domenica 28 luglio 2013

My God! Potevamo esplodere tutti!

Una vista da Ventimiglia (IM) alla Costa Azzurra

"Rosina" (Luciano Mannini) racconta: Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l'arrivo nella zona della V^ Brigata [d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni"] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre - parte attraverso i valichi alpini e parte via mare - in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta. [...] La missione Leo alla quale appartenevano Rosina, Lolli [Giuseppe Longo], Giulio Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [il 10] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall'infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l'altro, l'uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno... L'attività della Squadra di azione patriottica di Vallecrosia-Bordighera fu indubbiamente una delle più ardite più pericolose... I collegamenti con la montagna venivano mantenuti dai sapisti stessi; e quelli con Sanremo da Renzo [Stienca Rossi] e negli ultimi tempi dal giovanissimo studente Enrico Cauvin [di Vallecrosia]. All'inizio l'attività della SAP aveva carattere informativo, costituendo essa il SIM della zona e funzionando spesso di collegamento con le formazioni di montagna, stanziate nell'immediato retroterra.  Dopo la costituzione della missione Leo e l'arrivo in Italia del Cap.  Bentley, ufficiale di collegamento alleato, la squadra collaborò con la missione Leo stessa e col cap. Gino * [Luigi Punzi] allo scopo di preparare una zona di sbarco a Vallecrosia, dopo i tentativi effettuati ad Arma di Taggia allo stesso scopo, tutti falliti, e l'assassinio del Gino. Preparare una zona di sbarco a pochi chilometri dal fronte, su una costa strettamente sorvegliata dal nemico, era impresa difficilissima, quasi disperata...
Mario Mascia, L'Epopea dell'Esercito Scalzo, Ed. Alis, 1946, ristampa del 1975  a cura IsrecIm

Nizza vista dalle alture

Nell'autunno del 1943 ricevetti la cartolina di arruolamento nell'esercito della RSI. Proprio non mi andava di fare una guerra che si rivelava sempre più sbagliata.
Mi nascosi - io di Vallecrosia (IM) - in una casa di amici di famiglia a Rocchetta Nervina
[(IM), in Val Nervia], dove incontrai il figlio del maestro Garibaldi, ufficiale dell'esercito con il quale andai a Carmo Langan [Località di Castelvittorio (IM)] ad arruolarmi nei partigiani. 
Partecipai alla occupazione di Perinaldo dove sequestrai un ... toro! La fame nel paese era tanta e di cavoli e rape ne avevo fin sopra ai capelli. Un fascista di Perinaldo possedeva un toro: glielo requisii. Fu macellato e diviso con la popolazione. Finalmente un po' di carne per tutti! 
La fame è il ricordo indelebile di quel periodo.
Un giorno stavamo cuocendo qualcosa, quando si sentì urlare: "
Allarme! Allarme! I tedeschi!".
Tutti scapparono e Girò
[Pietro Girolamo Marcenaro] ordinò di salvare le armi; io salvai la pignatta che cuoceva sul fuoco!
 
Ampelio Elio Bregliano
 
Un rudere sito in Dolceacqua al bivio della provinciale di Val Nervia per Rocchetta Nervina

Un giorno mi fu ordinato di sorvegliare la strada per Pigna perché dovevano scendere dei partigiani, forse perché accompagnavano ufficiali alleati
[primi di ottobre 1944]. Mi lasciarono sul ponte del Nervia al bivio per Rocchetta [Nervina (IM)] con due pecore e due  capre per fingermi pastore al pascolo. Tutto andò bene, solo che alla sera le bestie non volevano saperne di ritornare al paese.  
Anche altre volte usai lo stesso stratagemma del pastore per visionare luoghi e sentieri e tracciare così percorsi alternativi per eludere i tanti posti di controllo fascisti. 
Dopo quella avventura, Girò [Pietro Girolamo Marcenaro] mi disse che occorreva mandare partigiani dagli alleati nella Francia liberata per stabilire rapporti e trasportare armi per i garibaldini. Come? Di notte, con un gozzo, remando da Vallecrosia a Monaco.
I Lilò [i Fratelli Biancheri, Bertù Bartolomeo ed Ettore, martiri della Resistenza] avevano "agganciato" i bersaglieri che erano passati dalla nostra parte. Fregammo una barca dal deposito sottostrada vicino alla Casa Valdese di Vallecrosia e la portammo al mare. Con molta circospezione e furtivamente mettemmo in acqua la barca che ... affondò.
In attesa di poter fare qualcosa, la ancorammo sul fondo riempiendola di pietre per non farla portar via dalla corrente.
Intanto stava albeggiando e non potevo ritornare né in montagna né a casa, perché era in corso un vasto rastrellamento dei fascisti. Con Renzo Gianni Biancheri "u Longu" ci nascondemmo nel macello a fianco della ... caserma [invero, un semplice presidio] dei bersaglieri.

Una vecchia fotografia, tratta dall’opuscolo qui in calce richiamato, attinente a sinistra il presidio dei bersaglieri con al centro il vecchio macello, di Vallecrosia (IM)
 
Passammo due giorni appollaiati e nascosti sulle travi del tetto tra le catene, le carrucole e i ganci. 
Poi finalmente Girò e gli amici prepararono la barca e partimmo. Era dicembre [1944] e tra i compagni di viaggio ricordo sicuramente Luciano "Rosina" Mannini

 

Remammo a turno e sbarcammo a Monaco Principato bagnati fradici, perché durante il viaggio aveva cominciato a piovere. Tre o quattro volte alla settimana ci conducevano oltre Nizza, a Gattières, per addestrarci all'uso degli esplosivi al plastico e alla esecuzione di sabotaggi. In mezzo agli ulivi avevano anche costruito un breve tratto di ferrovia per insegnarci a far saltare i binari.
Alla fine del corso ci avvisarono che alla prossima lezione avremmo dovuto presentare una sintesi, un rapporto di quello che avevamo imparato.
Avevo imparato,  ma scrivere non è mai stato il mio forte. Con un panetto di plastico modellai un bel
portacenere che colorai di bianco con della farina. La mattina dell'esame lo posi sul tavolo in bella mostra con cenere e 4 o 5 mozziconi di sigarette.
Fumando una sigaretta dietro l'altra Lamb cominciò a esaminare i lavori dei miei compagni, poi mi chiese dove era il mio lavoro. "L'ho già consegnato ". Il maggiore sfogliò i fogli alla ricerca del mio
scritto. Si inalberò e mi chiese duramente dove era. Indicando il portacenere ormai colmo delle sue
cicche, risposi che ce lo aveva proprio davanti.
"
Ma questo è un portacenere!"
"Si! Però è fatto con esplosivo al plastico!"
Il self-control tipico degli inglesi non lo soccorse, scattò dalla sedia balzando all'indietro.
"
My God! Potevamo esplodere tutti!"
"In questo caso, signor maggiore, sarebbe stata colpa sua, perché lei ci ha insegnato che il plastico
esplode solo se innescato con un detonatore e non per contatto con la semplice fiamma."
Promosso a pieni voti!
Nella baia di Villefranche-sur-Mer, secondo da destra Bregliano

Vicino a Le Petit Rocher c'era un'altra villa disabitata, Villa Iberia. Dalle finestre vedevamo il salone
spoglio di ogni mobilio con solo un grande pianoforte a coda al centro.
Quasi tutti i giorni veniva un signore, secondo me era il Principe Ranieri di Monaco, se non era lui era il suo sosia! Suonava per ore il pianoforte.
Il giardino era pieno di alberi di mandarino colmi di frutti. Un giorno gli chiesi se potevo prenderne un po'. Faceva finta di non capire. Glielo ripetei in dialetto:
"Te cunvegne dameli, senunca ti i fregu! ("Ti conviene darmeli, se no te li frego!")". Capì e acconsentì.
Chiamai
Girò e gli proposi di raccogliere qualche borsa di mandarini e andare a venderli al mercato di Nizza con la jeep che lui aveva a disposizione. Subito rifiutò in nome degli ideali, poi si convinse.
Guadagnammo dei bei soldi, che spendemmo nei bistrot di Villafranca.
Gli ufficiali inglesi erano divertiti della cosa, però non riuscivano a capire come gli alberi fossero
spogli dei mandarini e le mine disseminate nella piantagione non fossero esplose.
Insieme agli altri miei compagni disinnescavamo le mine, lasciando i contenitori senza l'esplosivo, con il quale confezionavamo qualche piccola bomba che usavamo per... pescare.
 
Bregliano all'imbarcadero di Villa Le Petit Rocher

Feci parecchi viaggi avanti ed indietro portando armi, radio, medicinali e altro materiale bellico.
Il motoscafo sul quale erano imbarcati due soldati inglesi si fermava a qualche centinaio di metri dalla riva, trasbordavamo il carico su canotti o piccole bettoline di legno (queste ultime erano collegate al motoscafo con una lunga fune), raggiungevamo pagaiando la riva e scaricavamo sulla costa di Vallecrosia. Dopodiché dalla barca recuperavano le bettoline con la fune
[n.d.r.: Sergio Marcenaro (Sergio), fratello di "Girò" Marcenaro, all'epoca giovanissima (classe 1931) staffetta partigiana, sostiene che le citate bettoline venivano nascoste dai patrioti in due baracche situate in campi minati, rispettivamente a levante ed a ovest della foce del rio Rattaconigli, il quale segna il confine tra Vallecrosia e Bordighera].  
 
Cap Ferrat e Villefranche sur Mer

Imbarcammo anche soldati alleati scappati dai campi di prigionia che ci venivano affidati dai partigiani piemontesi. Ricordo un francese di colore che patì il mare in maniera incredibile. Pensai:
"Questo qui non l'ha ammazzato la guerra e muore dal mal di mare!".
 
Una volta che c'era da trasportare un carico di un cospicuo numero di casse ci imbarcammo su un
motoscafo più grosso, quasi un panfilo. Era più rumoroso dei soliti usati prima di allora. Gli vennero
adattati ai tubi di scarico due silenziatori grandi come angurie, rendendolo abbastanza silenzioso. Era però più lento e non sarebbe riuscito a sfuggire se fosse stato intercettato dalla flottiglia che pattugliava la costa italiana, come invece riuscivano a fare gli altri motoscafi che solitamente erano pilotati da Giulio
"Corsaro" Pedretti
Per fronteggiare l'eventualità di una intercettazione, fu sistemata a poppa una mitragliera pesante
piazzata sul piedestallo sostenuto da due gambe di forza fissate al battello. Evidentemente il lavoro non fu collaudato, perché, appena preso il largo con i motori adeguatamente silenziati, la mitragliera
cominciò a vibrare e sbattere sulla coperta del battello.
Blan-Blen! Blen-Blan! I motori erano silenziosi, ma noi sembravamo un campanile che suonava le campane a festa accompagnato da un'orchestra di tamburi!
C'era una sola cosa da fare; esaminai la mitragliera (l'addestramento a Gattières era servito a qualcosa!) e poi con fare concitato segnalai a
Girò e ai due inglesi un punto della costa indicandolo con un dito: "Laggiù! Guarda!". Mentre loro scrutavano attentamente nel buio staccai la mitragliera dal piedistallo e la cacciai in mare. Il concerto cessò. Uno dei soldati inglesi si arrabbiò non poco, minacciandomi di tutto. Girò cercò di calmarlo. Di ritorno dalla missione, i soldati inglesi fecero rapporto e fui anche processato a Nizza davanti a una specie di corte marziale, composta da ufficiali inglesi e americani.
Quando descrissi loro l'accaduto scoppiarono quasi a ridere e mi assolsero.



Ampelio Elio Bregliano in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia  < ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia - Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM) >, 2007


Cap Martin e Mentone visti da Grimaldi, Frazione di Ventimiglia (IM)

14 febbraio 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” - Comunicava che erano imminenti alcuni sbarchi di materiali da parte degli alleati sulle coste controllate dalla II^ Divisione "Felice Cascione" e precisava i criteri di distribuzione dei medesimi. 
 
Una vista sul Principato di Monaco


26 febbraio 1945 - Dal C.L.N. di Bordighera, prot. n° 2, al comandante Curto [Nino Siccardi comandante della I^ Zona Operativa Liguria] - Informava che era entrato in contatto con il garibaldino Leo del Secret Service [OSS statunitense] inviato a Vallecrosia dagli americani per avere notizie sulla 28^ linea; che Leo era poi stato ferito da agenti dell’U.P.I. [Ufficio Politico Investigativo della Repubblica di Salò] in seguito a una delazione del suo radiotelegrafista; che Leo era riuscito a fuggire dall’ospedale di Bordighera; che era stato prelevato da uomini del C.L.N. e ricoverato in luogo segreto in attesa di essere trasferito in Francia; che Leo aveva riferito di essere passato il 10 dicembre 1944 in Francia, dove aveva preso contatto con il Comando americano di Nizza e con il capitano inglese Bentley [responsabile della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria]; che Bentley aveva voluto avere molte notizie sugli uomini della II^ Divisione “Felice Cascione”; che sempre Leo aveva parlato della presa di contatto del dottor Kanheman [Eugenio Nuccia Kanheman, la cui missione era salpata da Vallecrosia il 14 dicembre 1944] con il Comando inglese, al quale aveva reso per iscritto i profili di 53 capi delle II^ Divisione, e che Kanheman si era presentato come capo della stessa Divisione. Il C.L.N. aggiungeva che Leo avvisava anche del fatto che i francesi parlassero sovente di occupare in seguito territorio italiano sino a Sanremo, per cui lo scrivente auspicava un precedente arrivo dei garibaldini: i partigiani e la popolazione avranno maggiori contatti con gli americani, che sono migliori degli inglesi e con i quali si va più d’accordo.

1 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo, prot. n° 517/CL, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria, a R.C.B. [capitano Robert Bentley] ed al SIM della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione  - Veniva comunicato che i nemici avevano scoperto a Bordighera il luogo in cui sbarcava Renzo [Renzo Stienca Rossi], ormai strettamente sorvegliato dalle SS tedesche. E veniva sottolineata la necessità di radiotelegrafare in Francia per rimandare la partenza di Renzo, il cui ritorno sarebbe stato meglio effettuare con un lancio di paracadute.

4 aprile 1945 - Dal Quartiere Generale rappresentante dell’Alto Comando Alleato al commissario Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] - Veniva conferito l’incarico di avvisare i responsabili della ricezione degli sbarchi di iniziare le segnalazioni alle ore 23.15 del giorno 4 c.m. per i 5 giorni successivi, mentre dal giorno 10 al giorno 12 p.v. dovevano iniziare alle ore 24. L’intervallo tra una segnalazione e l’altra doveva essere di 5 minuti. Si richiedevano chiarimenti sulla lettera del 29 marzo u.s. con la quale era stato comunicato che i tedeschi erano a conoscenza del punto di sbarco.

23 aprile 1945 - Dal Comando della VI^ Divisione, prot. n° 330, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Si segnalava che in pari data era giunto presso lo scrivente comando il capitano Bartali [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della VI^ Divisione presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione] della Missione Alleata.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II   

* Nell’estate 1944 i servizi segreti americani avevano inviato sulla costa una rete di informatori, capeggiati da Gino Punzi. Dovendo tornare in Francia, per attraversare le linee Gino Punzi si avvalse della collaborazione di un passeur, dal quale, poiché era passato al soldo dei tedeschi, durante il viaggio venne ucciso. Il comandante tedesco si infuriò perché avrebbe voluto catturare vivo il Gino. Sul suo cadavere furono rinvenuti dei documenti, dai quali i tedeschi vennero a conoscenza del fatto che sarebbero stati inviati altri agenti e telegrafisti alleati. I tedeschi predisposero una trappola... Renzo Gianni Biancheri, "Rensu u Longu", in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Luigi Gino Punzi, Medaglia d’Argento al Valore Militare, nato ad Acquafondata (Frosinone) nel 1917, già del 5° reggimento di artiglieria alpina, combattè nei Balcani.
Luigi Punzi, Medaglia d’Argento al Valore Militare con la seguente motivazione: Combattente in territorio oltre confine non si arrendeva ai tedeschi ed in impari lotta opponeva fiera resistenza mantenendo alto l’onore e il valore del soldato italiano. Benché ferito riusciva a sfuggire alla cattura e unitosi al movimento clandestino francese organizzava la partecipazione al “Maquis” di formazioni partigiane composte di connazionali in Francia. A Peille, Peiracava e alla Turbie si univa ad essi ed eseguiva ardite missioni per collegare e coordinare nella zona di frontiera ed in quella rivierasca l’azione dei partigiani francesi e italiani. Mentre rientrava alla base di ritorno da una missione particolarmente rischiosa, veniva proditoriamente colpito da un sicario prezzolato che lo finiva a colpi di scure. Cadeva nel compimento del dovere dopo aver riassunto nella sua opera le belle virtù come militare e  partigiano d’Italia - Alpi Marittime - Ventimiglia, 8 settembre 1943 - 6 gennaio 1945 [in effetti il capitano Punzi venne ucciso il 4 gennaio 1945] .
L’8 settembre 1943 colse Punzi nella IV^ armata italiana, presente nel sud-est della Francia. Probabilmente combattè in quei frangenti contro le occupanti truppe naziste e, benché ferito, riuscì a fuggire per unirsi in Costa Azzurra a costituende formazioni partigiane composte di francesi e di connazionali. Una testimonianza scritta, rilasciata in Imperia dal sottocitato Panascì alla fine della guerra, come riportato in Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, ed. Amministrazione Provinciale di Imperia, 1977, lascia emergere che, arrestato a Ventimiglia (IM) nel dicembre 1943, il capitano aveva potuto esibire, per salvarsi, altresì aiutato in questo tentativo dall’interessamento inopinato degli agenti di polizia Antonino Panascì e Gaetano Iannacone, documenti rilasciatigli dal Comando di Milizia Confinaria; che era già attivo nel tentativo di creare una rete clandestina antifascista in provincia di Imperia; che aveva continuato ad operare nel mentovato senso nel ponente ligure, soprattutto tenendo contatti con il già rammentato Panascì. Punzi combatté, poi, valorosamente, alla fine di agosto 1944 con i partigiani francesi del Nizzardo per la liberazione di Peille e dintorni. Ormai stabilmente operativo con l’O.S.S. americano a Villa Petit Rocher, in quel sito dovrebbe avere conosciuto Stefano Leo Carabalona, colà giunto (o ritornato) il 10 dicembre 1944 in qualità di responsabile (con vice Lolli, Giuseppe Longo) della Missione dei partigiani del ponente ligure presso il Comando Alleato. 
Adriano Maini

... In questo frattempo arrivò dalla Francia il Cap. Gino [Luigi Punzi] per mettere il piano <la missione del capitano inglese Robert Bentley quale ufficiale di collegamento degli alleati con i garibaldini> in esecuzione. La base di sbarco doveva essere il giro del Don, tra Arma di Taggia e Riva Ligure. Mi procurai una casetta nelle vicinanze come punto di appoggio. Tutto era pronto e si attendeva il primo sbarco, quando... saputo che l'ufficiale aveva con sé una forte somma lo rapinò e lo uccise... Domenico Gori Simi, comandante del III° Battaglione "Candido Queirolo" della V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione in Mario Mascia, Op. cit.