronte avvenivano dei collegamenti notturni tra la Resistenza italiana e gli Alleati. Nella notte tra il 14 e 15 febbraio 1945 i tedeschi, fingendo uno di questi collegamenti, tentarono di sbarcare informatori e prendere prigionieri. Alla testa del molo del porto di Mentone era stata ricavata una postazione e da questa, verso le 3 del mattino, una sentinella avvertì dei movimenti e diede l’allarme. Vennero fatte le intimazioni regolamentari alle quali veniva correttamente replicato in buon francese. Il battello, seguendo gli ordini ricevuti, accostò al lato interno del molo. Il maresciallo Michele Zerbini, comandante della postazione, si sporse per agguantare la cima ma venne strattonato e gettato in mare e, nonostante l’equipaggiamento, le sue ottime doti di nuotatore (era genovese) gli permisero di riemergere e a sua volta di trascinare in mare un tedesco. Contemporaneamente ordinava di aprire il fuoco nonostante si trovasse sulla linea di tiro. Dalla postazione il tiratore del F.M., basandosi sulle sue urla, individuava nel buio gli aggressori e con una sola raffica li neutralizzava. Nella mattinata recuperarono l’imbarcazione tedesca con tre morti a bordo e della pattuglia tedesca sopravvisse solamente l’ufficiale di marina trascinato in acqua da Zerbini. L’operazione venne citata nel bollettino di guerra e il maresciallo Zerbini venne decorato con la “Croix De Guerre”
Giuseppe Calò, Il 21/XV Bataillon Volontaires Etrangérs, in Storia Militare n. 141, giugno 2005

... Il 28 dicembre [1944] il 22° B.C.A. ha ripreso un prigionero italiano che tentava di passare in barca in Italia. Era evaso in battello da Villafranca (Caserma Rochambeau) il mattino alle 6, si era fermato a Monaco...
da un documento della I^ Armata Francese - Gruppo Alpino Sud del 30 dicembre 1944 - documento
(Archivio francese SHAT), rintracciato a cura di Giuseppe “Mac” Fiorucci per la preparazione del suo “Gruppo Sbarchi Vallecrosia”, Op. cit.

[…] Joseph Manzone, dalla cui temerarietà il gruppo C.F.L.N. da lui diretto prese il nome di Joseph le Fou, da dicembre 1944 alla fine della guerra svolse 51 missioni dietro le linee tedesche […]
Il 16 ottobre 1944 i tedeschi sorpresero sul pianoro della Ceva, vicino a Fontan, Emile Grac, F.F.I. del gruppo C.F.L. Parent, che stava effettuando una ricognizione dietro le linee nemiche, e lo abbatterono [...] Il 5 febbraio 1945 Charles e Jacques Molinari *, della rete C.F.L. Parent, furono catturati dai tedeschi mentre cercavano di prendere contatto con i partigiani italiani di “Giustizia e Libertà” in Alta Val Roia. Condotti a Sanremo [(IM)], dove furono torturati, resistendo senza rivelare nulla, riuscirono in aprile a fuggire, poco prima di essere condotti davanti al plotone d’esecuzione.
Sempre il 5 febbraio 1945 due altri agenti, della rete Gallia, Salusse e Santoni, furono sorpresi e catturati vicino a Breil-sur-Roya [Val Roia francese, dipartimento delle Alpi Marittime] e vennero fucilati a Pieve di Teco [(IM)] il 4 aprile ** [...]
Pierre-Emmanuel Klingbeil, Le front oublié des Alpes-Maritimes (15 août 1944 - 2 mai 1945), Ed. Serre, 2005

Nell'aprile 1945 la condanna a morte definitiva: i tedeschi, temendo l'avanzata degli Alleati, prelevati i prigionieri in numero di venticinque, li inviano verso i campi di sterminio in Germania. Un milite ferroviere, dopo avere chiusi i lucchetti delle catene, consegna furtivamente la chiave ai Molinari. La tradotta sosta a Bornasco tra Pavia e Milano. Un rombo di bombardieri alleati crea il fuggi fuggi generale. Sette prigionieri, e fra questi i fratelli Molinari, riescono a darsi alla fuga... Per il loro comportamento riceveranno l'encomio della Divisione con "Croce di Guerra e Stella d'Argento"...  
Don Nino Allaria Olivieri in "La Voce Intemelia", Ventimiglia (IM), Aprile 2008

 
** Da un verbale di interrogatorio di Ernest Schifferegger, confluito in un documento del 2 giugno 1947 redatto dall’OSS statunitense, antenata della CIA, si apprende che Salusse e Santoni riuscirono a comunicare con un altro detenuto, un italiano, un certo Corrado, che era rientrato clandestinamente dalla Francia insieme ad un certo Vavassori per compiere, molto probabilmente a ciò forzato, una missione alleata di spionaggio: non solo lo pregarono di informare le loro famiglie della loro sorte e del loro luogo di sepoltura, ma gli trasmisero gran parte delle informazioni militari che erano riusciti a rilevare. Senonché al Corrado, portato in carcere a Sanremo, vennero ritrovati e sequestrati gli appunti che aveva in merito trascritto. Schifferegger aggiungeva che non poteva dire se il Corrado aveva tenuto gli appunti per avere una merce di scambio con i tedeschi o perché pensava di riuscire a portare quella documentazione oltre confine. Nè quale sorte forse poi toccata al medesimo, una volta trasferito al carcere di Oneglia. Ernest Schifferegger era un italiano altoatesino che in occasione del referendum del 1939 aveva optato, come tutti i membri della sua numerosa famiglia, per la nazionalità tedesca. Entrato nelle SS, operò - a suo dire - solo nella logistica, su diversi punti del fronte occidentale. Era, tuttavia, a Roma come interprete, quando partecipò al prelievo di un gruppo 25 prigionieri politici italiani condotti a morte nella strage delle Fosse Ardeatine. Fece in seguito l'interprete per i nazisti anche a Sanremo. Il suo grado era quello di maresciallo. La citata relazione dell'OSS riporta che alla data del 2 giugno 1947 Schifferegger era ancora in custodia alla Corte d'Assise Straordinaria di Sanremo].
Adriano Maini

16 aprile 1945 - Da "Giglio" alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" [responsabile "Livio" Ugo Vitali - vice responsabile "Citrato" Angelo Ghiron] - Comunicava che... si ignorava la sorte dei soldati francesi prigionieri a Nava [diversi partigiani italiani e maquisard francesi furono imprigionati nei forti di Nava in attesa di essere giustiziati. Tra questi, due giovani della Costa Azzurra, Francois Dominaci e Antonie Midou, fucilati a Pieve di Teco intorno al 10 aprile 1945, ed il partigiano Alfredo Brancher, di 40 anni, nato in Germania, fucilato, insieme a Giobatta Nano di 59 anni di Castelvecchio di Rocca Barbena ed a Clemente Rota di 55 anni di Ceriale, l'11 Aprile 1945 presso il cimitero di Albenga per la rappresaglia conseguente all'uccisione di un sottufficiale tedesco a Cerisola, per la strada che conduce a Garessio.
da un documento IsrecIm in Rocco Fava  di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999
 
Nella notte tra il 16 ed il 17 aprile 1945 a 14 miglia da Oneglia due mezzi d’assalto di superficie della Xª Flottiglia MAS della Repubblica Sociale Italiana portarono a termine un'azione di guerra contro un cacciatorpediniere della Marine Nationale francese, il Trombe, che era un cacciatorpediniere della Classe Classe Bourrasque, varato nel 1925, con un dislocamento a pieno carico di 1.920 tonnellate. Quella notte l’unità francese cadde vittima di un attacco da parte di due barchini esplosivi, l’MTM 548 e l’MTSMA 312. L'M.T.M. (Motoscafo da Turismo Modificato) dal 1941 fu il barchino esplosivo standard della Xª Flottiglia MAS, mentre l’M.T.S.M. era la versione migliorata degli M.T.S. grazie all’incremento della lunghezza dello scafo, alla nuova forma della carena, alla riduzione dei siluri imbarcati e all’aumento dei motori, che passarono da uno a due. Nella richiamata azione di guerra contro il Trombe, mentre l’M.T.S.M. manovrò per attirare l’attenzione del natante nemico, l’MTM 548 lo centrò sulla dritta, aprendo un grosso squarcio ed uccidendo 20 uomini. La nave ebbe una grossa falla nella fiancata e danni gravissimi, che la misero fuori uso; fu rimorchiata a Tolone ma il danno fu giudicato irreparabile e  nel febbraio del 1950 sarà radiata ed avviata alla demolizione. Il protagonista di quell’azione fu il pilota Sergio Denti. 
Adriano Maini  

venerdì 10 maggio 2013

Il ferimento del comandante partigiano “Leo”

La zona di Villa Poggio Ponente sulla Via Romana di Vallecrosia (IM)























 

Rosina (Luciano Mannini) racconta: "Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l'arrivo nella zona della V^ Brigata [d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni"] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre - parte attraverso i valichi alpini e parte via mare - in Francia, stabilì col capo della missione alleata [un segmento della Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta". La missione Leo alla quale appartenevano Rosina, Lolli [Giuseppe Longo], Giulio [Corsaro/Caronte] Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [il 10] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall'infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l'altro, l'uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno...
Mario Mascia, L'Epopea dell'Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura di IsrecIm

Una vista su Vallecrosia (IM)

Le "agenzie" di intelligence alleate (francesi, inglesi e americane) iniziarono a lavorare più in concorrenza fra loro che in collaborazione.
Il nostro CLN assisteva con timore a queste azioni in "concorrenza", perché mettevano in pericolo tutta l'organizzazione.
Come quando a Vallecrosia, successe il tragico episodio di Irene e "Leo" (Stefano Carabalona).
Nello svolgersi di una operazione di spionaggio, gli agenti "Leo" e "Rosina" (Luciano Mannini) vennero inviati con documenti e soldi a Vallecrosia, punto di sbarco organizzato dal CLN. Il maresciallo Reiter (1) fece accompagnare da due agenti in borghese la staffetta Irene [n.d.r.: in questa versione dei fatti la persona, costretta dai nazisti a fare da esca per attirare in trappola i due partigiani; in altre versioni, invece, Irene era stata seguita a sua insaputa] verso la casa di Vallecrosia [(IM)], dove “Leo” e “Rosina” [Luciano Mannini], ignari, aspettavano [era l'8, forse il 9, febbraio 1945] il ritorno di chi li aveva traditi [n.d.r.: si ripete che altre testimonianze o fonti della narrazione di questo tragico evento indirizzano, invece, ad una casuale scoperta di collegamenti clandestini da parte degli apparati nazisti di controllo; in ogni caso, vedere infra]. Leo (2) [Stefano Carabalona] restò gravemente ferito.
La casa di Vallecrosia (IM) nella quale Leo Carabalona venne ferito
 
Lo stato attuale della zona di Vallecrosia, dove sorgeva la casa in cui venne ferito Leo Carabalona

Ma anche i due agenti nemici versarono in fin di vita.
“Leo” e “Rosina” fuggirono per vie diverse eludendo anche il successivo rastrellamento tedesco. “Leo” trovò rifugio nella clinica Moro [n.d.r.: che da Ventimiglia (IM) era stata trasferita dal 2 gennaio 1944 a Villa Poggio Ponente di Vallecrosia] sulla via Romana, dove venne medicato ma non ricoverato. Il partigiano Lotti [Mario Aldo Lotti (Levis)], commissario del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia], probabilmente allertato da “Rosina”, o non so come, avvisò il nostro C.L.N. di Bordighera che “un agente americano” era stato ferito e si trovava alla clinica Moro. Insieme a Renzo [Gianni] Biancheri “U Longu”, prelevammo “Leo” dalla Clinica Moro e lo portammo all’ospedale di Bordighera. Riuscimmo a ricoverarlo con un tragico stratagemma.
Per i ricoveri con ferita i medici dovevano dichiarare se la ferita era stata causata da scheggia di bomba o da colpo d’arma da fuoco. All’ospedale “Leo” venne curato da due medici che conoscevo bene, il dr. Giribaldi e il dr. Gabetti, e assistito dalla caposala, infermiera Eva Pasini.
Il dr. Gabetti mi disse che difficilmente “Leo” sarebbe sopravvissuto e che quindi conveniva ricoverarlo come “ferito da colpo d’arma da fuoco” e non rischiare la vita quando la polizia fascista avesse preso conoscenza del referto. Così fu fatto: “Leo” fu ricoverato e gli vennero prestate le prime cure. [...]
Renzo "Stienca" Rossi (3) in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, < ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia - Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM) >, 2007

(1) Maresciallo Reiter del comando SD di Sanremo (IM), dove faceva da autista, dalla metà di marzo 1944 sino al termine della guerra, un certo Fioravante Martinoia, nato il 24 febbraio 1915 a Vallecrosia, il cui verbale di interrogatorio, in italiano, come persona in custodia alla Corte d'Assise Straordinaria di Sanremo, confluì in un documento, con data 2 giugno 1947, dell'OSS statunitense, antenato della CIA, documento ormai desecretato e, pertanto, di pubblico dominio sul Web. Faceva da interprete in quella sede di Sanremo, più o meno dalla fine del 1944, anche un certo Ernest  Schiffereger, un italiano altoatesino, che aveva optato nel 1939 per la nazionalità tedesca ed era poi entrato nelle SS. Sia lo Schifferegger che il Martinoia, entrambi alla data del rapporto OSS ancora in custodia alla Corte d'Assise Straordinaria di Sanremo, resero tragiche ammissioni su diversi misfatti nazifascisti, compiuti in provincia di Imperia. Nei loro interrogatori Reiter viene riportato come Raiter, però.

(2) Leo Stefano Carabalona, già comandante di distaccamento partigiano e protagonista di eroiche battaglie, quali dal 1° al 4 luglio 1944 a difesa di Rocchetta Nervina (IM), suo paese natale, e, dal 29 agosto ai primi di ottobre 1944, di Pigna (IM) e della sua Repubblica Partigiana; artefice del ritorno da Ventimiglia (IM) via mare, con l’intervento finale di Giulio Corsaro/Caronte Pedretti e di Pasquale Pirata Corradi (detto anche Pascalin), ma con l’aiuto (come si segnalerà con prossimi articoli) di molte altre persone, alle loro fila di alcuni ufficiali della missione alleata FLAP, condotta tra i patrioti del Basso Piemonte, prima, e quelli dell’estremo ponente della provincia di Imperia, poi; responsabile, al momento cui si riferisce la presente testimonianza, della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato] 

(3) Renzo Rossi (Renzo, Stienca, Zero)dopo aver riorganizzato il CLN di Bordighera e dopo un periodo di permanenza in montagna lavorerà per il CLN circondariale adoperandosi tra l’altro in viaggi via mare… per stabilire rapporti tra le forze resistenziali italiane e ufficiali americani, inglesi, francesi… Renzo Biancheri (Gianni), di Bordighera, che aiutò Renzo Rossi nella sua attività… Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976


Renzo Biancheri e Renzo Rossi in Bordighera (IM) a febbraio 1944
 
Risulta opportuno leggere su questi avvenimenti, in particolare sul come si arrivò al ferimento di Carabalona, in maniera integrata le varie testimonianze, per tanti versi discordanti tra di loro, ma tutte concordi nell'attestare che dopo la morte del capitano Gino Punzi - vedere anche infra - i tedeschi esercitarono un particolare controllo sulla zona di confine, un'attività non esente da contrasti intestini, anche se, alla fine, ai servizi segreti della marina militare subentrò il SID, guidato da Reiter.
Adriano Maini
 
Ventimiglia (IM): Piazza Guglielmo Marconi a Marina San Giuseppe

Nell’estate 1944 i servizi segreti americani avevano inviato sulla costa una rete di informatori, capeggiati da Gino Punzi. Dovendo tornare in Francia, per attraversare le linee Gino Punzi si avvalse della collaborazione di un passeur, dal quale, poiché era passato al soldo dei tedeschi, durante il viaggio venne ucciso [n.d.r.: colpito alla testa da quel contrabbandiere nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 1945 in una casa in zona Marina San Giuseppe a Ventimiglia, a Punzi venne dato il colpo di grazia per ordine di un sottufficiale della sede di Sanremo dei servizi segreti della marina tedesca, accorso sul posto in quanto allertato dal traditore]. Il comandante tedesco si infuriò perché avrebbe voluto catturare vivo il Gino. Sul suo cadavere furono rinvenuti dei documenti, dai quali i tedeschi vennero a conoscenza del fatto che sarebbero stati inviati altri agenti e telegrafisti alleati.
I tedeschi predisposero una trappola e quando arrivò il telegrafista “Eros” lo catturarono ferendolo. Si avvalsero di lui per trasmettere falsi messaggi al comando alleato di Nizza.
Con questi falsi messaggi fu richiesto l’invio di un’altra missione: la missione “Leo”.
La missione andò a rotoli con il ferimento [8 o 9 febbraio 1945, a seconda delle fonti] di “Leo”, che venne nascosto nella cantina di casa mia [a Bordighera].
I tedeschi rastrellarono tutta la zona cercando “Leo”; “visitarono” anche la mia casa: sulla porta rimasero le impronte dei chiodi degli scarponi di quando sfondarono l’ingresso a calci.
Ma non cercarono in cantina, si limitarono ad arraffare del cibo dalla cucina. Con Renzo Rossi nascondemmo tutti i documenti del S.I.M. e del C.N.L. [di Bordighera (IM)] nel mio giardino, preparandoci al trasferimento di “Leo” in Francia.
Renzo "Gianni" Biancheri , in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.
 
Luciano Rosina Mannini in Mario Mascia, Op. cit., definisce, invece, "Missione Leo" la vera e propria presa di contatto con gli Alleati, cementata in Nizza a metà dicembre 1944, di Stefano Leo Carabalona in quanto comandante della Missione Militare dei Partigiani Garibaldini presso quel Comando Alleato. Nella missione erano - sempre secondo Mannini - coinvolti, tra gli altri, Giulio "Caronte" o "Corsaro" Pedretti e Pasquale Pirata Corradi di Ventimiglia (IM), nonché Lolli, Giuseppe Longo, vice comandante di Carabalona e, lui stesso, Mannini di Vallecrosia. Carabalona e Mannini - come qui è già stato riportato - rientrarono sulla costa dell'estremo ponente ligure, dopo adeguata preparazione fornita dagli alleati, a gennaio 1945, per incappare nel tragico agguato di cui si è già qui sopra riferito.
Adriano Maini  
 

Vallecrosia (IM): la casa della famiglia di Gireu Marcenaro, tavolta usata clandestinamente dai partigiani del Gruppo Sbarchi

“Leo” dopo alcuni giorni di ricovero in ospedale venne fatto fuggire dalla S.A.P. di Vallecrosia, che riuscì ad organizzare il suo passaggio in Francia con l’impegno dei patrioti Renzo “il lungo” [Renzo Gianni Biancheri], Renzo [Stienca] Rossi, “Rosina” [Luciano Mannini] e “Caronte” [o “Corsaro“, Giulio Pedretti], il quale ultimo compì ben ventisette traversate dall’Italia alla Francia.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999
 
Nel febbraio del '45 un agente telegrafista di una radio ricetrasmittente clandestina che operava nella nostra zona venne scoperto e catturato. Viste le mie qualifiche di "operatore radio", il CLN dispose il mio trasferimento nella vicina Francia liberata per il necessario addestramento... il mio trasferimento sarebbe dovuto avvenire imbarcandomi a Vallecrosia su un piccolo natante per raggiungere il largo, essere trasbordato su di un sottomarino o sul motoscafo di Pedretti e quindi essere sbarcato in Francia. Con Achille [Achille "Andrea" Lamberti] e "Girò" [Pietro Gerolamo Marcenaro] ci imbarcammo di notte su un canotto e ci dirigemmo pagaiando verso il largo. Nè sottomarino. nè motoscafo. Tornare indietro era pericoloso. Girò decise di continuare pagaiando di buona lena... Inzuppati e fradici giungemmo al porto di Monaco... portato a Nizza dove mi abbigliarono con divisa americana.
Angelo Athos Mariani, in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.
 
Bordighera (IM)

26 febbraio 1945
- Dal C.L.N. di Bordighera, prot. n° 2, al comandante Curto [Nino Siccardi comandante della I^ Zona Operativa Liguria] - Informava che era entrato in contatto con il garibaldino Leo del Secret Service [OSS statunitense] inviato a Vallecrosia dagli americani per avere notizie sulla 28^ linea; che Leo era poi stato ferito da agenti dell'U.P.I. [Ufficio Politico Investigativo della Repubblica di Salò] in seguito a una delazione del suo radiotelegrafista; che Leo era riuscito a fuggire dall'ospedale di Bordighera; che era stato prelevato da uomini del C.L.N. e ricoverato in luogo segreto in attesa di essere trasferito in Francia; che Leo aveva riferito di essere passato il 10 dicembre 1944 in Francia, che Leo aveva scritto una lettera, allegata al documento in parola, per il comandante Curto, lettera in cui Leo aveva scritto: "Era mia intenzione di recarmi presso di te per poterti dire qualche cosa che interessava sia te personalmente, sia il complesso di tutta la Divisione [II^ Divisione "Felice Cascione"]. Io sono partito per la Francia il 10 dicembre; giunto colà presi contatto con il Comando Americano di Nizza con il quale già ero in relazione da circa due mesi; presi pure contatto con il capitano inglese Bentley, il quale volle sapere da me vita e miracoli di tutti i capi: io dissi il più poco possibile e per quello che riguardava il colore politico andai coi piedi di piombo. In quei giorni prese contatto con il Comando Inglese il dott. Kanheman ["Nuccia" Eugenio Kahnemann, invero non ancora, a causa delle vicende belliche, laureato] il quale si sbottonò facendo 53 profili per iscritto di tutti i capi dell’allora Divisione “F. Cascione”. Appena io sentii le sue bellicose intenzioni, da buon garibaldino, lo incontrai  e misi in luce a lui e a quanti erano con lui (gli altri erano bravi figlioli e furono subito d’accordo con me) quanto di poco simpatico stessero facendo. D’allora stetti più in guardia. In ogni modo so con precisione che di parecchi capi ha dato giudizi un po’ avventati di Simon [Carlo Farini, Ispettore Generale al Comando Operativo della I^ Zona Liguria], Vittò [Giuseppe Vittorio Guglielmo, comandante della II^ Divisione], Orsini [Agostino Bramè, commissario della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione] ed altri. Insomma ho creduto bene che tu sappia che questo signore si è presentato agli inglesi come l’anima e il cervello della Divisione, critico di tutto e di tutti, tu stesso non escluso. Io e Lolly [Giuseppe Longo] in compenso abbiamo scritto parecchio sulla 2a Divisione Garibaldina e sul suo comandante e sono convinto che chiunque leggerà quelle modeste righe di modesti eroismi non potrà che meravigliarsi. I francesi parlano sovente di occupare fino a S.Remo, e siccome hanno sul fronte qualche battaglione potrebbero anche farlo; ad evitare ciò basterebbe l’occupazione fatta Mezz’ora prima dai garibaldini. Noi avevamo a che fare con gli americani che comandano questo fronte. Per conto mio, sono molto migliori degli inglesi, con noi poi vanno molto d’accordo. Giorni fa è arrivato in Francia il fratello [Francesco, amico di Italo Calvino] di Kanheman (il fratello maggiore è andato a Roma) il quale dev’essere andato in Francia per dire agli inglesi che qui il patriottismo è divenuto banditismo, ecc… Ti prego di dire a Vittò che mi tenga sempre presente come suo garibaldino perché tutto il lavoro che faccio, l’ho fatto e lo continuerò a fare come Garibaldino della 2a Divisione Garibaldi. Io tornerò in Francia fra una decina di giorni anche perché la mia ferita me lo impone (non sono riusciti a prendermi, però mi hanno ferito allo stomaco) e se sia tu o Simon o qualche altro vuol darmi qualche incarico sarò ben lieto di rendermi utile         Ti saluto caramente      tuo  Leo"
21 marzo 1945 - Dal CLN di Alassio (SV), prot. n° 34, al comando della Divisione "Silvio Bonfante" [comandante "Giorgio" Giorgio Olivero] - Comunicava che un agente alleato [il telegrafista Eros, già citato in questo articolo], un italiano di Parma, che era sbarcato nella zona di Ventimiglia per raggiungere i partigiani in montagna, era in quel momento degente presso il nosocomio militare tedesco di Alassio sotto sorveglianza in attesa di giudizio e che i tedeschi, in sostituzione di quell'agente, erano già riusciti ad infiltrare tra i garibaldini un loro uomo munito di radio-trasmittente. 
23 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata, prot. n° 355, al comando della I^ Zona Operativa Liguria, al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" ed a "R.C.B." [capitano Robert Bentley] - Segnalava che, in base a notizie fornite da un informatore, risultava che a Sanremo era in funzione una radio trasmittente e ricevente, con la quale i tedeschi, spacciandosi per partigiani, stavano comunicando con gli alleati, una radio di recente spostata, ma sempre all'interno della città di Sanremo.
da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit.,  Tomo II