«Vittò» [Giuseppe Vittorio Guglielmo] ed i suoi collaboratori, preso fiato, progettavano la conquista di Pigna, tenuta da circa un centinaio di nazifascisti accampati nella caserma Manfredi. Tale presidio ostacolava i movimenti delle formazioni garibaldine che controllavano larghe zone e paesi in tutte le vallate occidentali della provincia. D’altronde, tale centro rivestiva grande importanza anche per il Comando tedesco, il quale intendeva avere libero transito per le sue truppe in quelle zone di frontiera con la Francia.
I Tedeschi però sono indotti ad abbandonare la zona di Pigna non ritenendosi in grado di approntare sul luogo una linea difensiva consistente. I partigiani che, come visto in precedenza, già avevano progettato l’attacco a Pigna, si trovano il paese nelle mani.
Quando i Tedeschi vengono a conoscenza che la colonna angloamericana non mostra intenzione alcuna di proseguire l’avanzata verso il territorio italiano, si pentono dell’errore di valutazione commesso e tentano la riconquista di Pigna. Ma, ormai, ci sono i partigiani e si accorgono quanti uomini e mezzi e sforzi necessiteranno per fiaccare la resistenza di «un pugno di disperati», per usare l’espressione del capitano Morton precedentemente citata.
Da quel povero ed eroico paesello, trovato in fiamme da Marco Dino Rossi (Fuoco) dopo la fuga tedesca, si costruirà una forza di resistenza degna d’ogni memoria.
Corre il 29 agosto del 1944. Entrano in Pigna i distaccamenti garibaldini e si incontrano con la popolazione. Nasce, ancora una volta, il binomio indistruttibile, popolo e partigiani e, da esso, la «Libera Repubblica di Pigna».
Liberi amministratori, cariche pubbliche assegnate ai più degni rappresentanti del popolo, deliberazioni democratiche, giustizia sociale, contributo alla difesa di questa grande conquista.
È formata una giunta comunale di civili e di partigiani che, ogni giorno, si riunisce e prende le decisioni: ordine pubblico, controspionaggio, requisizione di viveri o materiale illecitamente asportato dai magazzini del disciolto esercito italiano. Il tutto è distribuito alle famiglie più indigenti del luogo.
Il comandante «Vittò», che dà le disposizioni generali, e Lorenzo Musso (Sumi), inviato dal «Curto» [Nino Siccardi, a quella data comandane della II^ Divisione Garibaldi "Felice Cascione"] a Pigna, sono combattenti abili. Ma, nell’occasione, possiedono un pregio in più: l’esperienza comune della precedente lotta antifranchista consumata in Spagna […]
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992, p. 373
I Tedeschi però sono indotti ad abbandonare la zona di Pigna non ritenendosi in grado di approntare sul luogo una linea difensiva consistente. I partigiani che, come visto in precedenza, già avevano progettato l’attacco a Pigna, si trovano il paese nelle mani.
Quando i Tedeschi vengono a conoscenza che la colonna angloamericana non mostra intenzione alcuna di proseguire l’avanzata verso il territorio italiano, si pentono dell’errore di valutazione commesso e tentano la riconquista di Pigna. Ma, ormai, ci sono i partigiani e si accorgono quanti uomini e mezzi e sforzi necessiteranno per fiaccare la resistenza di «un pugno di disperati», per usare l’espressione del capitano Morton precedentemente citata.
Da quel povero ed eroico paesello, trovato in fiamme da Marco Dino Rossi (Fuoco) dopo la fuga tedesca, si costruirà una forza di resistenza degna d’ogni memoria.
Corre il 29 agosto del 1944. Entrano in Pigna i distaccamenti garibaldini e si incontrano con la popolazione. Nasce, ancora una volta, il binomio indistruttibile, popolo e partigiani e, da esso, la «Libera Repubblica di Pigna».
Liberi amministratori, cariche pubbliche assegnate ai più degni rappresentanti del popolo, deliberazioni democratiche, giustizia sociale, contributo alla difesa di questa grande conquista.
È formata una giunta comunale di civili e di partigiani che, ogni giorno, si riunisce e prende le decisioni: ordine pubblico, controspionaggio, requisizione di viveri o materiale illecitamente asportato dai magazzini del disciolto esercito italiano. Il tutto è distribuito alle famiglie più indigenti del luogo.
Il comandante «Vittò», che dà le disposizioni generali, e Lorenzo Musso (Sumi), inviato dal «Curto» [Nino Siccardi, a quella data comandane della II^ Divisione Garibaldi "Felice Cascione"] a Pigna, sono combattenti abili. Ma, nell’occasione, possiedono un pregio in più: l’esperienza comune della precedente lotta antifranchista consumata in Spagna […]
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992, p. 373
L'idea dei partigiani è di far credere che il mortaio è nella posizione numero 6, e invece no che non c'è, essendo un trucco. Invece spara dalla posizione numero 5 con le granate ben nascoste di modo che i tedeschi quando rispondono sbagliano il bersaglio. È una idea che viene a Leo comandante dei mortaisti di Vittò) nella battaglia di Pigna e i tedeschi non lo scoprono il trucco, macchè. A Pigna sotto il Torraggio c'è una forte concentrazione di partigianeria famosa nei dintorni fino in Francia da una cresta all'altra; è da lì che le bande si diramano anche nelle altre valli e al di là del confine, fino al maquis. I tedeschi non lo scoprono il trucco anche se indagano da tutte le parti per sapere com'è che sti contadini barbari li fregano fin qui sul confine italo-francese: eppure non gli sembra vero che dei paesani ignoranti di queste parti così lontane, li prendano in giro in questo modo così poco militare. Ma lo sanno da un pezzo eccome che Pigna la prenderanno soltanto se prima ci spareranno dentro ben bene coi cannoni distruggendola al completo, e se poi ci andranno addosso tutti insieme con tutte le forze concentrate e coi rifornimenti pronti, bruciandola. Altrimenti no.
A dirlo adesso così e così e di su e di giù, uno non se lo crede com'era a quei tempi sta faccenda di Pigna con la gente tutta d'accordo insieme coi partigiani.
Era una idea molto precisa sempre la stessa e per tutti sempre eguale che ciascuno se l'era ficcata bene in testa per conto suo, e lì c'era rimasta ben collocata. Il fatto sta che in questo paese guerreggiando così è proprio la gente chissà come grumo contadino tra pietre dure d'arcata e ciottoli di sagrato, a dire di no. "Piuttosto vivere tutti da ribelli, oppure morire tutti insieme in libertà, ma non mollare mai per nessun motivo al mondo" pensano a Pigna. "Chi toca in, toca titi" dicono a denti stretti i paesani compesandosi persin le sillabe; calcandosi il berretto di traverso.
E dunque soltanto con tutto l'armamentario e la forza concentrata e le cannonate da tutte le parti i tedeschi prenderanno Pigna, altrimenti no. Ma anche se la prenderanno, questa loro idea ficcata dentro ci resterà sempre nella testa della gente da non potersela più togliere. Ci resterà sempre voglio dire anche coi tedeschi in casa a pestarci sopra scarpentandoli.
Nel frattempo che la gente spara qua e là per la valle [ai primi di ottobre del 1944], gli anziani si mettono d'accordo tra loro e poi decidono di farsi in conto proprio una repubblica. Così fanno come se la sentono d'istinto una libera repubblica riparata a nord dal Torraggio che non lascia passare i venti e la tormenta, ma riparata anche a sud da due postazioni sempre all'erta al di qua e al di là del torrente che non lasciano passare i tedeschi manco a morire.
I partigiani ne discutono con la gente di questa libera repubblica come l'avevano fatta lì per lì tutti d'accordo e ben precisa; poi gliela approvano quando vedono che funziona proprio sul serio dentro e fuori della valle.
Glielo certificano come qualmente è da riconoscersi a tutti gli effetti contro i nazifascistí in tempo di guerra e in tempo di pace per tutti i dintorni e anche più in là.
Lo scrivano della V brigata sotto il documento nel registro del Comune ci mette il visto col timbro di Garibaldi bello chiaro; Vittò, che qui lo sanno tutti è il capintesta, lo legge e dice che non ci manca niente: ce ne fossero delle altre così, che va tutto bene altroché. In questo modo si fanno tra loro questa repubblica democratica riconosciuta per tutti gli affari ordinari e straordinari come si presentano di volta in volta.
Il fascismo prepotente invece si incattivisce di più tutto all'intorno da una volta all'altra con le rappresaglie all'ingrande, e chi se ne frega: così adesso succede che la gente di Pigna e degli altri paesi vicini è gente più importante siccome decide in segreto le faccende che contano a monte e a valle, come si devono fare nell'interesse di tutti. Sono gli uomini al pascolo con le mandrie o nei boschi a far la legna, a decidere; sono le donne a raccogliere castagne o a impastare nella madia farina per il pane; sono tutti insieme con le postazioni dei mortai nei punti giusti, che decidono discutendo per il meglio ma dopo aver cacciato i tedeschi coi fascisti tutti insieme dalla valle, Prima no. Anche gli altri nei paesi vicini fanno lo stesso sotto il Torraggio che li ha sempre riparati dai tempi antichi facendogli barriera, soltanto così e basta.
In questa repubblica funzionante ogni borgata ci manda il suo uomo al posto giusto di governo con l'incarico per ciascuno conforme al partito d'idea, se ce l'ha; e cioè come se la sente per conto suo; ma quando poi di tanto in tanto devono trattare col Prefetto, ci mandano il Podestà che figura vero per il fascio con tutte le carte in regola e ubbidiente, invece è sempre uno di loro fidatissimo che fa finta soltanto per la burocrazia. Governando come si deve da galantuomini, le delibere le rispettano trascrivendole ad una ad una in calligrafi, per esporle all'albo pretorio.
Il registro apposito con le firme originali però se lo tengono ben nascosto non si sa mai.
Cosicché il prete che ce l'ha in consegna all'ultimo riesce a salvarlo quando ormai il paese comincia a bruciare e i tedeschi con gli ostaggi ci sono già dentro nei vicoli a rapinare casa per casa; lo seppellisce che nessuno se ne accorge per conservarlo come prova; e dimostrare in questo modo nero su bianco come è fatta veramente questa gente: come è fatta voglio dire coi nomi e coi cognomi dentro nel paese o fuori col mortaio o nascosta nelle tane, la gente di Pigna quando vive in libertà o quando vive in prigionia.
I distaccamenti partigiani di protezione se li mettono tutti davanti e all'ingiro nei posti buoni; da lì mandano le pattuglie a Gola Gouta e al passo Muratone perché di là c'è sempre pericolo mentre i tedeschi accainati rifanno i ponti verso Isolabona per venirci sotto.
Ma ogni volta da Pigna li respingono con la fucileria in postazione finché c'è chiaro; poi alla sera si mette a piovere sempre più fitto. Allora i tedeschi idrofobi ci scaraventano sopra l'artiglieria pesante che dura anche tutto il giorno dopo sulle case e tutto intorno; finito il bombardamento le staffette tornano per dire che i tedeschi risalgono la valle, schierati a ventaglio.
Così quando sta trucchi arrivano proprio a tiro negli orti sotto il paese, sparano ancora tutti gli uomini insieme dalle case ricacciandoli un'altra volta nel torrente in baraonda: ce li ricacciano con le casse di granate che poi di notte se le vanno a prendere per adoperarle quando gli faranno bisogno.
Durante la tregua, subito dopo le sparatorie, siccome anche i tedeschi sono stanchi, finalmente fanno passare la missione alleata che era lì ad aspettare per sconfinare in Francia. Qui succede perdio che non ci possono piú stare veramente questi ufficiali in divisa sempre in attesa che finiscano chissà come le sparatorie; è pericoloso con la fretta tra i calcinacci e gli spari dentro i vicoli in traffico di uomini, a spingere il mortaio dalla postazione civetta a quella buona, e dunque bisogna andarsene presto; intanto, eccome che adesso col telefono da campo glieli dicono giusti agli inservienti i dati di tiro sui tedeschi. Coi mortai sparano sul monte Vetta in sequenza regolare colpi contati, poi tacciono per lasciare rispondere i tedeschi fuoco lungo e tutto insieme, ma sbagliato. Ricominciano da capo sempre piú precisi finché centrano in pieno la batteria principale: così di quei tedeschi prepotenti là col cannone sempre in funzione adesso non se ne parla piú.
Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982, pp. 92-94
A dirlo adesso così e così e di su e di giù, uno non se lo crede com'era a quei tempi sta faccenda di Pigna con la gente tutta d'accordo insieme coi partigiani.
Era una idea molto precisa sempre la stessa e per tutti sempre eguale che ciascuno se l'era ficcata bene in testa per conto suo, e lì c'era rimasta ben collocata. Il fatto sta che in questo paese guerreggiando così è proprio la gente chissà come grumo contadino tra pietre dure d'arcata e ciottoli di sagrato, a dire di no. "Piuttosto vivere tutti da ribelli, oppure morire tutti insieme in libertà, ma non mollare mai per nessun motivo al mondo" pensano a Pigna. "Chi toca in, toca titi" dicono a denti stretti i paesani compesandosi persin le sillabe; calcandosi il berretto di traverso.
E dunque soltanto con tutto l'armamentario e la forza concentrata e le cannonate da tutte le parti i tedeschi prenderanno Pigna, altrimenti no. Ma anche se la prenderanno, questa loro idea ficcata dentro ci resterà sempre nella testa della gente da non potersela più togliere. Ci resterà sempre voglio dire anche coi tedeschi in casa a pestarci sopra scarpentandoli.
Nel frattempo che la gente spara qua e là per la valle [ai primi di ottobre del 1944], gli anziani si mettono d'accordo tra loro e poi decidono di farsi in conto proprio una repubblica. Così fanno come se la sentono d'istinto una libera repubblica riparata a nord dal Torraggio che non lascia passare i venti e la tormenta, ma riparata anche a sud da due postazioni sempre all'erta al di qua e al di là del torrente che non lasciano passare i tedeschi manco a morire.
I partigiani ne discutono con la gente di questa libera repubblica come l'avevano fatta lì per lì tutti d'accordo e ben precisa; poi gliela approvano quando vedono che funziona proprio sul serio dentro e fuori della valle.
Glielo certificano come qualmente è da riconoscersi a tutti gli effetti contro i nazifascistí in tempo di guerra e in tempo di pace per tutti i dintorni e anche più in là.
Lo scrivano della V brigata sotto il documento nel registro del Comune ci mette il visto col timbro di Garibaldi bello chiaro; Vittò, che qui lo sanno tutti è il capintesta, lo legge e dice che non ci manca niente: ce ne fossero delle altre così, che va tutto bene altroché. In questo modo si fanno tra loro questa repubblica democratica riconosciuta per tutti gli affari ordinari e straordinari come si presentano di volta in volta.
Il fascismo prepotente invece si incattivisce di più tutto all'intorno da una volta all'altra con le rappresaglie all'ingrande, e chi se ne frega: così adesso succede che la gente di Pigna e degli altri paesi vicini è gente più importante siccome decide in segreto le faccende che contano a monte e a valle, come si devono fare nell'interesse di tutti. Sono gli uomini al pascolo con le mandrie o nei boschi a far la legna, a decidere; sono le donne a raccogliere castagne o a impastare nella madia farina per il pane; sono tutti insieme con le postazioni dei mortai nei punti giusti, che decidono discutendo per il meglio ma dopo aver cacciato i tedeschi coi fascisti tutti insieme dalla valle, Prima no. Anche gli altri nei paesi vicini fanno lo stesso sotto il Torraggio che li ha sempre riparati dai tempi antichi facendogli barriera, soltanto così e basta.
In questa repubblica funzionante ogni borgata ci manda il suo uomo al posto giusto di governo con l'incarico per ciascuno conforme al partito d'idea, se ce l'ha; e cioè come se la sente per conto suo; ma quando poi di tanto in tanto devono trattare col Prefetto, ci mandano il Podestà che figura vero per il fascio con tutte le carte in regola e ubbidiente, invece è sempre uno di loro fidatissimo che fa finta soltanto per la burocrazia. Governando come si deve da galantuomini, le delibere le rispettano trascrivendole ad una ad una in calligrafi, per esporle all'albo pretorio.
Il registro apposito con le firme originali però se lo tengono ben nascosto non si sa mai.
Cosicché il prete che ce l'ha in consegna all'ultimo riesce a salvarlo quando ormai il paese comincia a bruciare e i tedeschi con gli ostaggi ci sono già dentro nei vicoli a rapinare casa per casa; lo seppellisce che nessuno se ne accorge per conservarlo come prova; e dimostrare in questo modo nero su bianco come è fatta veramente questa gente: come è fatta voglio dire coi nomi e coi cognomi dentro nel paese o fuori col mortaio o nascosta nelle tane, la gente di Pigna quando vive in libertà o quando vive in prigionia.
I distaccamenti partigiani di protezione se li mettono tutti davanti e all'ingiro nei posti buoni; da lì mandano le pattuglie a Gola Gouta e al passo Muratone perché di là c'è sempre pericolo mentre i tedeschi accainati rifanno i ponti verso Isolabona per venirci sotto.
Ma ogni volta da Pigna li respingono con la fucileria in postazione finché c'è chiaro; poi alla sera si mette a piovere sempre più fitto. Allora i tedeschi idrofobi ci scaraventano sopra l'artiglieria pesante che dura anche tutto il giorno dopo sulle case e tutto intorno; finito il bombardamento le staffette tornano per dire che i tedeschi risalgono la valle, schierati a ventaglio.
Così quando sta trucchi arrivano proprio a tiro negli orti sotto il paese, sparano ancora tutti gli uomini insieme dalle case ricacciandoli un'altra volta nel torrente in baraonda: ce li ricacciano con le casse di granate che poi di notte se le vanno a prendere per adoperarle quando gli faranno bisogno.
Durante la tregua, subito dopo le sparatorie, siccome anche i tedeschi sono stanchi, finalmente fanno passare la missione alleata che era lì ad aspettare per sconfinare in Francia. Qui succede perdio che non ci possono piú stare veramente questi ufficiali in divisa sempre in attesa che finiscano chissà come le sparatorie; è pericoloso con la fretta tra i calcinacci e gli spari dentro i vicoli in traffico di uomini, a spingere il mortaio dalla postazione civetta a quella buona, e dunque bisogna andarsene presto; intanto, eccome che adesso col telefono da campo glieli dicono giusti agli inservienti i dati di tiro sui tedeschi. Coi mortai sparano sul monte Vetta in sequenza regolare colpi contati, poi tacciono per lasciare rispondere i tedeschi fuoco lungo e tutto insieme, ma sbagliato. Ricominciano da capo sempre piú precisi finché centrano in pieno la batteria principale: così di quei tedeschi prepotenti là col cannone sempre in funzione adesso non se ne parla piú.
Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982, pp. 92-94