Cima del Diavolo. Fonte:Wikipedia |
[...] Nel 1943 in Francia, l’8 settembre, anzi il 9 perché ancora la sera dell’8 non sapevano niente, l’avvenire era incerto e piuttosto inquietante. Wenzel, il comandante tedesco della piazza di St. Cyr, aveva parlato chiaramente: o con noi o prigionieri in Germania nei “campi”; una settimana per decidere. I tedeschi più vecchi avevamo messo gli italiani sull’avviso: i campi erano molto duri, pericolosi, meglio evitarli. Tra noi, anche i più passivi, l’armistizio era percepito come una sconfitta, una partita chiusa. I ragionamenti che erano seguiti, che avevamo sollecitato e che miravano alla sopravvivenza, ci avevano spinto a ragionare della guerra. Per i tedeschi invece era come se il fatto non fosse avvenuto, un semplice incidente di percorso capitato ad un alleato che giudicavano incompetente, pavido. Per cancellarlo gli bastava il canto serale, l’accantonamento, gli ordini stentorei, gridati; la macchina della disciplina.
A St. Cyr il parlamento degli italiani era cominciato allora, dopo l’ultimatum di Wenzel. Avevano discusso per ore e giorni, “ma con un certo ordine, una specie di divisione di compiti.” Il gruppetto deciso per il “no”, pochi e se ricordo con argomenti diversi, si è diviso i compiti alla ricerca di nuovi seguaci. Non avevamo esperienza di discussioni di gruppo; disabituati al confronto; il fascismo conosceva solo manifestazioni di assenso e tra noi la maggior parte non era andata oltre le elementari.
[...] 8 ottobre - Sulla montagna con il picco. Intorno la libertà. Piani di fuga. Mine. Le ore corrono e l’ora della libertà si avvicina. Riusciremo? Dio ci aiuterà. Monsieur Torrel. In cerca di panni. Giornata febbrile e Liliana e gli altri con noi. La notte.
9 ottobre (in testa alla pagina Ezio aggiungerà in seguito a matita Bandol-Nizza)
Solo mezza giornata: Marinette ci aiuta. Tutti ci aiutano. Gli abiti ci sono. Da Emilio con le carte. Piani si cambiano. Uno sembra buono. Brucio la posta. Che dolore. Povero Martone. Alla spiaggia per l’ultima volta. Ancora piani.
10 ottobre domenica - (distinto dal 9 con tratto - successivo - in rosso)
Da monsieur Lorenzo. A gara per aiutarci. Ultimi ritocchi ai piani. Febbrile attesa. Programmationi. Jean Pierre Amanti. Si parte attraverso i campi di St Cyr. Ancora vedo Liliane e Luise. Tutti con noi. A Bandol. Siamo sfacciati. In mezzo ai gendarmi e ai tedeschi. Si fila verso l’Italia. A Nizza all’1a.
11 ottobre - Notte terribile nel cespuglio. Si parte per Sospel. Tutti ci aiutano. Sui respingenti a 100 all’ora. Tutto bene. Si scende a Lescaren [n.d.r.: L'Escarène]. Un italiano ci aiuta. Si chiama Francesco Lazzero. Pascoliamo le capre e cerchiamo funghi. Si riparte sulle montagne. Altri ci aiutano. Dormiamo in un letto e mangiamo minestra. Incoraggiamento. Buona notte.
12 ottobre - Sveglia alle 6 e partenza verso il colle del diavolo. Piera Cava (forse Cayre de Pia berg oppure Pian Cavala) [n.d.r.: invece, sicuramente, Enzo Bartoli intendeva Peïra-Cava, villaggio di Lucéram] è passata. La guida ci lascia si chiama Neri Olindo. Proseguiamo altri 20 km. Altri aiuti. Per le grandi pinete in luoghi bellissimi cercando funghi ci avviciniamo a Turiné [n.d.r.: Col de Turini]. Passiamo Turiné e marciamo verso il diavolo. Senza acqua. Fra le tracce della ritirata italiana. 6 bombe.
13 ottobre - Alle 5 sul Diavolo [n.d.r.: Cima del Diavolo]. Acqua. Si scende verso i laghi. Arriviamo a S. Dalmazzo di Tenda alle 10. Tutto è silenzio. Dormiamo nella caverna col fuoco vicino. Notte terribile. Scendiamo all’Europa. Colazione. Pranzo. Attesa. Conoscenza simpaticissima. Sigarette e uva. Sul treno verso Villanova. Marcia forzata. Carabinieri. Finalmente si arriva. Scena madre.
14 ottobre - Sveglia ritardata. Siamo borghesi. Prime impressioni in Villanova. Ottime le sorelline. Buonissima gente. Tanta pace. Il gatto vicino al fuoco. Il desco fumante. Parole affettuose. Sono malinconico. Rollan è triste. Domani partirà. Vorrei partire anch’io e lottare col mio fratellino. Si gioca alle bocce. Sono la negazione indubbiamente. Serata pacifica. Si parla del domani. Fiducia.
15 ottobre - Rolan parte. Buona fortuna. Andiamo a Racconigi in bicicletta. Poi a pranzo e a passeggio. Sento forte il desiderio di andarmene. Fare l’ultimo pezzo della fuga.
16 ottobre - Mi preparo con qualche capo di vestiario di Nino. Lascio la tuta blu da operaio francese con emozione. In fondo, come maschera, è servita benissimo e è costata una divisa militare.
17 ottobre domenica - Domenica torno a Genova a Savona cambio treno è il solito merci con vagoni per cavalli 10 e uomini 40 arriva Sampierdarena e prendo il 7 che va Pontedecimo.
(La scrittura prosegue su Lunedì 18 corretto a matita con “domenica 17”.
Scendo dal Gomella e incontro subito gente che mi saluta come se non fossi mai partito.
(Da qui alla fine gli appunti - occupano gli spazi dal 19 al 22 ottobre - mostrano una grafia differente e più matura come fossero stati tracciati in seguito)
L’arrivo a casa è drammatico io nella scala faccio il fischio abituale e loro aprono la porta in lacrime avevano capito che ero tornato. Pur essendo in Italia da giorni non era stato possibile comunicarlo a casa. Questo ha ritardato l’incontro di qualche giorno ma è stato bello lo stesso. Dopo mangiato sono andato a dormire per tutto il pomeriggio e tutta la notte. Solo lunedì è tornato tutto quasi normale. E sono cominciate le storie di tutti quei mesi con dentro avvenimenti storici come il 25 luglio e l’8 settembre. La fame, i bombardamenti, la miseria nera e la vita sempre appesa a un filo ogni giorno. Ora eravamo riuniti di nuovo; i nonni erano morti tutti ma la vita riprendeva a fatica; la guerra non finiva mai.
(Gli appunti che seguono sono stati stesi da Ezio, attorno al 2010, comunque dopo la pubblicazione de "La Sega di Hitler", in una fase di personale e solitario ripensamento della materia trattata durante la composizione del libro).
10 ottobre domenica - Qualcuna ci porta una bicicletta con un cesto sulla ruota. Noi lo riempiamo di tutto quello che dobbiamo scambiare con i francesi per avere abiti civili. Lasciamo Les Leques e uno a piedi (cioè con bicicletta alla mano) e gli altri due a piedi raggiungiamo la casa di M. Torrel a St Cyr dove ci togliamo le divise e ci vestiamo da francesi. A me tocca una vecchia tuta blu a due pezzi e una maglietta di cotone blu; conservo gli scarponi perché sono molto consumati e hanno perso l’identità di scarpe militari. Il travestimento è completato da una sacca di tela con tracolla molto in uso in Francia in quel periodo di grande miseria in tutti gli strati sociali. Ringraziamo i francesi e con grande cautela (perché è ancora mattino presto e sopra ci sono tedeschi che dormono lasciamo a piedi St Cyr e attraverso i vigneti ci dirigiamo verso Bandol dove al pomeriggio dovremmo prendere il treno per Nizza. Tenuto conto che tutte le stazioni sono sorvegliate dai tedeschi i biglietti come previsto dal piano sono stati comprati dai nostri amici francesi (Marinette, Emilio ecc.) e passati a noi quello stesso giorno.
[...] Alla stazione di Nizza - è notte e c’è l’oscuramento - in fila verso l’uscita notiamo che la porta è controllata da un gruppo di tedeschi che perquisisce la gente e vuole vedere i documenti. Rallentiamo, piano piano ci facciamo superare e riusciamo a essere ultimi e a tornare verso il treno. Nel buio a fatica, troviamo un punto della recinzione che ci consente di uscire all’estremità occidentale della piazza della Stazione. Ci uniamo agli ultimi passanti per allontanarci ancora dalla stazione in direzione di un giardino pubblico dove dovremmo passare la notte. Ma è chiuso. Nessuno di noi conosce Nizza in più il coprifuoco e l’oscuramento ci mettono in crisi. Fa anche freddo. Abbiamo il primo momento di sconforto. Vaghiamo nel buio cercando di non far rumore alla ricerca di un riparo. Uno di noi sente dell’erba sotto le scarpe, poi un cespuglio, degli altri cespugli. Decidiamo di fermarci lì. Siamo talmente stanchi che crolliamo letteralmente tenendoci stretti gli uni agli altri per scaldarci. Un pendolo che batte le ore e un uomo che tossisce scandiscono la nostra prima notte di Libertà. Al mattino qualcuno mi strattona violentemente. Apro gli occhi a fatica e anche le orecchie per poter capire cosa succede molto velocemente perché la notte sta per finire. La realtà è che ci siamo addormentati un’aiola di un giardino pubblico molto in vista, vicinissimo a molti palazzi.
Ancora pochi minuti e saremmo stati sorpresi addormentati in mezzo alla strada. Ci allontaniamo verso la stazione per prendere il treno che deve portarci a Luceran [n.d.r.: Lucéram]. Da lì in poi solo a piedi fin oltre il confine passando per la terrificante Cima del Diavolo. Ezio Bartoli
Manlio Calegari, Tra scrittura privata e grande storia. “Il diario dell’artigliere Ezio Bartoli”. gennaio-ottobre 1943, La Divisione Partigiana “Coduri”- Fonti per la Storia