domenica 19 settembre 2021

Guide francesi prendevano in consegna elementi sbandati della IV armata italiana

Nizza: Piazza Massena

Nel luglio del 1943 una buona parte del Comitato di Informazione italiano e dell'O.V.R.A. [presenti in Francia] erano passati sotto il quadro dell'Intelligence Service inglese (2).
[...] Alla fine di agosto le suddette sagge misure, e notizie, permisero di allacciare contatti e tenere riunioni comuni con soldati e ufficiali italiani che, grazie anche ad una efficace e discreta propaganda, erano diventati filofrancesi ed erano arrivati a rifiutare l'atto di occupazione della Francia da parte dell'esercito italiano, strategicamente e politicamente insensato, attribuito più che altro alla follia di Mussolini e della sua cricca, ma che non era stato mai approvato dal popolo italiano. Non mancarono anche riunioni clandestine con vari membri dei partiti comunisti e socialisti (3). Dopo la capitolazione dell'8 settembre 1943 diciassette guide francesi prendevano in consegna, individualmente o a piccoli gruppi, gli elementi sbandati della IV armata italiana dissoltasi, e, oltre a curarne i feriti, li rifornivano di cibo e di abiti borghesi, accompagnandoli quindi con tutta sicurezza verso il rifugio «Nizza», situato nella regione di Tenda. Al passaggio della frontiera questi sbandati venivano presi in consegna da elementi italiani che lavoravano  in pieno accordo con i Francesi, e si cercava di convincerli a costituirsi in formazioni partigiane sia sulle alpi che sulla costa ligure, in previsione di uno sbarco delle truppe alleate.
[...]
Una seconda catena di protezioni e di aiuti agli sbandati italiani era stata costituita nelle regioni di St. Martin Vesubie, di Boreau e del colle della «Ciriegia». Messi in contatto alla frontiera con i primi elementi della Resistenza italiana, chi aveva abbandonato l'esercito veniva diretto su San Giacomo e su Entraque (4).
Tutte le suddette missioni compiute nella prima fase della lotta, vennero condotte a termine con efficacia e con poco rischio; invece quelle della seconda fase si rivelarono molto difficili e pericolose. Per sviluppare ulteriormente le informazioni militari, politiche ed economiche della parte di territorio italiano sotto il loro controllo, i resistenti francesi prendevano contatto con Lauck Albert, responsabile di collegamento con i capi del movimento «Combat», e nella zona di Ventimiglia-Grimaldi, con Vincenzo Pallanca che, durante il fascismo in Italia, era stato uno dei responsabili addetti alla protezione degli antifascisti (5).
Il Pallanca si metteva immediatamente a disposizione dei resistenti francesi e italiani con suo cognato Giovanni Raffa, proprietario di un garage a Nizza, Avenue Desambras. Ad essi si aggiungeva un certo Squarciafichi detto «Gima», Alberto Pallanca fratello di Vincenzo e suo cognato Silvestri Claudio. L'attività del Silvestri divenne di capitale importanza: infatti grazie alle sue funzioni di maresciallo dei carabinieri ed alle sue complicità con una donna guardiana delle carceri di Ventimiglia in contatto con la Resistenza francese, riuscì a far evadere parecchi partigiani francesi prigionieri.
Come è noto nel settembre del 1943 gran parte dei soldati della IV armata italiana furono catturati, maltrattati e a reparti interi fucilati dai Tedeschi. In questi frangenti difficili la catena costituita per le evasioni riusciva a mettere in salvo un altro centinaio di uomini che, dopo molte difficoltà, raggiungevano l'Italia o i «Maquis» della Resistenza francese.
Furono atti e sacrifici di sangue che consolidarono ulteriormente, in modo fraterno, l'amicizia franco-italiana.
Un episodio che ha favorito le relazioni italo-francesi è stato quello che ha avuto per protagonista Salvatore Bono comandante di una sezione della IV armata di presidio nella stazione forroviaria di Nizza: l'8 di settembre non solo non si arrese e non consegnò l'edificio alle truppe d'occupazione tedesche, ma con coraggio, autorità e sprezzo del pericolo, fece aprire il fuoco dai suoi uomini contro il nuovo nemico. Tra l'altro l'atto eroico rinforzò la volontà degli  Italiani residenti in Francia di liberarsi dal giogo nazifascista (6).
Nel gennaio del 1944 sulla costa ligure i contatti tra partigiani italiani e francesi erano già abbastanza consistenti e si cercò di rinforzarli. Tre resistenti italiani riusciranno ad infiltrarsi in seno alle formazioni repubblicane fasciste per intervento dei Francesi. Grazie a loro si stabilirono relazioni con l'insieme della costa ligure da Ventimiglia a Genova.
Un altro protagonista e fautore della fraternità d'anni tra partigiani francesi e italiani a Vallecrosia, fu il dottor Giacomo Gibelli (di cui abbiamo già parlato), residente in Camporosso, che fece la sua parte per organizzare la Resistenza imperiese. La sua attività permise di far entrare nei ranghi dell'Azione italo-francese della Resistenza i partigiani Ugo Lorenzi, Francesco Marcenaro (ex radiolettricista della Marina italiana) e Mario Lorenzi conoscitore esperto di tutti i più reconditi passaggi della frontiera delle Alpi Marittime (7).
Da parte della Resistenza francese vennero stabiliti altri contatti con due membri del Partito comunista italiano di Boves, con l'ex tenente della IV armata Nadio Pranzati e con Primo Giovanni Rocca, comandante della IX divisione garibaldina; furono prese iniziative per sviluppare ulteriormente la lotta sulla costa ligure e lungo la vallata del Roja dove i contatti erano già stati presi con i partigiani di Casterino, di Collardente e della regione di Briga-Tenda allora italiana, dove Camillo Maurando del luogo, Pierino Lanciolli di San Dalmazzo e un certo Massa avevano costituito i primi gruppi di partigiani francesi (8).
[NOTE]
(2) Da una testimonianza scritta del comandante partigiano francese Joseph Manzone detto «Joseph le Fou»
(3) Dalla testimonianza scritta succitata. Le prime riunioni si svolsero a Boves, a Borgo San Dalmazzo e a Entracque.
(4) Questa testimonianza scritta - scrive «Joseph le Fou» - è destinata a onorare la resistenza italo-francese e soprattutto a onorare gli abitanti dei paesi e delle città che hanno aiutato tanti giovani senza aver chiesto o ricevuto nessuna ricompensa e nessun riconoscimento, come Pieracci Costantino, di Nizza, ecc.
(5) Vincenzo Pallanca aveva facilitato l'evasione verso la Francia di tutti i nemici del Regime, braccati o condannati nel loro paese, dal 1929 al 1939, anni precendentì alla seconda guerra mondiale. Come vedremo nelle note che seguono,  lui e i suoi famigliari vennero sterminati dai Tedeschi il 9 dicembre 1944.
(6) Bono Salvatore, medaglia d'oro, uccide un ufficiale delle S.S. Colpito da una raffica di mitra mentre lancia una bomba a mano, viene ricoverato dilaniato nell'ospedale di Nizza in gravissime condizioni. Vedi: Secchia Pietro, Enciclopedia dell'Antifascismo e della Resistenza - Edit. La Pietra, Milano, 1968, Vol. I, pag. 329
(7) In una sua testimonianza il partigiano Francesco Marcenaro scrive quanto segue: « .. Uno dei tanti episodi della guerra partigiana sconosciuto ai più, è quello vissuto da Ugo Lorenzi, Mario Lorenzi e Francesco Marcenaro, che, dopo  gli avvenimenti dell'8 settembre 1943, si erano trovati nella zona tra Ventimiglia e il confine francese. Soli e con il solo scopo di contribuire alla lotta di liberazione, dopo un lungo peregrinare per sottrarsi alle rappresaglie  tedesche e dopo una fuga da una casa di Grimaldi dove erano stati accerchiati, con grande coraggio tentarono l'impossibile attaccando per primi con bombe a mano le truppe che effettuavano l'accerchiamento, creando un disorientamento tale da poter evadere dalla casa saltando da una finestra. Oltre ai succitati, nella casa si trovavano dei giovanissimi ragazzi: Alberto Lorenzi, Oreste Tarabusi ed Enrico Tarabusi; quest'ultimo venne poi preso da una pattuglia mentre tentava di raggiungere Ventimiglia, e si deve al suo coraggio, nel negare di essere a conoscenza del fatto, se le famiglie dei protagonisti della lotta non subirono rappresaglie. Mentre i giovani rientravano a Ventimiglia, i tre succitati raggiungevano un rifugio, sul limite del confine, di proprietà  di Antonio Lorenzi e  del fratello Alberto. Questi erano già in contatto con Vincenzo Pallanca e con Giovanni Raffa garagista di Nizza. Vagliate le conseguenze dell'episodio passarono il confine e raggiunsero le formazioni partigiane francesi comandate da «Joseph le fou». Ai suoi ordini parteciparono a numerose azioni di sabotaggio ed attuarono molti collegamenti via terra e via mare con le forze italiane  di liberazione come testimoniano i documenti rilasciati dalle Autorità militari franco-alleate... ».
(8) Dalla testimonianza scritta di «Joseph le Fou».

Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977

Scontri avvennero a Villafranca e a Mentone, con perdite fra il personale della Marina. Il 9 settembre [1943] caddero a Mentone il sottocapo infermiere Mario Acquisti e il cannoniere Armando Alvino.
Ammiraglio Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale, Anno XXIX, 2015, Editore Ministero della Difesa

All’inizio del ‘44 tutta la Costa Azzurra fu teatro di una serie di attentati, sabotaggi, esecuzioni di fascisti e collaborazionisti, che trovarono anche il sostegno della popolazione francese locale.
Gli italiani non erano organizzati solamente nella Moi, ma anche in maquis che al Sud erano appunto a maggioranza italiana, come fu quello dell’“Albarea”, località nei pressi del paese di Sospel, nelle alture sopra a Mentone, divenuto celebre per il sacrificio di tutta la formazione <44.
Ftp, Moi e milizie golliste collaborarono in un’azione accorata per l’insurrezione di Nizza, che fu programmata dai resistenti il 28 agosto ‘44, forzando i piani degli Alleati che erano fermi al di là del fiume Var. Tra i principali organizzatori dei partigiani italiani della Moi vi fu Ernesto Marabotto, quilianese d’origine, emigrato all’inizio degli anni Venti, che militò a stretto contatto con la nipote Alba, attivissima nella logistica e nella lotta armata <45. Nel settembre ’44, mentre continuava l’impegno degli italiani sul campo francese contro i tedeschi, sulle Alpi di frontiera fu costituito un corpo di volontari, italiani immigrati in Francia ed ex soldati della IV Armata, cui si unirono partigiani piemontesi sconfinati oltralpe, guidati dal celebre comandante giellista Dante Livio Bianco: il “battaglione dell’Alta Tinea” <46.
"Mio papà [Ernesto Marabotto] faceva parte del Cln, era in collegamento con il Consolato [...], non c’erano più i soliti fascisti, i soliti impiegati, era collegato con Belvedere, e lì tutti partigiani italiani, vicino alla frontiera italiana, e gli italiani erano passati dalla frontiera italiana, lì c’era il fior fiore dei partigiani italiani, c’era Nuto Revelli, un nostro grande amico […], c’erano tutti quelli di Cuneo, poi noi alla liberazione siamo andati a Cuneo, siamo stati ricevuti da questa gente, da Nuto, che erano gente agiata, siamo stati una settimana […] erano tutti ufficiali che erano passati in Francia <47.
[NOTE]
44. Benoît Gaziello, Le maquis franco-italien de L’Albarea et le drame de Sospel, Douments-Témoignages-Recherche, Musée de la Résistance Azuréenne, in http://resistance.azur.free.fr.
45. Intervista a Georgette Marabotto cit. Archivio Musée de la Résistance Azuréenne: Carte de combattant volontaire de la résistance délivrée à M.me Marabotto épousée Durand Alba Josephine; BH1II4-4: Général de la Division Olleris commandant la IX Région Militaire à Alba Astegiani Durand, Marseille 10/02/1947: attribution de la Croix de Guerre avec étoile de bronze; BH1II4-5: Décoration avec référence au titre de la résistance: Alba Durand, 15/03/1954; BH1II4-6: Rapport de Alba Durand sur Liban et Matelot Dubois. Secondo le informazioni riportatemi dal gestore dell’archivio Jean-Louis Panicacci, Alba Marabotto, nata a Vado Ligure in provincia di Savona il 9/03/1919, fu militante combattente della resistenza francese e dal febbraio 1945 sedette al Comité Départemental de Libération.
46. Tombaccini, Storia dei fuoriusciti cit.; Ead., «Gli antifascisti nelle Alpes-Maritimes» cit., pp. 288-293.
47. Intervista a Georgette Marabotto cit.

Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista in Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015

Copia del documento Garin-Comboul relativo a Joseph Manzone (vedere traduzione infra)

Io sottoscritto, Garin, Jean, Xavier, Léon, tenente colonnello della Riserva, già incaricato della missione di prima classe D.G.E.R. [n.d.r.: Direzione Generale di Studio e di Ricerca] (con base a Nizza), Cavaliere della Legione d'Onore, attesto volentieri che il Gruppo del Capitano MANZONE, detto "Joseph le Fou", ha compiuto diverse missioni, sovente pericolose, in Italia, sia attraverso la frontiera che su imbarcazioni.
Anche per l'azione di questo Gruppo la Resistenza ed i Servizi di informazione hanno potuto avere eccellenti contatti in territorio nemico e conseguire preziose informazioni.
Jean Garin
Il Comandante Raymond Comboul, Commendatore della Legione d'Onore, capo dipartimentale Alpi Marittime per i C.F.L.N. (Corpi Franchi della Liberazione Nazionale) è completamente d'accordo sui termini della presente attestazione.
Raymond Comboul
Nizza, 22 giugno 1967
Documento francese, Archivio SHAT - Service historique de l'armée de terre -, copia di Giuseppe Mac Fiorucci, autore di Gruppo Sbarchi VallecrosiaIstituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM) >, 2007
 
Attestazione - scritta finita la guerra - del comandante partigiano piemontese Rocca e rilasciata a Joseph Manzone

L’Avv. Giordanengo, invece, ha ricordato le dichiarazioni di Francesco Marcenaro che si trovava quella tragica notte nei pressi dell’Hotel Vittoria e aveva sentito gli spari dell’eccidio.
Il Marcenaro ha consegnato alla Polizia Giudiziaria la Relazione sull’accaduto redatta dal Comandante Joseph MANZONI responsabile della “Missione Alleata” per la zona di confine Italia - Francia il quale attribuisce la responsabilità della strage a una pattuglia tedesca delle SS inviata da due repubblichini.
Tribunale Militare di Torino, ufficio del G.U.P., sentenza del 15 maggio 2000, sulla responsabilità di Goering e Geiger per la fucilazione il 7 dicembre 1944 davanti all’Albergo “Vittoria” in frazione Grimaldi del Comune di Ventimiglia (Fonte: http://www.diritto2000.it)