giovedì 6 gennaio 2022

Una raffica di mitragliatore proveniente da Cima Marta ci arrestò bruscamente

Cima Marta. Fonte: Mapio.net

"Nella notte del 23 u.s. [23 febbraio 1945] venivano segnalati reparti tedeschi a Carmo Langan, Graj, Cima Marta e colle Sanson. Sospettando che si  trattasse di un rastrellamento i Distaccamenti sono stati spostati a sud della rotabile Pigna-Rezzo. Il 24 u.s. il rastrellamento venne eseguito con molta organizzazione:  la  zona venne controllata da 4 gruppi provenienti da Graj e Colle Sanson. Verso le ore 15 del  25 u.s. 3 quadrimotori americani si aggiravano con insistenza sulla zona di Cima Marta. Alle ore 12 circa del 28 u.s. comparvero nuovamente 5-6 quadrimotori che effettuavano diversi lanci di materiale su Cima Marta. Tentando di raggiungere i paracadute, i garibaldini venivano attaccati e 6 di essi risultano dispersi. Da informazioni avute risulta che i lanci constano di 280 pacchi paracadute avente ognuno 1 quintale di materiale (Sten, mitragliatori,  munizioni, caffè, vestiario, scarpe, medicinali...). Si presume che questi lanci siano stati intercettati dai tedeschi in quanto essi hanno carpito una emittente destinata ai partigiani con relativo cifrario. Si fa, pertanto, richiesta di sospendere questi lanci che rafforzano la possibilità di resistenza del nemico". 
Dal comando [comandante Vitò/Ivano Giuseppe Vittorio Guglielmo] della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando [comandante Curto Nino Siccardi] della I^ Zona Operativa Liguria, documento IsrecIm, trascritto in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945), Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999
 
Aveva avuto un lancio la Cascione? Se ne parlava, si diceva anche che parte del materiale fosse stato sottratto dai tedeschi, che, in seguito a tradimento, parte della missione alleata fosse andata distrutta. Si collegava tutto ciò con la cattura e la fucilazione di un capo partigiano, ma erano voci confuse, come vaga era l'ipotesi ventilata allora di un invio di munizioni via mare.(*)
(*) La notizia del fallito lancio alla «Cascione» era purtroppo vera. Il campo di lancio era a Cima di Marta; all'annuncio del messaggio speciale, «Roberto fatti furbo», i partigiani avrebbero dovuto accendere dei fuochi a triangolo. I tedeschi vennero a conoscenza di tutti i dettagli della operazione, occuparono per tempo il campo di lancio e presero loro il materiale.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, p.190
 
[...] un giorno, Mario Tucìn capitò a un'ora insolita.
Aveva aria triste: e i tre non faticarono a capire che doveva esserci qualcosa di brutto in giro.
Infatti toccò a lui che da qualche tempo, a ogni visita lì nel bosco, non faceva che parlare con entusiasmo di lanci coi quali gli alleati promettevano ai partigiani armi, munizioni, equipaggiamenti, viveri e ogni altro ben di Dio, toccò a lui, raccontare: "Ieri i partigiani Natale, Nicola, Martin, Remo, Cunfin, Mario di Gerbonte e suo fratello Nino non hanno più fatto ritorno dalla cima di monte Marta. Erano andati con una squadra a ricevere il lancio; ma i tedeschi, informati chissà per quali vie, gli han tesa l'imboscata, e solo pochi sono ritornati vivi".
S'era trattato del primo e unico miserabile lancio alle formazioni garibaldine del Ponente ligure.
Fra i caduti, c'era anche l'anziano Cunfin, l'idealista che non aveva mai piegato alla dittatura [...]
Bruno Luppi [n.d.r.: comandante partigiano "Erven"], Saltapasti, La Pietra, Milano, 1979
 
Nella zona di Baiardo, Monte Ceppo e Cima Marta, verso il 20 febbraio 1945, venne effettuato un rastrellamento, compiuto da una quindicina di militi della compagnia di Sanremo della GNR al comando del tenente Giuseppe Salerno, da un reparto di bersaglieri, da Brigate Nere e da soldati tedeschi. Il rastrellamento durò circa una settimana senza che i nazifascisti riuscissero ad ottenere esiti positivi, fino al giorno in cui gli alleati fecero un lancio paracadutato di armi e di viveri a Cima Marta. Il lancio venne intercettato dai tedeschi e fascisti presenti in forze. I partigiani che raggiunsero la zona del lancio trovarono i nemici in attesa e dovettero abbandonare pressoché tutto il materiale e fuggire perché in evidente inferiorità numerica, lasciando sul terreno quattro compagni. L’episodio viene narrato dal partigiano Leo Anfosso (Pavia), dal cui racconto riportiamo un estratto: «Eravamo al 28 febbraio 1945, nell'ospedale della V^ Brigata, a Drondo (Triora). A Cima Marta ci fu un lancio di molti paracaduti. In tutta la zona non c'era alcun Distaccamento. La V^ Brigata era riuscita nei giorni avanti a rompere il cerchio che la stava per chiudere nella zona di Bregalla e si era portata a Badalucco. I Tedeschi ed i fascisti avevano compiuto rastrellamenti con cinque diverse colonne, ma non avevano agganciato alcun Distaccamento. Divorammo la strada che porta a Borniga e da lì prendemmo la mulattiera che porta a Cima Marta; dopo un'ora e mezza ci trovammo sotto la casermetta di Sanson, ormai vicino alla meta. Una raffica di mitragliatore proveniente da Cima Marta ci arrestò bruscamente. Nello stesso istante, dalla casermetta uscirono una dozzina di soldati armati. Lungo la strada militare avvistammo un gruppo di quattro soldati che, evidentemente, seguivano i nostri movimenti. Altri spari, frattanto, venivano dal campo di lancio e capimmo che i garibaldini erano stati attaccati. Ci ritirammo verso la frazione di Gerbonte per avere notizie di quelli che, saliti di là, avevano incontrato resistenza. Verso le ore 17 arrivarono Moraldo Giovanni e il maestro “Grinda”. Ci fornirono le prime notizie. Erano giunti al campo di lancio senza trovare nessuno, ma, mentre affaccendati si davano da fare per aprire i pacchi, furono improvvisamente attaccati ed allora dovettero cercare scampo nella fuga che la neve abbondante rendeva quanto mai problematica. Avevamo visto Natale Oddo (Saetta) cadere sotto una raffica mentre cercava di montare uno “Sten”, preso in un pacco, per sparare contro i Tedeschi. Al cadere delle tenebre mancavano ancora, oltre a Oddo, Giuseppe Pirozzini (Confino), Mario Di Blatto (Nicola), Mario Moraldo (Bosana). Giunsero Nino e Remo che ci avvisarono che Mario Moraldo, ferito alla coscia ed impossibilitato a proseguire, era nascosto vicino alla caserma di Cima Marta ed attendeva che nella notte andassimo a prenderlo con la barella. La delusione per il lancio perduto e per i compagni assenti, della cui sorte oramai incominciavamo a dubitare, ci demoralizzò moltissimo. Partimmo alla loro ricerca in venti verso le ore 23. A mezz'ora di strada dove era stato lasciato Mario, raffiche di “Sten” nell'aria, delle sentinelle tedesche, ci arrestarono. Eravamo in quel momento in sette, Petrin, Ernesto, “Leopardo”, Rinaldo Rizzo (Tito) - vice comandante della Divisione “F. Cascione” -, Ivar Oddone (Kimi) - commissario della stessa Divisione -, Nino, fratello di Mario, ed io. Ogni tanto le raffiche delle sentinelle che temevano agguati, ci mozzavano il respiro. Sprofondavamo nella neve fino alle ginocchia e faticavamo a proseguire. Eravamo oramai vicino al nostro compagno ferito, compimmo l'ultimo tratto strisciando, cauti, per non farci scorgere dalle sentinelle tedesche, in quella chiarissima notte di plenilunio. Mario ci guardava da lontano, non capiva che accanto a lui c'era il fratello, che c'ero io, io che volevo farlo respirare, io che volevo scaldargli le membra oramai più fredde della neve che le aveva accolte. E piangemmo io e Nino, senza ritegno, disperatamente. L'alba stava già per spuntare e bisognava raggiungere prima del far del giorno i compagni che ci attendevano in una zona più sicura.»
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, Edito dall'Autore, 2020

[ n.d.r.: altri lavori di Giorgio Caudano: Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021;  La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 - 8 ottobre 1944) (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna,  IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, Edito dall'Autore, 2016  ]

I garibaldini ed i borghesi, quasi giunti alla loro meta nelle vicinanze di Sanson, furono fermati da alcune raffiche di mitra sparate dai tedeschi... i tedeschi uccisero 4 garibaldini della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni". Rocco Fava, Op. cit., Tomo I  

Giuseppe Martini. Nato a Mentone (Francia) il 7 maggio 1912, caduto a Gerbonte (Imperia) il 6 marzo 1944.
Durante il ventennio del regime, per il suo antifascismo, era stato più volte assegnato al confino di polizia, dal quale era ritornato malfermo in salute.
Ciononostante, dopo l'armistizio, Martin, com'era chiamato, accorse subito nelle file della Resistenza imperiese, partigiano combattente nel leggendario distaccamento di Candido Queirolo.
Durante un aviolancio di rifornimenti su Cima Marta, mentre i partigiani si apprestavano a sganciare le casse dai paracadute, furono sorpresi dai tedeschi.
Nel combattimento che ne seguì, Martini fu seriamente ferito, ma riuscì a sganciarsi e a rifugiarsi in una casera disabitata nei pressi di Gerbonte.
Rimase nel suo riparo quasi una settimana, contando che i nemici si fossero allontanati. Riprese le forze, si apprestava a tentare di raggiungere i suoi compagni, quando fu scoperto e circondato dai tedeschi che stavano effettuando un nuovo rastrellamento. Martin piazzò una mina antiuomo davanti all'ingresso del suo rifugio, si asserragliò nella casera e cominciò a sparare contro i nazifascisti fino a che non esaurì le munizioni.
Finiti gli spari, i primi due soldati tedeschi che si avvicinarono alla costruzione furono dilaniati dall'esplosione.
Martini uscì allora allo scoperto, lanciandosi a mani nude contro il nemico. Fu falciato da una raffica.
Redazione, Giuseppe Martini, ANPI, 25 luglio 2010

30 gennaio 1945 - Dalla Delegazione ligure delle Brigate d'Assalto Garibaldi al comando della I^ Zona Operativa Liguria -  Nella comunicazione si affermava che "...  gli aviolanci non sono avvenuti nella I^ Zona a causa della mancata conferma delle coordinate...".
10 febbraio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 110, al comando della I^ Zona Operativa LiguriaComunicava che "il comandante ed il capo di Stato Maggiore di questa Divisione si sono recati sulla costa per valutare la possibilità di ricevere materiale dal mare. Ciò si è rivelato impraticabile a causa della stretta sorveglianza dei nemici. Pertanto, l'unica via si dimostrano i lanci aerei. La zona che può dare maggiori garanzie a questo scopo è la zona di Alto: latitudine 44 ° 07 ' 53 ' '; longitudine 4 ° 28 ' 55' '  ".
13 febbraio 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione" al comandante "Ivano" - Scriveva che "in seguito al colloquio con l'ispettore 'Simon' [Carlo Farini] ed il commissario della I^ Zona [Operativa Liguria] 'Sumi' [Lorenzo Musso] si è concordato... La strategia militare è quella di creare una serie di azioni con brevissimi intervalli tra di loro: queste azioni avranno l'appoggio aereo da parte degli alleati...".
14 febbraio 1945 - Dal C.L.N.A.I. (Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia) al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Venivano annunciati lanci diurni in Località Cima Marta a partire dal 1° marzo; era sottolineata la conseguente necessità di stendere 8 teli di colore bianco sul terreno destinato al lancio e di accendere il fuoco appena udito il rombo dei motori; veniva precisato che il giorno precedente al lancio Radio Londra avrebbe trasmesso una frase convenzionale. 
da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II