mercoledì 21 novembre 2018

La difesa partigiana di Rocchetta Nervina

Uno scorcio di Rocchetta Nervina (IM)
 
Ricavo le notizie da un'intervista con Vitò ["Ivano", Giuseppe Vittorio Guglielmo]: «Stefano Carabalona, tenente nell'esercito nelle forze G.A.F., dopo l'8 settembre iniziò la sua propaganda per la formazione di gruppi partigiani. Radunò i ragazzi della bassa Val Nervia e soprattutto quelli di Rocchetta Nervina, sulle cui alture aveva stabilito la sede del distaccamento. I giovani che raccolse erano numerosi e furono anche ben organizzati  [...] Quando ebbi sentore della presenza di una banda partigiana in Val Nervia mi recai a visitarla e a stabilire un contatto con quel gruppo ed il nostro della Goletta. Accettarono.»
don Ermando MichelettoLa V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni (Dal Diario di “Domino nero” - Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975
 
Dopo l'8 settembre 1943, giorno dell'armistizio, rimasero sul posto [Rocchetta Nervina (IM)] pochi dei nostri militari, appartenenti alla Guardia di Finanza... Nel giugno 1944 una trentina di giovani formarono un Distaccamento che poi fu inquadrato nella V^ Brigata... In risposta alla crescente attività partigiana della zona, Rocchetta Nervina subì bombardamenti da batterie di terra, repubblichine,  piazzate a Camporosso [nei pressi del cimitero] e di marina, tedesche.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016
 



L'8° distaccamento giunge a Rocchetta Nervina verso il 20 giugno [1944]. È comandato da Alfredo Blengino (Spartaco) che il giorno 23 dello stesso mese, lancia un proclama alla popolazione del paese ringraziandola per la solita buona accoglienza fatta ai partigiani ed invitandola ad appoggiare, nella maggior misura possibile, l'azione di chi combatte per la libertà
Proclama:
Il Comando e gli uomini di questo distaccamento della IX Brigata Garibaldi ringraziano la popolazione tutta per l'accoglienza fatta nonché per le prestazioni fornite. Le necessità impellenti di carattere militare hanno costretto questo comando a prendere misure cautelative; queste azioni non devono essere interpretate in malo modo, ma come necessità di guerra. Comunque si assicura la popolazione nel modo più categorico che nulla deve temere dalla presenza di qualche truppa. Tutto sarà fatto e tentato per alleviare la difficoltà che si incontreranno. La popolazione si mantenga calma, collabori, come ha già fatto, con noi, e noi faremo del nostro meglio per venirle incontro.
Aiutate gli uomini che affrontano la morte per il risorgimento di una nuova Italia.
Rocchetta Nervina  23-6-1944                                                     Il comandante  Spartaco *
* (la copia originale del proclama è in possesso del Parroco di Rocchetta Nervina)
Gli uomini della formazione ammontano ad una ventina, ma, in pochi giorni, il numero degli effettivi è pressocchè raddoppiato mentre viene notevolmente migliorata l'organizzazione del distaccamento. L'armamento consiste in fucili e moschetti. L'8° distaccamento opera nella Val Roja, procurando notevoli difficoltà al traffico delle truppe nazi-fasciste. Nei giorni successivi la formazione passa al comando di Stefano Carabalona (Leo) che si trova subito impegnato in un durissimo combattimento.
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) - Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, p. 154


[...] il mese di luglio... si aprì con un rastrellamento tedesco a largo raggio, essenzialmente rivolto verso Rocchetta Nervina (IM), Castelvittorio, Molini di Triora e Langan.
La difesa di Rocchetta Nervina, che si protrasse dal 1° al 4 luglio 1944, ebbe luogo soprattutto ad opera dell'8° Distaccamento della IX^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", che da circa una settimana era attestato nel paese.
I tedeschi, venuti a conoscenza di ciò, attaccarono, come ricordava Stefano Carabalona (Leo) [comandante di quel Distaccamento, poi comandante di un Distaccamento della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni", infine comandante della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato a Nizza].
Alle ore 8 del medesimo giorno i tedeschi avanzarono verso l'abitato, ma vennero assaliti dai partigiani che li fecero momentaneamente sbandare; tuttavia, il comando tedesco riuscì in poco tempo a riordinare le proprie fila e la battaglia riprese.
Per alcune ore il combattimento si protrasse con alterne vicende ed alle 12 i nazifascisti si ritirarono, accusando la perdita di un centinaio di uomini.
La difesa del paese venne fiaccata il giorno successivo, 4 luglio 1944, ad opera di 800 uomini di truppa che, occupato il paese, lo saccheggiarono. Alla sera rimase sul selciato un ingente numero di vittime.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999 
 

Sabato 1° luglio 1944: Rocchetta Nervina è bombardata da una batteria terrestre tedesca da 100/17, piazzata a nord del cimitero di Camporosso, e da batterie costiere. Sono le ore 23. Alcuni abitanti sono colpiti. Poi, cessa il bombardamento. La domenica trascorre nella calma più assoluta. I Tedeschi credono i garibaldini spaventati dal fuoco precedente, ma questi si preparono alla difesa, certi di un imminente attacco. Lunedì 3 luglio: all'alba, i cannoni tedeschi ritentano l'attacco che dura circa due ore. Una tempesta di ferro e fuoco s'abbatte sul paese e nei dintorni, sulle alture e nelle campagne; numerose case sono distrutte, così il cimitero; la chiesa stessa subisce gravi danni. Intanto i nazisti danno l'assalto con l'intento di entrare nell'abitato; verso le otto sono a tiro del fuoco dei partigiani che li lasciano avanzare ed attendono nel massimo silenzio. I Tedeschi credono che siano fuggiti spaventati dal fuoco precedente e si  rinfrancano maggiormente, avanzando più allo scoperto. Sono ora a circa cento metri dai garibaldini che, all'improvviso, aprono il fuoco nutrito. Tra i nazisti, presi di sorpresa, nasce lo scompiglio; alcuni sono a terra, morti e feriti, altri si trascinano urlando e gemendo. Gli ufficiali quasi minacciano i soldati per riordinare le fila. Poi riprendono l'attacco, ma la resistenza garibaldina è decisa. Alle 12 il nemico si ritira in disordine per la seconda volta, e stavolta definitivamente, dopo avere abbandonato non poche armi e munizioni. I camion s'allontanano sotto il fuoco partigiano. [...] È  inevitabile, naturalmente, il ritorno in forze dei Tedeschi. Questi, il 4 luglio, riprendono il bombardamento che dura circa due ore, ancora più intenso del precedente. Sul povero eroico paese, rovina e incendi. I tedeschi iniziano l'attacco a Rocchetta da tre direzioni. Lo scontro è questa volta veramente ineguale: da una parte ottocento uomini armatissimi; dall'altra i partigiani con armamento leggero e scarse munizioni. Da parte garibaldina s'è decisa la difesa del paese: sparare sull'invasore anche l'ultima cartuccia. La lotta s'ingaggia feroce e spietata. Verso le undici, l'assalto tedesco pare contenuto  e fiaccato dalla strenua resistenza dei partigiani. Ma, dopo pochi minuti di calma, i nazisti iniziano un nuovo assalto: avanzano da ogni parte urlando e sparando, protetti dal fuoco intensissimo dei cannoni e dei mortai. Si apre una falla sul fianco sinistro dello schieramento partigiano, costretto a ritirare una mitragliatrice pesante per evitare l'accerchiamento. Nel varco aperto s'avventano colonne tedesche che fanno pressione finché riescono a penetrare nel paese. Per un'ora la lotta continua lungo le strade, tra le case, nei cespugli. Infine, ogni resistenza diventa impossibile ed i garibaldini, privi di munizioni e duramente provati, iniziano a ritirarsi sfiniti. Rocchetta Nervina è in balia del nemico, della cui furia è inutile ormai parlare. Tutto saccheggiato, 53 case vengono incendiate. Nella zona lago Morgi ed in regione Passerina i Tedeschi fucilano i partigiani Domenico Basso di anni 57, Giuseppe Basso di anni 14, Giuliano Brigasco di anni 21 ed il civile Agostino Basso di anni 37. In precedenza per loscoppio di una mina era rimasto ucciso il civile Antonio Carabalona fu Antonio [...] Tra i garibaldini che più si distinsero nel durissimo scontro sono da citare il vecchio “Notu” che, ferito due volte, continuò la lotta fino all'esaurimento delle munizioni, e poi “Longu”, “Falce”, Colombo”, “Filatro”, il giovanissimo “Arturo” e il valoroso Fulvio Vicari (Lilli) che, in seguito immolerà la sua giovane esistenza nella lotta per la Libertà.
Carlo Rubaudo, Op. cit., pp. 155,156 


Ma il tedesco pagò ben caro il suo successo, perché non meno di 180 uomini furono messi fuori combattimento... Fra  coloro che maggiomente si distinsero sono da ricordare il vecchio
"Notu" che, benché fosse rimasto ferito due volte, continuò a lottare fino all'esaurimento delle sue munizioni, Longo [Antonio Rossi], Falce [G.B. Basso], Colombo, Filatri **, il giovanissimo Arturo [Arturo Borfiga] ed il prode Lilli *** [Fulvio Vicàri], che doveva più tardi immolare la sua giovane esistenza per la causa della liberazione.
Stefano Carabalona (Leo) in Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975


Luigi mi ha raccontato l'avventura di Nikolaj, prigioniero guerra russo. Appaiono all'immaginazione i soldati italiani in rotta dopo l'otto settembre 1943. Venivano dal fronte francese e cercavano un primo rifugio a Rocchetta. «Buttavano armi e zaini sotto il ponte, poi la gente ci dava qualcosa: chi i pantaloni, una giacca, camicia, per mettersi in borghese, per tagliare la corda, perché tanti volevano tornare a casa. Giustamente [...] Poi sono arrivati i tedeschi a occupare Rocchetta. Sono stati attaccati dai partigiani, tre giorni di fila, e ci hanno lasciato dei morti, e poi il quarto giorno con le spie fasciste, con le camicie nere, sono arrivati in paese a incendiare. Hanno incontrato tre persone, fra loro c'era il padre che portava a spalle il figlio con la gamba ingessata. Lui aveva quattordici anni, ma era già grandino, pensavano fosse un partigiano: hanno ammazzato padre, figlio e un signore che era lì con loro. Non c'era più nessuno in paese, quelli erano rimasti perché c'era il ragazzo ferito. Credevano fosse un partigiano ferito. In paese i tedeschi dicevano di comportarsi bene che loro avrebbero fatto altrettanto. C'erano dei prigionieri russi, i tedeschi se li portavano dietro. [...] Dopo un periodo ero sul sentiero per Gouta a far della legna e ho incontrato uno di quei russi scappati quella notte. Lo conoscevo perché andavo da lui tutti  i giorni: voleva che gli spiegassi un po' come si chiamavano le cose in italiano. Ho visto un uomo lontano trecento metri, aveva un fucile sulle spalle, e mi sono detto: “Mi sembra Nikolaj”. Come lo incontro mi dice: “Ciao Luigi, ciao, adesso hai capito che era vero: sono fra  i partigiani”, parlava un po' italiano. Poi in un'imboscata i tedeschi lo hanno fatto fuori. Ventidue anni aveva». L'incendio dei nazisti, i ribelli sulle montagne, la repubblica partigiana di Pigna: i ricordi sembrano ombre cinesi turbinose, un tramestio di voci appena udibili su un palco in penombra. Desidero assistere allo spettacolo del ricordo nell'attimo che precede l'intervento dell'intelligenza storica, ordinatrice. La figura del russo, morto da settant'anni, è pallida ma viva: mi chiedo se qualcun altro - altrove, lontano - conservi ancora l'immagine di Nikolaj. In piazza non ho interrotto Luigi, ora ascolto dal registratore la voce che procede: «Al 21 aprile, mi sembra, i tedeschi se ne sono andati via di qua, sono andati giù e hanno fatto saltare il ponte di comunicazione fra Dolceacqua e Rocchetta. Allora sono arrivati i senegalesi, dalla Francia, dall'Abelio, tutto lungo il confine. Degli stangoni questi senegalesi!». Le truppe nere delle colonie francesi erano passate oltre Roja.
Francesco Migliaccio, Ombre e passaggi fra Nervia e Roja, Testo prodotto nell’ambito del progetto "Sulle tracce di Francesco Biamonti: percorsi creativi tra San Biagio della Cima e le cinque valli del Ponente Ligure", realizzato a cura del Centro di Cooperazione Culturale, in collaborazione con l'Unione Culturale Franco Antonicelli, la Fondazione Dravelli, e gli Amici di Francesco Biamonti, con il sostegno della Compagnia di San Paolo - nell'ambito del "Bando Polo del '900" destinato ad azioni che promuovono il dialogo tra '900 e contemporaneità usando la partecipazione culturale come leva di innovazione civica - e della Fondazione Carige
 
... motivazione della Medaglia d'argento alla memoria di Libero Giulio Briganti: "Dopo l'armistizio, entrato fra i primi a far parte del movimento di Liberazione, emergeva per attività, iniziativa, capacità di organizzatore, raggiungendo incarichi di responsabilità. In combattimento dava belle prove di valore e particolarmente si distingueva nel luglio del 1944 a Rocchetta Nervina, tenendo in scacco per tre giorni forze tedesche dotate di artiglieria che tentavano di occupare il paese, e durante il duro rastrellamento dell'alta Val Tanaro. In questa occasione combatteva superbamente e generosamente si sacrificava, nel tentativo di trattenere il nemico per dare tempo ai Partigiani di porre in salvo feriti barellati." 
da ANPI

** Gennaro Luisito Filatro, nato il 24 giugno 1917 a Civita (CS), già sergente maggiore del Regio Esercito, ufficiale addetto alle operazioni di distaccamento, passò poi in Francia al seguito di Carabalona

*** Il partigiano Fulvio "Lilli" Vicàri di Ventimiglia (IM) morì a difesa della polveriera, presa in possesso dai patrioti, di Gavano, località di Molini di Triora (IM), in Valle Argentina.
Questa la motivazione della medaglia d'argento (Decreto presidenziale 11 luglio 1972 in Gazzetta Ufficiale n. 319 del 9 dicembre 1972) concessa alla memoria per attività partigiana: Durante due giorni di cruenti combattimenti, sotto l'intenso fuoco dell'artiglieria e dei mortai avversari, infondeva nei commilitoni, con il suo sereno comportamento, coraggio e determinazione a resistere. Accortosi che una mitragliatrice pesante stava per essere catturata dal nemico, si lanciava alla testa di pochi ardimentosi al contrassalto, riuscendo a frenare l'impeto avversario ed a salvare l'arma. In una successiva azione contro una colonna nemica, colpito a morte, cadeva per la libertà della Patria. - Rocchetta Nervina (Imperia), 3 giugno 1944   Val Gaviano di Triora (Imperia), 15 marzo 1945

1 febbraio 1945 - Dal comando della V^ Brigata al comandante "Lilli" - Veniva comunicato al garibaldino "Lilli" il suo nuovo incarico al comando di Brigata "pur continuando a rimanere in Val Galvano ad estrarre tritolo dai proiettili d'artiglieria".  
da documento Isrecim in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

[ n.d.r.: il partigiano Giovanni Rebaudo Jeannot/Janot/Janò/Monaco ricordava (documento Isrecim) nel seguente modo il garibaldino Fulvio Vicàri: Dopo aver camminato in salita per circa mezz'ora, siamo arrivati su un costone in vista della polveriera di Gavano, che si intravvedeva nel vallone sottostante. Era nostra intenzione passare di lì a fare una visita a Fulvio Vicari (Lilli) che sapevamo trovare insieme ai suoi artificieri. Purtroppo appena arrivati dovevamo apprendere una tragica notizia... “Lilli” era diventato un esperto artificiere nel fabbricare mine e preparare le cariche. Nel periodo di attività da guastatore e artificiere, oltre al pezzo di strada fatta saltare la notte di capodanno, “Lilli” aveva diretto parecchie altre azioni nella battaglia dei ponti. La polveriera di Val Gavano era rifornitissima di granate e di proiettili di artiglieria di grosso calibro. Era una polveriera che riforniva tutto il settore della G.A.F. (Guardia alla frontiera) sul fronte occidentale nel periodo della guerra contro la Francia... di stanza nella caserma di Arma di Taggia negli anni dal 1941 al 1943 sovente ero già andato proprio in quella polveriera a fare rifornimenti di proiettili per le esercitazioni [...] A Fulvio Vicàri venne in seguito intitolato il VI° Distaccamento del II° Battaglione "Marco Dino Rossi" della V^ Brigata ]

[...] Rocchetta [Nervina] contò diversi caduti nel corso della guerra del 1915-18, ma la prova più dura per gli abitanti del paese fu quella vissuta durante il periodo di occupazione nazista e della guerra di Liberazione, quando il borgo fu occupato da un presidio tedesco dal luglio all’ottobre del 1944. Durante questo lasso di tempo i Tedeschi proibirono agli abitanti del paese di chiudere la porta di casa per potervi entrare di giorno e di notte a loro piacimento, mentre nei mesi successivi, fino alla Liberazione, Rocchetta divenne un luogo di passaggio obbligato per le truppe nazifasciste. Tra i vari caduti rocchettini si ricordano in particolare i quattro resistenti locali Marco Carabalona, Filippo Basso, Stefano Boero e Domenico Basso, fucilati dai nazifascisti a San Giacomo di Sanremo il 24 novembre del ’44, mentre nei primi giorni del luglio precedente il paese era stato pesantemente bombardato dall’artiglieria tedesca, che aveva provocato la distruzione di numerose case e il grave danneggiamento della parrocchiale. Subito dopo i nazisti avevano iniziato un assalto concentrico verso il paese protetti dal fuoco di cannoni e mortai, mentre i partigiani dell’8° distaccamento guidati da Stefano Carabalona (Leo) e forniti soltanto di tre mitragliatrici Fiat, oltre alle armi individuali, opposero una strenua resistenza, ma alla fine furono costretti a ritirarsi. Rocchetta rimase quindi in balia dei nazisti, che incendiarono 53 case e fucilarono tre partigiani e un civile nella zona lago di Morgi e in regione Passerina, mentre un altro civile era rimasto ucciso in precedenza a causa dello scoppio di una mina.
Andrea Gandolfo, Rocchetta Nervina..., Sanremo News.it, 21 giugno 2014